Zatoichi

12/06/2004. Regista: Takeshi Kitano. Sceneggiatura: Takeshi Kitano. Interpreti: Takeshi Kitano (Beat Takeshi), Tadanobu Asano, Michiyo Ogusu, Gadarukanaru Taka, Daigoro Tachibana. 116 min.Giappone. 2003. Giovani.

Il regista Takeshi Kitano (Tokio, 1947), ha raggiunto un ben meritato prestigio. Le sue singolari doti artistiche riescono a temperare, con la sua squisita sensibilità, la costante presenza di una violenza spesso sanguinaria. Kitano ha iniziato a dirigere nel 1989, dopo essere stato il noto interprete dal soprannome espressivo Beat Takeshi, di un personaggio squadrato, dal volto impenetrabile, che distribuisce botte e proiettili, senza mai scomporsi. Fin qui, niente di originale. I film diretti e interpretati da Kitano però, se è vero che sono violenti (Hana-bi, Sonatine, L’estate di Kikujiro), risultano sempre accompagnarti da uno humour e da una delicatezza tali, da arginare col buonsenso tanta irrazionalità belluina.

Zatoichi è il primo film d’epoca di Kitano, tratto dal popolare racconto delle avventure di un massaggiatore cieco, incredibilmente abile a brandire la katana. La storia, scritta nel XIX secolo, è divenuta assai popolare in Giappone anche grazie agli sceneggiati tv ed a precedenti film. L’eccellente trama consente a Kitano di evitare il rischio tipico di questo genere di storie (l’azione che finsce per annullare l’umanità dei personaggi). Ilarità e tenerezza contradistinguono le trame di vendetta, ambizione e crudeltà nella storia di due sorelle, da anni sono sulle tracce degli assassini dei genitori. Il talento di Kitano emerge nel modo di presentare i personaggi e di far convergere le distinte storie delle due sorelle, del massaggiatore cieco, e del ronin, nel gran finale.

Takeshi Kitano gira con maestria i combattimenti e motiva la straordinaria rapidità con cui arrivano a termine, secondo il suo stile, in modo semplice e intelligente: un grande guerriero è immediatamente letale. Pertanto, non ha bisogno di interminabili scambi di colpi. Grazie a tali sorprendenti scelte, e allo sviluppo di un linguaggio cinematografico pieno d’invenzioni formali assai originali e apprezzabili, Kitano estrae un film atipico di spadaccini vendicatori, dove quasi tutto interessa e seduce, si tratti di una partita a dadi, o di un ballo coi ventagli, di un ragazzo strillone e ciccione che vuol diventare samurai, o di una nonna servizievole, pronta ad accogliere un vagabondo cieco. Meritati, dunque, i premi del Leone d’argento al miglior regista e il Premio del pubblico, vinti al Festival di Venezia 2003. Alberto Fijo. ACEPRENSA.

Pubblico: giovani. Contenuti specifici: V+, S, F. Qualità: *** (MUNDO CRISTIANO)

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