22/12/2012. Regista: Peter
Jackson. Sceneggiatura: Fran Walsh, Philippa Boyens, Peter Jackson, Guillermo
del Toro. Interpreti: Martin Freeman, Andy Serkis, Ian
McKellen, Richard Armitage, Ken Stott. 169 min. USA, Nova Zelanda. 2012.
Giovani. (V)
Un viaggio di andata e
ritorno. Quello di Bilbo Baggins, un hobbit casareccio che viene coinvolto in
un’avventura con dei nani. Un mago, Gandalf, gli ha raccomandato lo hobbit come
esperto saccheggiatore. La missione: recuperare la casa persa e il tesoro che si
trova all'interno ...
Lo Hobbit, il lavoro di Tolkien, è una storia lunga e scintillante,
non è un solenne romanzo epico. Ma non siamo qui per parlare di Tolkien, ma del
film di Peter Jackson, il primo di una trilogia. Il commento potrebbe essere:
buono, ma lungo, inutilmente lungo e serio. Sembra troppo simile al Il Signore degli Anelli, il che è un
errore, perché questo è una storia epica già vista.
Lo script di The Hobbit ha delle cose indovinate (gli
enigmi nella nebbia nel capitolo 5 del romanzo, molto ritoccato e pericoloso,
l'entrata in scena di Gandalf e dei nani, il ritratto della vita nella Contea e
il buco dove vive Bilbo) e degli errori (queste fastidiosi perorazioni esplicative;
l’estenuante allungamento delle sequenze d'azione; la musica di Shore; lo
stucchevole trattamento degli elfi; gli schizzi di estrema violenza poco adatta
per bambini sotto i 12 anni).
Per raccontare in tre film e
500 minuti una storia che dà per 100 minuti bisogna stirare la cosa, e molto. Il
film di Jackson fa il viaggio in senso inverso a Tolkien, che è andato da Lo Hobbit a Il Signore degli Anelli.
Hobbit di Jackson è un prequel. E come tale, ne paga le
conseguenze. Il film è spettacolare: la messa in scena, le scenografie generose,
la buona fotografia nonostante il fastidioso 3D, ne fanno un intrattenimento di
qualità che in alcune parti è brillante. Ma per coloro che hanno visto Il Signore degli Anelli, Hobbit
è più o meno la stessa cosa. Invece poteva essere un’altra cosa. Alberto Fijo. ACEPRENSA.
22/12/2012. Regista: Ang Lee. Sceneggiatura: David Magee,
basato sul romanzo di Yann Martel. Interpreti: Irrfan Khan, Tabu, Suraj Sharma,
Adil Hussain, Gérard Depardieu, Rafe Spall. 127 min. Cina, USA. 2012. Giovani.
(V)
Dopo che altri registi hanno provato e fallito, Ang
Lee (Mangiare, bere, uomo, donna, Ragione e sentimento) ha portato sullo
schermo La vita di Pi, romanzo
originale dal canadese Yann Martel, vincitore del Booker Prize 2002 e che ha
venduto più di sette milioni di copie in tutto il mondo. Anche se Lee
semplifica il ricco sfondo religioso e filosofico del libro, realizza un film
affascinante, con momenti di grande bellezza.
Pi Patel è un adolescente vivace che vive in Pondincherry
nel 1970 (India del Sud), dove la sua famiglia gestisce uno zoo. Il padre di Pi
è un agnostico, la madre è indù e il ragazzo, affascinato da Dio e le
religioni, finisce per praticare il cattolicesimo, l'induismo e l'islam.
Un giorno, la famiglia emigra in Canada, portando con
loro gli animali più esotici in un enorme nave mercantile giapponese. Ma la
nave si rovescia e solo restano in una scialuppa di salvataggio Pi e quattro
animali. Le conoscenze zoologiche permettono a Pi di sopravvivere in malo modo.
Perso nell'Oceano Pacifico, quasi senza cibo né acqua, Pi imposta un rapporto
singolare con una tigre del Bengala, che gli consente di conservare la speranza
che Dio farà un miracolo e li salverà.
Per l’abbagliante messa in scena di Ang Lee, le sensazionali
prestazioni del giovane indiano attore non professionista Suraj Sharma, la variegata
raffigurazione ritrattista e spirituale iniziale, il naufragio ed l’eccellente
animazione digitale degli animali, Vita
di Pi merita un posto d'onore nel cinema contemporaneo. Inoltre, il film
presenta una profonda riflessione su Dio, la religione e la fede, con
particolare attenzione alla divina provvidenza e il senso della sofferenza.
Infatti, nonostante un po’ di sincretismo e l’inquietante
finale aperto della storia, Yann Martel –che si dichiara cattolico praticante- difende
in essa la razionalità della fede cristiana. "Non c’è un motivo perché la
scienza e la religione debbano entrare in collisione -ha osservato-, li vedo
più come complementari che contraddittorie." E da questa base, indaga la
grandezza e la miseria della natura umana ferita dal peccato, ma guarita dalla grazia,
la presenza di Dio nel mondo e la necessità della fede per non cadere nella
disperazione nichilista. Jerónimo José
Martín. ACEPRENSA.
22/12/2012. Regista: Gennady Tartakovsky. Sceneggiatura:
Peter Banyham, Robert Smigel. Animazione. 91 min. USA. 2012. Giovani.
Il Conte Dracula è il proprietario del lussuoso Hotel
Transylvania, un rifugio per tutti i mostri che popolano la terra e vogliono
restare al sicuro dagli esseri umani. Un ottimo inizio e una presentazione
esilarante di personaggi mostrano che il vecchio baule della Hammer ha ancora
molto da offrire. Il seguito è piuttosto banale e percorre sentieri molto
convenzionali. Avrebbe potuto dare molto di più. Fernando Gil-Delgado. ACEPRENSA.
22/12/2012. Regista: Ken Loach. Sceneggiatura: Paul
Laverty. Interpreti: Paul Bannigan,
John Henshaw, Gary Maitland, Jasmin Riggins, William Ruane, Roger Allam. 106
min. Gran Bretagna, Belgio, Francia, Italia. 2012. Giovani-adulti. (D, S)
Un gruppo di giovani processati per crimini brevi e furti piccoli sono condannati a svolgere ore di
servizio comunitario. Ken Loach (e il suo abituale sceneggiatore Paul Laverty) ci
sorprendono piacevolmente ancora una volta con un film che, senza trascurare il
ritratto di una società dura e marginale, trova soluzioni, vede possibilità di
riscatto, di avere successo, se c’è motivazione e se qualcuno è disposto ad
aiutare. Fernando Gil-Delgado.
ACEPRENSA.
Pubblico: Giovani-adulti. Contenuti: D, S (ACEPRENSA)
22/12/2012. Regista: Joe
Carnahan. Sceneggiatura: Joe Carnahan, Ian Mackenzie Jeffers. Interpreti:
Liam Neeson, Dermot Mulroney, Joe Anderson, James Badge Dale, Frank Grillo. 115
min. USA. 2012. Giovani-adulti.
In Alaska, un gruppo di
lavoratori delle compagnie petrolifere parte in un viaggio aereo per riposarsi per
un paio di giorni della solitudine e il freddo. Tra di loro c'è Ottway,
accusato di aver ucciso i lupi che si aggirano intorno alla stazione. L’aereo
cade, solo sette uomini sopravvivono aspettando la morte per il freddo o per i denti
dei lupi. Ottway si pone come leader del gruppo e consiglia di avanzare.
Sotto l'apparenza di film
d'avventura, il film è circa il senso dell'esistenza, della vita, della morte, del'uomo,
della natura, e di Dio. Carnahan si è sforzato per definire ogni carattere e
assegna a ciascuno un passato, illusioni, alcune ragione per vivere o per morire.
Il film è ambizioso e deve
evitare molte insidie. La principale è introdurre i personaggi in una
situazione estrema che non sia troppo scontata o ridicola: poi, preparare il
pubblico per una traversata lunga e dolorosa in cui sai che ci sarà una serie
di morti scaglionate; infine deve essere rispettoso con tutte le fedi parlando
della morte, della vita dopo la morte, e di Dio, anche se confina con il
nichilismo. Tutte queste sfide sono abbastanza ben risolte dal regista principalmente
con l'aiuto di un grande direttore della fotografia, la cui messa in scena fredda
e spietata asseconda la storia, e grazie al grande lavoro di Liam Nesson, in un
film che non è commerciale.
30/11/2012. Regista: Peter
Ramsey. Sceneggiatura: David Lindsay-Abaire, basato sulla serie di libri I guardiani dell’infanzia, di William
Joyce. Animazione. 97 min. USA. 2102. Tutti.
Babbo Natale, il Coniglietto
di Pasqua, la Fatina dei Denti e Sandman, rendono felici i bambini con le loro
straordinarie capacità. Ma un giorno si accorgono della presenza dell’Uomo
Nero, lo spirito malvagio degli incubi, che impaurisce i cuori dei bambini e mina
la loro fiducia nei Guardiani immortali dell’innocenza dell'infanzia. Quindi,
chiedono consigli all’Uomo della Luna, che nomina un nuovo Guardiano, Jack
Frost, il simpatico e audace spirito dell'inverno.
Questa nuovo film di Dream
Works Animation si basa sulla serie di libri giovanili I guardiani dell’infanzia, scritto e illustrato da William Joyce,
sul cui romanzo Un giorno con Wilbur
Robinson si basava il film di Disney I
Robinson, una famiglia spaziale. Rivista da Guillermo del Toro, Le 5 Leggende propone un adeguamento
all’ambito infantile dei film di supereroi, in un gradevole clima natalizio,
simile al grande Arthur Christmas:
Operazione regalo. Senza raggiungere gli alti livelli tecnici e narrativi di
questo film, Le 5 Leggende offre una
storia agile e divertente, positiva nella sua difesa della fede e dell'innocenza
infantile, e molto ben animata e pianificata dall’esordiente Peter Ramsey.
È quindi un buon film per
tutta la famiglia, tenendo conto di un certo tono dissacratore del Natale e un carattere
anglosassone, che può limitarne il suo successo in altri ambiti. Jerónimo José Martín. ACEPRENSA.
30/11/2012. Regista: Bill Condon. Sceneggiatura:
Melissa Rosenberg, tratto dal romanzo di Stephenie Meyer
Cast: Kristen Stewart, Robert Pattinson, Taylor
Lautner, Peter Facinelli, Elizabeth Reaser. 115 min. USA. 2012. Giovani adulti.
(VX)
Termina la saga tremendamente redditizia dei vampiri
innamorati. Visti gli incassi, i produttori di Twilight hanno deciso che, anche
se non c’era storia, il quarto volume del romanzo di Stephanie Meyer poteva
essere diviso in due film. Se la prima parte di Breaking Dawn era fondamentale, in questa l'argomento è risibile:
Edward e Bella vedono crescere rapidamente la loro figlia, mentre il lupo
mannaro controlla la sua crescita. Poi c'è una battaglia tra i vampiri italiani
e la famiglia Cullen e amici. E niente di più.
In mezzo ci sono ancora sguardi rapiti, gesti di nostalgia
e profonda sofferenza, mezzi sorrisi
presumibilmente irresistibili di Edward, pensieri in off di Bella, che trasformata in un
vampiro, è più felice di una pernice ("Mi sento più viva che mai"
dice nel climax drammatico circondata da luce), la sua quota di sesso -meno
rispetto al precedente film, il morbo è scomparso-, e la sua quota di gore. Perché in questo Breaking Dawn così rosa c’è tanto
sangue, nella parte 1 per il parto e nella 2 perché la frattura della testa del
vicino (guarda quanto bene è venuto questo effetto) si ripete fino alla nausea.
Tutto molto allungato, perché è necessario riempire
115 minuti di nulla. E con diversi finali, cinque o sei. C’è poi un finale
diretto che può indurre qualche fan ignaro a rivedere la saga. Anche se a questo
fan dal palato devastato per un eccesso di bestseller zuccherati offro alcuni
titoli di film veramente romantici, o di vampiri, o di azione, o qualsiasi
altra cosa. E poi ne parliamo. Ana
Sánchez de la Nieta. ACEPRENSA.
Pubblico: Giovani-adulti. Contenuti: V, X (ACEPRENSA)
30/11/2012. Regista: Adrian Grunberg. Sceneggiatura: Mel
Gibson, Adrian Grunberg, Stacy Perskie. Cast: Mel Gibson, Kevin Hernandez,
Dolores Heredia, Daniel Giménez Cacho, Peter Stormare. 95 min. USA. 2012.
Adulti. (VXD)
Mel Gibson è sorprendente. Quando sembrava che non avrebbe
riacquistato il livello dei suoi precedenti lavori come attore e regista, ci
sorprende con film come Mr.Beaver, o come questo che Gibson scrive,
produce e fa da attore principale. Lo dirige con un talento impressionante un
regista messicano che firma il suo primo lungometraggio, ma che ha già lavorato
come assistente alla regia di opere importanti come Master and Commander, Amores
Perros e Apocalypto.
Un cinico delinquente americano, arrestato dopo una rapina
bizzarra in una zona al confine del Texas, è ospite di una prigione messicana.
Questa è la giungla, con una corruzione tremenda. E lì dovrà sopravvivere.
La storia è dura e scarna nella sua rappresentazione del
sistema carcerario. Il tono è riuscitissimo e la storia avvincente, con ottime
prestazioni e qualità tecnica. Il film ti prende dal primo minuto e ti porta
sulle ali fino alla fine con un ritmo invidiabile. Le autorità statali di Veracruz
(Apocalypto è stato girato lì) non
hanno fatto alcun problema per le riprese, hanno permesso l'uso di un carcere
chiuso di recente, e la riprese delle sequenze nei suoi ultimi giorni di
funzionamento. Alberto Fijo. ACEPRENSA.
30/11/2012. Regia: Regia: Robert Lorenz. Sceneggiatura: Randy Brown. Interpreti:
Clint Eastwood, Amy Adams, Justin Timberlake, John Goodman, Scott Eastwood. 111
min. USA. 2012. Giovani-adulti. (D)
Di nuovo in gioco
racconta la storia di Gus, osservatore solitario e scontroso di baseball per
gli Atlanta Braves, al quale mancano solo pochi mesi per finire il suo
contratto e forse andare in pensione, ma che si rifiuta di cedere il posto
anche se la sua vista diminuisce. Pete Klein, suo amico e capo, intuisce i
problemi e cerca Mickey, figlia di Gus, perché aiuti suo padre. Non sembra una
buona idea, perché padre e figlia non si sono trattati molto e lei è un
avvocato in un studio importante. Ma Klein insiste, c'è la posta in gioco di un
grosso acquisto e suo padre potrebbe fare un errore fatale. Mickey lo prende
come l’occasione per trascorrere alcuni giorni con il padre a guardare un giovane
battitore di nome Bo Gentry, a cui tutti predicono un grande futuro.
Robert Lorenz, amico e collaboratore di Clint Eastwood,
dirige il suo primo lungometraggio e riesce a rimetterlo davanti alle cineprese, rendendolo uno dei
valori di questo film. Splende anche la professionalità di Lorenz e la sua
squadra, che non pretendono narrare una epopea sportiva, ma semplicemente
raccontare bene una buona storia, e ci riescono. Di nuovo in gioco è un film classico, in parte prevedibile -solo in
parte- ma molto ben raccontato. Chiaramente il conflitto padre-figlia viene
alla luce, ma non sappiamo come o quando, e lo stesso vale per ciascuna delle
sottotrame che completano la storia, piena di piccoli dettagli, opportuni e
significativi. Si parla molto di lavoro e di famiglia, di tempo e di
soddisfazioni personali, di onestà e ambizione, di molte cose che un grande
cast riempie di umanità e avvicina al pubblico. Fernando Gil-Delgado. ACEPRENSA.
Pubblico: Giovani-adulti. Contenuti: D (ACEPRENSA)
30/11/2012. Regista: Ben Affleck.
Sceneggiatura: Chris Terrio. Interpreti: Ben Affleck, Bryan Cranston, John
Goodman, Alan Arkin, Michael Cassidy, Taylor Schilling. 120 min. USA. 2012.
Giovani. (V)
Dopo gli interessanti titoli Gone Baby Gone e The Town, l'attore Ben Affleck se consolida nella regia con Argo. L'azione, basata su una storia
vera, ha inizio il 4 novembre 1979, quando centinaia di fondamentalisti
islamici penetrano nell'ambasciata americana a Teheran e arrestano 52 cittadini
statunitensi. Durante il caotico assalto, sei diplomatici riescono a fuggire e a
rifugiarsi nella casa dell'ambasciatore canadese. Per portarli fuori dal paese
in sicurezza, l'agente della CIA Tony Mendez escogita un piano rischioso: farli
passare per cineasti che si recano in Iran in cerca di location per un film di
fantascienza.
Splendidamente ambientato,
girato con vigorosa precisione, montato con intensità crescente ed efficacemente
avvolto dalla musica di Alexandre Desplat, il film offre un gustoso cocktail di
intrigo poliziesco tipo Syriana, parodia
in stile hollywoodiano di Sesso e potere
e di denuncia politica anni settanta di Costa-Gavras. Quest'ultimo riferimento
è particolarmente evidente nell’inizio, molto critico con l’interventistica
politica estera statunitense e i suoi alleati occidentali. Più tardi quel tono
vendicativo è diluito fino un finale patriottico e filmico: la parte più
convenzionale del film.
Gli altri elementi sono ben
dosati, in modo da proporzionare alcuni momenti di grande effetto drammatico o
comico. Il cast mostra il suo alto livello, soprattutto i veterani Alan Arkin,
John Goodman e Bryan Cranston. Forse il più piatto di tutti gli attori è Ben
Affleck, anche se la sua sobria inespressività fa molto bene al carattere
enigmatico del suo personaggio. Jerónimo
José Martín. ACEPRENSA.
31/10/2012.
Regista: Sam Mendes. Sceneggiatura: John Logan e Neal
Purvis. Interpreti: Daniel Craig, Judi Dench, Bérénice Marlohe,
Javier Bardem, Ralph Fiennes, Ben Whishaw. 144 min. USA. 2012.
Adulti. (VX)
La
domanda su un film che raggiunge il numero 23 della serie può essere una sola:
è meglio dei precedenti? Con i film di James Bond si possono fare tutti i tipi
di statistiche e ordinarli per preferenze. Ci sono quelli che preferiscono
Pierce Brosnan, altri che ancora hanno nostalgia di Sean Connery, o coloro che
rivendicano il breve regno di George Lazenby. Da parte mia, devo dire che
Daniel Craig ha dato al personaggio un tono molto positivo e che dei tre capitoli
che ha interpretato, questo è il migliore, forse anche più di Casino Royale.
Con
una sceneggiatura ben lavorata, Sam Mendes (American
Beauty, Revolutionary Road) che, per inciso, è arrivato a dirigere il film
attraverso la sua amicizia con Craig, ha impresso profondità alla narrazione e
ai personaggi. Prova di ciò è che si comprende pienamente la richiesta
specifica che è stata fatta ai critici di parlare il meno possibile
dell'argomento. Un argomento che contiene sorprese narrative impensabili in qualsiasi
altro capitolo della saga.
Per
quanto riguarda i personaggi, Bond non ha intenzione di smettere di essere Bond
e ci sono i suoi martini (e birre Heineken), le sue avventure amorose e le
armi. Ma sotto il Bond cartongesso, di M o del villano (spettacolare
interpretazione di Bardem, nonostante il suo spaventoso stilismo) c'è un deciso
scopo di costruire personaggi con una storia. Lo spiega lo stesso Craig: “Il
Bond di Skyfall è più vecchio. E ha
coscienza. Sono sempre stato interessato alla coscienza di Bond, perché credo
che tutte le azioni hanno delle conseguenze. Bond è un assassino e questo influisce
su di lui”.
Insieme
a questo, in Skyfall c’è un’altra
trama interessante, che è una rivendicazione - un po’ nostalgica- del passato,
degli antichi agenti nei confronti dell’impero della tecnologia. Il film
diventa, in qualche modo, una difesa dell’uomo contro la macchina. Una difesa
amichevole, perché in questo aspetto si concentra gran parte dell'umorismo del
film.
E
che non si preoccupi il pubblico maschile e gli amanti del cinema di azione
immaginando un 007 di essai. Né la nostalgia, né la costruzione dei caratteri
tolgono un'oncia di ritmo e adrenalina a un film di spettacolari sequenze di
fughe, corse, botte e combattimenti esemplarmente girate e coreografate. In
questo senso, semplicemente i primi 20 minuti, con un inseguimento vertiginoso
che finisce con i magnifici titoli di credito su un prezioso tema di Adele, pagano il prezzo di'entrata. Ana Sánchez de la Nieta. ACEPRENSA.
31/10/2012. Regista: Olivier Megaton. Sceneggiatura: Luc
Besson, Robert Mark Kamen. Interpreti: Liam Neeson, Maggie Grace, Famke
Janssen, Rade Serbedzija, Luke Grimes. 92 min. Francia. 2012. Giovani. (V)
Dopo il grande successo nel 2008 di Vendetta (Taken), un
thriller ben costruito e senza pretese, era solo una questione di tempo prima che
Luc Besson si mettesse a fare un sequel con un regista che lavora per la sua
redditizia casa produttrice. Ci si sarebbe aspettato qualcosa un po’ più
elaborato, non un buon film, ma almeno un sequel pulito. La sceneggiatura scritta
da Besson e Kamen potrebbe stare su un tovagliolo e la realizzazione di Olivier
Megaton è spasmodica, piatta e di routine. Accanto a questo film, Transporter sembra un capolavoro. Alberto Fijo. ACEPRENSA.
31/10/2012. Regia: Seth MacFarlane. Sceneggiatura: Seth
MacFarlane, Alec Sulkin e Wellesley Wild. Interpreti: Mark Wahlberg, Mila
Kunis, Patrick Warburton, Giovanni Ribisi, Joel McHale.106 min. USA. 2012. Giovani-adulti.
(X)
John Bennett (Mark Wahlberg) è un umile lavoratore che,
negli anni Ottanta, quando era un bambino timido e solitario, ha voluto che
prendesse vita il suo amato orsacchiotto, Ted. Il miracolo si è realizzato
sconvolgendo l'opinione pubblica. Ora, 27 anni dopo, John e Ted affrontano
insieme l'età adulta, mentre ricordano con rammarico il mediocre filmato degli
anni Ottanta Flash Gordon, di Mike
Hodges, con Sam J. Jones. Ma l'orso buon
vivant ha una cattiva influenza su John e la sua ragazza Lori (Mila Kunis) incomincia
a perdere la pazienza.
Il creatore della serie animata per adulti Family
Guy Present e American
Dad!, Seth MacFarlane, ha debuttato nel cinema con questa commedia
pazza, vicina nel suo approccio narrativo a Mr.
Beaver, di Jodie Foster, e nel tono teppista a Paul, di Greg Mottola. In essa, il regista dispiega il suo umorismo
caustico e iconoclasta per constatare l'attuale epidemia di immaturità che
affligge il mondo occidentale. Alcune delle sue gag sono divertenti e
intelligenti. Ma nel complesso, domina un umorismo molto grossolano, con
costanti riferimenti sessuali e volgari, e spesso compiacente con il radicale
edonismo praticato da Ted, che è dipendente della marijuana e si dedica fondamentalmente
ad ammazzare il tempo. Alla fine, il tutto finisce per irritare, nonostante i parziali
successi e la sua esaltazione della amicizia. Jerónimo José Martin. ACEPRENSA.
Pubblico: Giovani-adulti. Contenuti: X (ACEPRENSA)
31/10/2012. Regista: Andrew
Dominik. Sceneggiatura: Andrew Dominik. Interpreti: Brad Pitt, Ray Liotta,
Richard Jenkins, Sam Shepard, James Gandolfini. 97 min. USA. 2012. Adulti.
(VXD)
Appena uscito di prigione, Frankie è coinvolto nel colpo
che tutti sconsigliano: l’assalto a una partita di poker illegale. Il suo
mentore lo incoraggia, perché i sospetti cadranno su Trattman, organizzatore
del gioco, che già ha rubato in passato la propria partita. Non fanno i conti
però con l'arrivo di Jackie Cogan, assassino esperto a mettere ordine in queste
situazioni.
Il neozelandese Andrew Dominik presenta il suo terzo film
dopo Chopper e L'assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford, e di
nuovo sorprende la sua maestria narrativa, con scene molto meditate e un buon
profilo dei personaggi di sesso
maschile, interpretati da un grande cast guidato da Brad Pitt, anche
produttore. Dominik attinge a attori associati a storie di gangster come Ray
Liotta (Quei bravi ragazzi) e James
Gandolfini (I Soprano). E a tutti,
compresa la mente Richard Jenkins, regala scene intense.
L'idea di fare una storia costellata di televisori in cui
Bush e Obama parlano sulla crisi economica e i valori che hanno fatto grande
gli Stati Uniti è efficace nella sua ironia e serve a criticare la mancanza di
principi e l’immoralità. Sì, il cinismo è molto presente nel film, a partire
dal titolo. Domina anche la violenza, iper e molto sgradevole in diversi
passaggi. Oppure la grossolanità eccessiva quando si parla di abitudini
sessuali. José María Aresté. ACEPRENSA.
31/10/2012. Regista: David Frankel. Sceneggiatura: Vanessa
Taylor. Interpreti: Steve
Carell, Meryl Streep, Tommy Lee Jones, Elisabeth Shue, Mimi Rogers. 100
min. USA. 2012. Giovanni-adulti. (X)
Kay e Arnold sono sposati da oltre 30 anni. I bambini
hanno già volato dal nido, e il matrimonio sussiste per semplice routine, tutti
i giorni sono uguali mancano incentivi, e i tentativi di lei di ravvivare la
fiamma del amore non hanno successo. Attratta dal suo best-seller per il trattamento
di crisi coniugali, Kay chiede un appuntamento con il dottore Feld nel suo
studio in una piccola città del Maine, in quella che sarà una sorta di
mini-vacanza. Arnold accetta con riluttanza, e la coppia si vedrà sottoposta a
una insolita terapia.
Il titolo può indurre in errore, anche se si adatta bene ai
film di David Frankel, responsabile de Il
diavolo veste Prada e Marley. Lo script di Il matrimonio che vorrei si deve alla scrittrice Vanessa Taylor,
che ha intervenuto in programmi come Alias,Everwood e Il trono di spade. Ma il più vicino a ciò che si racconta in questo
film è Dimmi che mi ami. Certamente contiene
brani di commedia e si nota la presenza del comico Steve Carell, ma Il matrimonio che vorrei è più vicino a
un dramma di raffreddamento coniugale, descritto come quasi insalvabile.
L'idea di un matrimonio con problemi che per ricominciare
segue alcuni esercizi proposti dall'esterno ricorda a Fireproof. Ma forse la differenza principale di questo film è che
il raffreddamento dell'amore viene attribuito in modo eminente agli insoddisfacenti
rapporti sessuali (certamente si segnalano altre cause, ma sempre in secondo
piano, perciò il campo di applicazione della proposta è minore). E mentre è
ovvio che indirizzare bene la sessualità nel matrimonio è importante, ed anche essenziale.
Ma il peso che viene dato per quanto riguarda la crisi è eccessivo, confonde
gli effetti con le cause, e si può solo spiegare per due motivi : il contesto
di una società ipersessualizzata che mette così tanta enfasi sulla fantasia,
piaceri solitari e “pratiche” meno convenzionali, e i passaggi presumibilmente
divertenti ai quali possono dare luogo due caratteri che in questo campo sono
abbastanza pudici.
Il meglio di Il
matrimonio che vorrei sono sicuramente Meryl Streep e Tommy Lee Jones, due grandi
attori enormi che incarnano perfettamente i loro due personaggi: il loro giorno
per giorno con il pilota automatico, e il “terremoto” emozionale che cominciano
a sperimentare nelle loro vite dopo aver frequentato lo studio medico. Carell
si limita a svolgere il proprio ruolo di provocatore di apparente innocuità,
dove la faccia lievemente ironica è più che sufficiente ai fini della trama.
31/10/2012. Regista: William Friedkin. Sceneggiatura: Tracy Letts. Interpreti:
Matthew McConaughey, Emile Hirsch, Gina Gershon, Juno Temple, Thomas Haden
Church. 103 min. USA. 2011. Adulti (V, X)
Padre e figlio, con la seconda moglie del primo, assumono
un assassino per uccidere la ex moglie e madre, raccogliere l'assicurazione e
così cancellare certi debiti. Dato che mancano di contanti, accettano la
condizione dell'assassino di un anticipo sotto forma di pagamenti sessuali, che
deve concedere la figlia del clan, cosa che lei ignora.
E’ la seconda volta che William Friedkin adatta una pièce di Tracy Letts, dopo Bug-La
paranoia è contagiosa, del 2006. Molto tempo dopo L'esorcista (1974), si può dire che questo film ha qualche cosa di
diabolico in relazione al spregevole patto nato alle spalle di una giovane donna
ingenua che è cresciuta in una famiglia destrutturata. Secondo Friedkin,
sarebbe una Cenerentola, e l’assassino il suo inaspettato Principe Azzurro.
Come si vede, si tratta di un umorismo selvaggio e contorto, servito qui con
una gran brutalità, tra cui brani di sesso dissacrante e violenza che ricordano
i film di Quentin Tarantino.
Nei suoi primi passi Killer
Joe fa pensare al film che ha chiuso la filmografia di Sidney Lumet, Onora il padre e la madre;anche questo fa riferimenti al diavolo.
Come in quel film, Friedkin eccelle nel allestimento impeccabile e dipinge una
famiglia, per così dire, in stato di putrefazione, in cui tutto ciò che può
essere chiamato amore è assente.
Emile Hirsch interpreta il figlio che deve dei soldi per
un affare di droga, Thomas Haden Church è il padre sconclusionato, Juno Temple,
la figlia che sembra vivere su un altro pianeta, Gina Gershon la seconda
moglie. Per il ruolo di assassino impavido e pervertito Matthew McConaughey che
come in Lone Star interpreta un
poliziotto texano, in questo caso con caratteristiche molto particolari.
La distribuzione appropriata e il ritmo veloce, con forti
tensioni che di solito generano i film tarantineschi, può piacere a qualche
pubblico consegnato a questo tipo di proposte disumanizzanti, ma non al resto.
Friedkin sembra dare un altro giro di vite all’umorismo nero con un finale di Grand Guignol, esagerato e assurdo come
cercando di attaccare nel cervello dello spettatore l'idea che stiamo toccando
il fondo. Che a qualcuno piaccia l'idea, questa è un'altra storia.
29/9/2012. Registi: Mike Thurmeier, Steve Martino.
Sceneggiatura: Michael Berg, Jason Fuchs, Mike Reiss. Animazione. 94 min. USA.
2012. Tutti
Il quarto capitolo della saga Ice Age è un grande film di avventure di fattura impressionante, colori
straordinari e sfondi di alta qualità. Il film ha un inizio potente,
spettacolare, dando vita a una nuova avventura dei popolari personaggi con cui
ridi e trascorri un grande momento, con molta azione, avventura, amicizia ed
emozioni.
Il colore (bisogna tenere a mente che abbondano le
sequenze nel mare) è molto buono e si vede che hanno lavorato duramente perché,
essendo in 3D e dovendo portare lo spettatore gli occhiali, non si perda qualità.
La storia potrebbe facilmente ristagnare, ma non ristagna perché gli
sceneggiatori sono molto abili e realizzano una emozionante avventura che,
senza essere particolarmente originale, sa giocare le sue carte e raramente
entra in terreni troppo battuti. L'epilogo (lo scoiattolo è ancora una volta il
protagonista) è molto divertente: ricorda Tex
Avery al suo meglio. Alberto Fijo.
ACEPRENSA.
29/9/2012.
Regia: Brenda Chapman, Mark Andrews, Steve Purcell. Sceneggiatura:
Brenda Chapman, Irene Mecchi. Animazione. 100 min. USA. 2012. Tutti.
Le Highlands scozzesi, secolo X. La rossa Mérida è un
adolescente ribelle e impetuosa, figlia del rozzo Re Fergus e della raffinata
Regina Elinor, e sorella di tre terribili gemelli. Sua madre vuole fare di Mérida
una principessa rispettabile e discreta. Ma la ragazza ama combattere, tirare
frecce –è un arciere bravissimo-, e cavalcare attraverso le foreste
lussureggianti del regno. La tensione tra madre e figlia si attiva quando
Mérida boicotta la cerimonia di elezione del suo futuro marito, un concorso
ancestrale che coinvolge i primogeniti dei grandi signori della zona: l'enorme
lord McGuffin, il burbero lord Macintosh e lo scontroso lord Dingwall. La sfida
di Mérida si completa quando chiede a una eccentrica strega di eseguire un
incantesimo per far cambiare di atteggiamento sua madre. La maga le concede il
suo sventurato desiderio, che si trasforma in una maledizione e provoca il caos
in tutto il regno.
Questo nuovo lungometraggio della Pixar Animation smentisce alcuni commenti circa la presunta crisi creativa
dello Studio di Emeryville. Certo, a
volte si vedono i problemi di produzione subiti dal film, inizialmente diretto
da Brenda Chapman (Il principe d'Egitto),
e, infine, firmato da lei e di Mark Andrews, e co-diretto dal esordiente Steve
Purcell. Per ciò risulta leggermente brusco il passaggio dalla commedia pazza della
prima parte –vicina al tono di Dragon
Trainer, il miglior lungometraggio d'animazione della DreamWorks-, al dramma intenso nel secondo tempo, con qualche eco del
film d'animazione di Disney Koda fratello
orso. In ogni caso, funzionano molto bene tanto le gag comiche come i passaggi
melodrammatici, tra cui splendide sequenze d'azione, e che si arricchiscono con
riflessioni sulla famiglia, l'educazione, l’ansia di libertà.
Tutto questo si sviluppa con un agile ritmo narrativo e la
migliore animazione realizzata fino ad oggi. Da un lato, gli sfondi proporzionano
uno spettacolo visivo impressionante, rinforzato dai brillanti effetti
stereoscopici 3D e la colonna sonora dallo scozzese Patrick Doyle, tra cui
diverse belle ballate di Julie Fowlis, Birdy e altri. Pixar dà anche il massimo in termini di animazione dei personaggi -sono
memorabili i gesti e i capelli di Mérida e il trattamento dei costumi in
vestiti, armi, pelli ... Si tratta di una produzione più che notevole, forse
non completamente riuscita come i capolavori della Pixar – la saga Toy Story,
Gli Incredibili, Ratatouille ... - ma che entusiasmerà i fan della
animazione e il pubblico in generale, soprattutto quello femminile. Jerónimo José Martín. ACEPRENSA.
29/9/2012. Regista: Philippe Falardeau. Sceneggiatura:
Philippe Falardeau. Interpreti: Mohamed Fellag, Sophie Nelisse, Emilien Neron,
Danielle Proulx, Brigitte Poupart. 94 min. Canada. 2011. Giovani.
La tragica morte di un
insegnante di scuola elementare in una scuola di Montreal scuote i suoi studenti
di undici anni, in particolare il sensibile Simon, che ha scoperto il cadavere.
Bachir Lazhar, un immigrato algerino di 55 anni, legge le notizie sulla stampa,
si offre come sostituto ed è finalmente accettato. I suoi metodi di
insegnamento, tradizionali, -esigenti
con i bambini e, allo stesso tempo, molto vicini a loro- si scontrano con le
convenzioni politicamente corrette per le quali si regge la scuola. Ciò
sviluppa una aspra polemica tra insegnanti e genitori, parallela agli sforzi di
Lazhar e dei studenti per guarire le profonde ferite aperte di cui soffrono.
Riconosciuto con numerosi
premi, tra i quali i sei premi Genie più
importanti dell'Accademia di Cinema e Televisione canadese, e nel 2011
candidato all'Oscar per il miglior film straniero, Monsieur Lazhar coincide con la scoperta internazionale dello sceneggiatore
e regista canadese Philippe Falardeau. Questo giovane regista di lingua
francese trasforma il monologo teatrale Bashir
Lazhar, di Evelyne di Chenelière, in un intenso dramma scolare, attraverso
il quale articola preziose riflessioni sulla buona educazione -che coinvolge
gli insegnanti e i genitori-, la tutela
della innocenza dei bambini, il significato della sofferenza e la necessità di
affrontare con i bambini il tema della morte.
Falardeau dosa molto bene i
diversi intrighi intorno ai conflitti dei personaggi, interpretati da attori sensazionali,
tra cui il popolare comico Mohamed Fellag -nel ruolo di Lazhar- e i bambini non
professionisti che danno vita ai suoi studenti, tutti travolgenti nella loro
naturalezza. Accompagnato dalla sottile partitura di Martin Léon, la sobria messa
in scena iper realista rafforza questa autenticità con risorse caratteristiche
del documentario -da cui procede Falardeau- e così avvicina Monsieur Lazhar a film come Essere e avere, o La classe, più che ad altri film su insegnanti carismatici, come L’attimo fuggente, Goodbye Mr. Holland, Les choristes-I ragazzi del coro o L’onda.
Falardeau raggiunge un
altissimo livello emotivo sottolineando le virtù di base, che danno anima alla
sua accurata critica della società attuale, dominata, secondo lui, da
complessi, paure e fondamentalismi ideologici molto nocivi alla formazione affettiva
dei bambini. Jerónimo José
Martín. ACEPRENSA.
29/9/2012. Regista: Tony
Gilroy. Sceneggiatura: Tony Gilroy, Dan Gilroy. Interpreti: Jeremy Renner,
Rachel Weisz, Edward Norton, Stacy Keach, Oscar Isacc. 134 min. USA.
2012. Giovani. (V)
Tutti si domandavano cosa
sarebbe successo alla saga Bourne
dopo la partenza della sua stella, questo attore così capace chiamato Matt
Damon. Ma è giusto notare che Damon è uno dei tre termini che hanno fatto il
successo e la qualità di Bourne 2 e
3. L'altro è un manager molto capace, il britannico Paul Greengrass. Una volta
che entrambi hanno deciso di dedicarsi a altri film e di lasciare la serie, è
rimasto solo il terzo degli addendi, lo sceneggiatore Tony Gilroy, che ha
adattato i romanzi di Robert Ludlum. Gilroy ha assunto la direzione mantenendo
la squadra tecnica che fece i precedenti film.
E il risultato è degno, ma
inferiore rispetto alle puntate precedenti. Il film ha difficoltà di partenza,
arrivando a rendere nervoso lo spettatore che si domanda: “Dov'è il mio Bourne?”. Ci sono alcuni grossi problemi
di ritmo e la lunghezza è eccessiva. Il popolare Jeremy Renner (The Hurt Locker) e Rachel Weisz lavorano
bene, e sono dotati di una fotogenica potente, ma i loro personaggi sono poveri
se si confrontano con i carismatici di Matt Damon, Franka Potente, Julia Stiles
e Joan Allen. E il cattivo non è alla altezza: un errore grave quando si è
scelto un attore con tanto aplomb come Edward Norton. Alberto Fijo. ACEPRENSA.
29/9/2012.
Regista: Simon West. Sceneggiatura: Richard Went, Sylvester Stallone.
Interpreti: Sylvester Stallone, Jason Statham, Jean-Claude Van Damme, Jet Li,
Arnold Schwarzenegger, Bruce Willis, Chuck Norris. 102 min. USA. 2012.
Giovani.
Divertente film d'azione che mette insieme i veterani che
hanno dominato per decenni il genere di film con attori di poche parole e molti
pugni, che colpiscono senza riposo qualsiasi che li si mette davanti. Considerando
quanto poco riuscita è stata la prima parte di questa saga, sorprende
incontrare un film divertente, senza pretese e con un riuscito tono di auto parodia
del quale si fa un uso intelligente e misurato.
La storia non è nulla di speciale, ma è efficace e fornisce
una scusa affinchè ciascuno degli attori veterani abbia il suo “momento”.
Quelli per Arnold Schwarzenegger, Bruce Willis e Chuck Norris sono divertenti.
Sylvester Stallone serve come leader del gruppo, probabilmente perché, con
Richard Wenk (Solo due ore), ha
scritto la sceneggiatura Alberto Fijo.
ACEPRENSA.
29/9/2012. Regista:
Woody Allen. Sceneggiatura: Woody Allen. Interpreti: Woody Allen, Ellen
Page, Alec Baldwin, Jesse Eisenberg, Roberto Benigni, Penelope Cruz. 102 min. USA,
Italia, Spagna. 2012. Adulti. (XD)
Woody Allen torna a stare di fronte alle telecamere
interpretando il suo classico personaggio. Come sempre, si tratta di un film
corale, con molte trame amorose, ma con un tono meno cinico del solito, ma
tremendamente ironico, edonistico e incidentalmente grossolano. Roma è la città
scelta come sfondo per questa commedia leggera, che parla di amore, arte e
reality show, in termini tanto volatili come accattivanti. Nel cast, tra gli
altri, ci sono Penelope Cruz, Alec Baldwin, che rende il ruolo di coro o coscienza
di uno dei personaggi, qualcosa già utilizzato da Allen in altre occasioni,
Ellen Page (Juno), che si conferma
come un eccellente attrice, e il sempre traboccante e iperbolico Roberto
Benigni, protagonista della trama più surreale e divertente del film. Juan Orellana. ACEPRENSA.
29/9/2012. Regista: Kirk Jones. Sceneggiatura: Heather
Hach, Shauna Cross. Interpreti: Cameron Diaz, Brooklyn Decker, Jennifer Lopez,
Chace Crawford, Rodrigo Santoro, Chris Rock, Dennis Quaid, Elizabeth Banks. 110
min. USA. 2012. Adulti. (DS)
Incredibile ma vero: il titolo e l'intero script, in
assenza di altre idee, è quello di un libro di consigli per i futuri genitori.
Il sceneggiatori Heather Hach e Shauna Cross, lo hanno trasformato in una
storia corale di diverse coppie in attesa di figli, che soffrono le pene dei
genitori novelli, discutono, si preoccupano e hanno i figli lo stesso giorno. Dirige
Kirk Jones (Tata Matilda), il cui
ufficio riesce a dare ritmo e qualche entità ad una storia che in altre mani
probabilmente sarebbe affondata. L’umorismo è un po’ scurrile e leggermente
piccante, ma sempre moderato. Il film è ben intenzionato e con un cast stellare
che per quasi due ore dice che è bene avere un figlio. Fernando Gil-Delgado. ACEPRENSA.
28/7/2012. Regista: Christopher Nolan. Sceneggiatura:
Jonathan Nolan e Christopher Nolan; su una storia di David S. Goyer e Christopher
Nolan, a sua volta basata sui personaggi creati da Bob Kane. Interpreti: Christian Bale, Tom Hardy, Anne
Hathaway, Gary Oldman, Morgan Freeman, Michael Caine, Marion Cotillard, Joseph
Gordon-Levitt. 165 min. USA. 2012. Giovani. (VS) Nelle sale dal 29 agosto.
Dopo numerosi film e spettacoli televisivi di varia qualità,
il londinese Christopher Nolan offri in Batman
Begins (2005) e Il cavaliere oscuro
(2008) la migliore immagine filmica di Batman, personaggio creato nel 1939 per la
DC Comics dallo sceneggiatore Bill Finger e il disegnatore Bob Kane. In linea
di principio, ora chiude la sua trilogia con Il cavaliere oscuro – Il ritorno, che mescola personaggi e
situazioni ricavati dai fumetti originale Il
ritorno del Signore della Notte, The Fall of the Bat e La terra di nessuno.
Il miliardario Bruce Wayne (Christian Bale) è da otto anni
in ritiro nella sua villa, traumatizzato per aver consentito che il supereroe
Batman -la sua identità nascosta- sia diventato un evaso. La sua menzogna sulla
morte del idealizzato procuratore D.A. Harvey Dent (Aaron Eckhart), che, in
realtà, era diventato un mostro, è servita a sedare l'attività criminale nella
città di Gotham. Ma tutto cambia con l'arrivo di Bane (Tom Hardy), un violento
mercenario, con mezza faccia nascosta da una ingombrante protesi analgesica.
I suoi piani apocalittici obbligano Bruce Wayne/Batman a
uscire dal pensionamento e ricorrere di nuovo alle sofisticate invenzioni del
suo ingegnere di armamento Lucius Fox (Morgan Freeman). Il Cavaliere Oscuro
avrà l'aiuto dell’onesto capitano della polizia James Gordon (Gary Oldman),
supportato questa volta dal giovane agente John Blake (Joseph Gordon-Levitt),
che ammira Batman da quando era un bambino. Nel frattempo, nella persona di
Bruce Wayne, tenta di risolvere la delicata situazione delle sue imprese, in
collaborazione con l’altruista Miranda Tate
(Marion Cotillard). Una abile e bella ladra, Selina Kyle (Anne Hathaway),
s’incontra con il sofferto supereroe, molto in bassa forma dopo la sua prolungata
inattività.
In questo terzo capitolo della serie, Nolan ripete gli
elementi che hanno prodotto per i suoi predecessori un clamoroso successo di
critica e commerciale: una sceneggiatura corale, che sottolinea con precisione
le luci e le ombre di Batman come un eroe in carne e ossa, vulnerabile, con
conflitti drammatici difficili; un impattante ambientazione tra iperrealista e
gotica, con echi di Metropolis, di Fritz
Lang, e del miglior cinema nero classico e moderno; delle spettacolari sequenze
di azione di vibrante svolgimento; ed ottime recitazioni di un cast di lusso. Tutto
ciò, avvolto in una fotografia (Wally Pfister) e musica (Hans Zimmer) di grande
potenza emotiva.
Tuttavia, questa volta il prestigioso regista londinese si
mostra meno solido. In primo luogo, la sceneggiatura e il montaggio sono più
confusi e meno fluidi, e alcune situazioni si risolvono con ellissi piuttosto
forzate. Inoltre, i conflitti morali dei personaggi hanno meno peso e,
pertanto, non aggiungono molto alle sequenze d'azione. Alle volte, la colonna
sonora ha un ruolo eccessivo. E, naturalmente, i 165 minuti di filmato
risultano eccessivi. Ciò significa che Nolan si è lasciato andare un po’, come gli
è accaduto in Inception. In ogni
caso, firma un film notevole, che consolida uno stile molto personale di
trattare i film di supereroi, con una indubbia incidenza sull'evoluzione del
genere nell'ultimo decennio. Jerónimo
José Martín. ACEPRENSA.
28/7/2012. Regia: Marc Webb. Sceneggiatura: James Vanderbilt, Alvin Sargent,
Steve Kloves. Interpreti: Andrew Garfield, Emma Stone, Rhys Ifans, Martin
Sheen, Campbell Scott. 136 min. USA. 2012. Giovani.
Nuova versione delle avventure di Spider-Man, il supereroe
Marvel creato da Stan Lee e Steve Dikto, dieci anni dopo che Sam Raimi inizia
la sua riuscita trilogia cinematografica. La sfida per Marc Webb, regista della
originale commedia romantica (500) Giorni
insieme, è stata grande, soprattutto perché si tratta di iniziare di nuovo la
serie, come Christopher Nolan ha dovuto fare con Batman.
Webb ne esce bene. La sceneggiatura ha tre autori che rispondono
a ciò di cui ha bisogno lo spettatore contemporaneo: personaggi solidi e
classicismo - Sargent, che ha lavorato con Raimi, e ha firmato il copione di Gente comune-, un ritocco oscuro -Vanderbilt,
che ha scritto Zodiac-, e per
agganciarsi coi giovani Kloves, autore delle sceneggiature della saga di Harry Potter. E la potenza visiva e
sovrabbondanza di immaginazione del regista si vedono chiaramente, con buon uso
del 3D e una New York meno videogioco che quella di Raimi.
Nulla è nuovo e tutto è nuovo. Caso mai non fosse chiaro,
verso la fine del film c’è una breve scena in cui si dice che tutti gli
argomenti sono riassumibili non in dieci paradigmi, ma in uno. È sempre
presente l'idea di responsabilità nella scelta e l'uso dei doni, a cui si
aggiunge una trama biotecnologica e l'intrigo sui precedenti dei genitori di
Peter Parker, prima che il ragno famoso lo morsicasse. Andrew Garfield è un
buon protagonista, e lo è anche Emma Stone, il suo interesse amoroso; Denis
Leary, il padre di lei, e Martin Sheen e Sally Field, gli zii di lui. Il
tragico cattivo ha il suo interesse, ed e ben interpretato da Rhys Ifans. José María Aresté. ACEPRENSA.
28/7/2012. Regista: Peter Weir. Sceneggiatura: Peter Weir, Keith R. Clark. Interpreti:
Ed Harris, Jim Sturgess, Colin Farrell, Saoirse Ronan, Mark Strong. 133 min. USA,
Emirati, Polonia. 2010. Giovani. (V)
Siberia, 1940. Il polacco Janusz è stato inviato in un gulag. Pesa sulla sua anima la condanna con false accuse, ottenute sotto tortura, da sua moglie. E pensa soltanto alla fuga, impresa quasi impossibile a causa del clima: l’intera Siberia è una prigione. Tuttavia, approfittando di una tormenta di neve, prenderà il volo con altri sei uomini.
Film vagamente basato sulle memorie del polacco Slavomir
Rawicz, raccontate in un libro la cui veridicità è stata contestata nel 2006,
quando già era morto. Al di là di questa polemica per specialisti, abbiamo una
storia di interesse umano, trasformata in una sceneggiatura solida e ricca da
Peter Weir e Keith R. Clarke. Impressiona la descrizione del capo carismatico
del gruppo, Janusz, guidato dalla bontà, ma anche quella dell’americano
disperato Mr. Smith, l'artista fornaio, il sacerdote lettone, lo spaccone Valka,
ecc, o la misteriosa polacca Ilena, che incontrano lungo la strada. Le informazioni
su di essi viene dosata, e l’insieme serve a fornire un prezioso quadro sulla
condizione umana, le sue qualità e limiti, francamente entusiasmante. I
dialoghi sono ben scritti e gli attori, non più di una dozzina quelli
importanti, sono eccezionali.
Weir gestisce molto bene le forze della natura come cornice
misteriosa e viva dove si sviluppano le sue storie: si pensi Picnic a Hanging Rock, o più
recentemente in Master and Commander.
Qui ci dà un'altra lezione in questo senso, nella varietà di elementi naturali
bellissimi ma ostili: la neve e le rocce delle montagne, le foreste, il ghiaccio
e le zanzare del lago, il vento, la sabbia e i miraggi del deserto ... Grazie
al suo talento visivo e il suo senso narrativo, il regista australiano compone
piani e passaggi bellissimi, e di alto contenuto drammatico. Serva come esempio
l’evaso congelato, il passaggio sul lago ghiacciato, o la scoperta dell’acqua che
disseta. José María Aresté. ACEPRENSA.
28/7/2012.
Registi: Conrad Vernon, Eric Darnell, Tom McGrath. Sceneggiatura: Noah
Baumbach. Animazione. 93 min. USA. 2012. Tutti. Nelle sale dal 22
agosto.
Dopo la fuga dallo zoo di New York e la riscoperta delle proprie radici nella savana africana, Alex il leone, Marty la zebra maschio, Melman la giraffa e Gloria l'ippopotamo femmina continuano le loro avventure in Europa, dove devono inserirsi in un circo itinerante per sfuggire ad una instancabile poliziotta francese dedita al controllo degli animali. In aggiunta agli incombustibili pinguini e ai giocherelloni scimpanzé, nella loro fuga saranno aiutati da un leone marino italiano, una tigre russa, un giaguaro di origini latine e altri singolari animali
In questo terzo capitolo della popolare serie dalla
DreamWorks Animation, di nuovo ottengono un grande successo Eric Darnell e Tom
McGrath, -registi delle primi due avventure-, accompagnati questa volta da
Conrad Vernon, co-regista di Shrek 2
e Monsters vs Aliens. I tre
mantengono un elevatissimo livello di animazione 3D stereoscopica e potenziano
ancora di più un frenetico ritmo narrativo, caratteristico del cartoon americano più folle e delirante,
a cui s’ispirano.
Questo significa sacrificare la profondità dei personaggi,
ma assicura un sacco di sequenze d'azione spettacolari e colpi di umorismo
molto divertenti, basati nei luoghi comuni più popolari dei diversi paesi
europei. Merita speciale encomio la rinfrescante colonna sonora di Hans Zimmer,
completata da diverse belle canzoni come Firework,
di Katy Perry. Jerónimo José Martín.
ACEPRENSA.
28/7/2012.
Regista: Rémi Bezançon. Sceneggiatura: Rémi Bezançon, Vanessa Portal;
basata nel romanzo di Éliette Abécassis. Interpreti: Louise Bourgoin, Pio
Marmaï, Josiane Balasko, Thierry Frémont, Gabrielle Lazure, Anaïs Croze, Daphné
Bürki. 111 min. Francia, Belgio. 2011. Adulti. (SX)
La sceneggiatura, scritta dal regista e da Vanessa Portal,
adatta un romanzo di Eliette Abécassis. Nicolas conosce nel video club dove
lavora a Barbara, la donna ideale. Quando iniziano una relazione, entrambi
continuano a comportarsi come se fossero celibi, agendo in modo quasi
infantile. Ma dovranno maturare in fretta quando ricevono la lieta notizia che
lei è incinta. Durante il periodo di gestazione, Barbara dovrà svolgere una
tesi che le serve per ottenere un posto da insegnante.
Dopo aver esplorato gli alti e bassi dei rapporti
familiari nell’interessante Le Premier
Jour Du Reste de Ta Vie, Bezançon segue una linea molto simile nel momento
di analizzare la maternità. Gli spettatori che hanno apprezzato il suo precedente
lavoro non si sorprenderanno perché questa volta segue le conseguenze più
difficili della gravidanza e del parto, come il sacrificio personale e
professionale della madre per prendersi cura del bambino in ogni ora, i
problemi che la nuova situazione causano alla coppia, ecc, e comunque sotto
giace ancora una conclusione positiva: che nulla vale di più.
Ridonda troppo sui dettagli, tanto che alcuni risultano un
po’ squallidi, ma si compensano con un umorismo costante. Inoltre i
protagonisti fanno un buon lavoro. E contiene un po’ di fantasia, come la
storia d'amore in cui i personaggi esprimono i loro sentimenti parlandosi
attraverso le copertine dei film. Decine21/Almudi
JD.
28/7/2012. Regista: Larry Charles. Sceneggiatura: Larry
Charles. Sceneggiatura: Sacha Baron Cohen, Alec Berg, David Mandel, Jeff
Schaffer. Interpreti: Sacha Baron Cohen, Anna Faris, Ben Kinsgley, John C. Reilly,
Megan Fox. 83 min. USA. 2012. Adulti. (XD)
L'attore britannico Sacha Baron Cohen ripete la formula
dei suoi film precedenti (Borat, Bruno).
L'idea può risultare gradevole (un dittatore di paccottiglia che arriva a New
York in visita ufficiale). Alcune gag spiritose però non giustificano l’istrionismi
di un comico che, dentro e fuori dallo schermo, utilizza un umorismo così rozzo,
da diventare ripugnante. Ana Sánchez de
la Nieta. ACEPRENSA.
30/6/2012. Regista: Rupert Sanders. Sceneggiatura: Evan Daugherty, John Lee
Hancock, Hossein Amini. Interpreti: Charlize Theron, Kristen Stewart, Chris
Hemsworth, Sam Claflin, Bob Hoskins. 127 min. USA. 2012. Giovani. (V)
Nelle sale dal 11 luglio.
Recentemente abbiamo visto nei cinema il film Biancaneve diretto da l'indiano Tarsem
Singh. Divertente, tenero, fiducioso, molto colorato, per ogni tipo di pubblico.
È interessante notare il tono wagneriano (tragico, scuro,
senza umorismo -c’è né un po’, ma non molto, con i nani-) di questa versione di
Biancaneve. Un modo furbo per andare alla ricerca di un pubblico adolescente e
adulto, offrendo un racconto di azione con battaglie e molto drammatico. Il
personaggio del cacciatore al centro della storia è una buona invenzione e il
modo di muovere il principe sulla scacchiera è geniale.
Il film ha avuto molta pre-produzione, e il lavoro previo
si vede. Chi ha acquistato la sceneggiatura è stato Joe Roth, ex presidente
della Fox e Disney, che prima di lasciare Disney ha prodotto il film altamente
redditizio Alice nel paese delle
meraviglie, di Tim Burton. Evan Daugherty ha scritto questa versione della
storia pubblicata dai fratelli Grimm 200 anni fa mentre studiava cinema alla
Tisch School dell'Università di New York. Nel 2008 già stava facendo girare lo
script per i mercati per vedere se riusciva a piazzarlo.
Quando finalmente ci è riuscito, Roth deve avere avuto dei
dubbi, e probabilmente preoccupato per la concorrenza del film di Tarsem Singh,
ha ingaggiato due esperti sceneggiatori, John Lee Hancock (A Perfect World, Mezzanotte
nel giardino del bene e del male, The
Blind Side, The Rookie) e Hossein
Amini (Drive, Jude, Le Ali della Colomba).
Con il libretto decisamente adulto in suo possesso, Roth
ha collaborato con Sam Mercer, il produttore abituale di Shyamalan; una
decisione che, una volta visto il film, è abbastanza comprensibile perché il
tono ricorda la solennità di film come The
Forest and The Lady in the Water,
anche queste racconti adulti. Hanno assunto un direttore di pubblicità di
videogiochi e prodotti alla moda, Rupert Sanders, che così debutta nel
lungometraggio.
Sanders filma bene, ma tende al breve periodo e fatica a
trovare il ritmo. Pertanto, le vecchie volpi Roth e Mercer gli hanno messo
accanto un veterano con grande esperienza, il montatore Conrad Buff (Titanic, True Lies,I tredici giorni).
Il risultato è degno. Il film è divertente e spettacolare, con un design
brillante di produzione e gli effetti visivi di buon livello. In una certa
misura, la trama sorprende, con una buona gestione del triangolo
cacciatori-principe-Biancaneve.
Il casting è interessante: riunisce Theron con Stewart e
mette in mezzo il belloccio Hemsworth come rude cacciatore, in stile Russell
Crowe (magari...): fa un buon lavoro, perché gli lasciano un certo spazio per
essere un attore e non solo un ragazzo palestrato, con i denti buoni. Di Charlize
Theron non diremo molto, semplicemente che è un'attrice fenomenale, e la grande
Colleen Atwood lo sa e la veste con molta cura.
La questione della crepuscolare Kristen Stewart è
abbastanza chiara. Si tratta, oggi come oggi, di un'attrice mediocre: se deve
dire più di due frasi, si nota che non ha la voce educata, né la dizione, né il
tono o l’intensità (il discorso prima della battaglia è da nascondersi sotto la
poltrona). Certamente, doppiata migliora. Inoltre, non si muove bene, non ha
presenza, non sa guardare, non è brava nelle repliche .... Ma è interessante
vederla per capire il fenomeno della costruzione dell’attrice con gancio: si
capisce che appassioni gli adolescenti
con l'aria di ragazza normale, determinata, forte, coraggiosa, goffa, dolce.
Penso ancora che la cosa migliore che ha fatto questa giovane attrice di 22
anni è stato Panic Room, dieci anni
fa. Certo, allora aveva accanto Jodie Foster ...
I 127 minuti si seguono bene (è meritorio, chiaramente ne avanzano
20 o 30, meramente di transizione), perché lo spettacolo sul grande schermo è
potente. Siamo in estate, nelle sale c’è l’aria condizionata, e la musica di
James Newton Howard suona alla grande, come al solito. Alberto Fijo. ACEPRENSA.
30/6/2012. Regia: Emilio Estévez. Sceneggiatura: Emilio
Estévez. Interpreti: Martin Sheen, Emilio Estévez, Ángela Molina, Deborah Kara
Unger, James Nesbitt. 120 min. USA, Spagna. 2010. Giovani. (D)
Tom è un maturo oculista vedovo, che vive negli Stati
Uniti, felice nel suo piccolo mondo in cui il massimo incentivo che offre sono le
partite di golf. Invece, suo figlio vuole vedere il mondo, e precisamente nel
viaggio per fare il Cammino per Santiago muore in un incidente. Tom deve
assumere l’ingrato compito di fare un viaggio in Francia per prendere in
consegna il cadavere. Ma una volta lì, decide di prendere la staffetta dal
figlio, e insieme con le sue ceneri percorrere la strada fino a Santiago. Ci
saranno diverse settimane dove lui soffrirà una trasformazione: il suo è un
viaggio non solo fisico ma anche interiore, arricchito dal contatto con altre
persone che hanno le loro ragioni per fare il pellegrinaggio a Santiago de
Compostela.
Piacevole film di Emilio Estévez, con il padre
interpretato da Martin Sheen. Non ha la complessità e la ricchezza di Bobby, anche se condivide con questo la presentazione
di una ampia galleria di personaggi, descritti con tratti che li umanizzano. Non
sono perfetti, ma tutti desiderano ardentemente la pace interiore e la
felicità, le cercano non sanno dove, né come, e il loro pellegrinaggio è il modo
per incanalare questi buoni desideri.
Del film si apprezzano la mancanza di pretensione e il fatto
che riesca a trasmettere l’esperienza unica del Cammino de Santiago: vari
motivi personali, tra cui, naturalmente, quelli spirituali e il cameratismo che
si sviluppa tra quelli che si conoscono per questa occasione. Il cast è superbo,
con alcuni intensi momenti drammatici, soprattutto del personaggio di Deborah
Kara Unger. C’è una buona selezione di canzoni, ma qualche volta si può avere
la sensazione che si tratti di un filmato promozionale del Cammino nel aspetto
turistico (la Regione di Galizia ha aiutato nel finanziamento), e questo può
appesantire il film, distraendo inutilmente. José María Aresté. ACEPRENSA.
30/6/2012. Regista: Cameron
Crowe. Sceneggiatura: Aline Brosh McKenna, Cameron Crowe, Benjamin Mee. Interpreti: Matt Damon, Scarlett
Johansson, Thomas Haden Church, Elle Fanning, Maggie Elizabeth Jones. USA. 2011. 124 min. Tutti.
Benjamin Mee, avventuroso giornalista, ha due bambini ed è
vedovo da poco. Gli si presenta la possibilità di cambiare casa. Ma quella che gli
piace ha un piccolo problema: dentro c’è uno zoo chiuso al pubblico e sull'orlo
del fallimento.
Cameron Crowe è un regista debole, anche nel suo miglior
film, l’interessante Almost Famous.
L'adattamento di un romanzo autobiografico l’ha fatto lui stesso con l'aiuto di
Aline Brosh McKenna (Il diavolo veste
Prada, Temptation in Manhattan) e
il risultato è accettabile, anche se l'impressione è che la storia si sarebbe
potuta raccontare meglio e in meno tempo.
Matt Damon fa un gran lavoro. È un attore così buono che
può passare come un assassino, come un avvocato, come poliziotto, come vedente tormentato e
come un papà molto bravo che si preoccupa per i propri figli, e vuole renderli
felici. Accanto a lei, Scarlett Johansson ricopre un ruolo relativamente
normale, in attesa di tornare a mostrarci che la grande attrice che porta
dentro (La ragazza con l’orecchino di
perla) può risalire in superficie, scegliendo buoni progetti. Ingenuo,
semplicistico, sciropposo, La mia vita è uno zoo è un eccellente
film per famiglie, con una grande fotografia di Rodrigo García (Babel). La bambina piccola è molto
divertente, almeno nella versione originale. Alberto Fijo. ACEPRENSA
30/6/2012.
Regista: Simon Curtis. Sceneggiatura: Adrian Hodge. Interpreti: Michelle
Williams, Kenneth Branagh, Eddie Redmayne, Judi Dench, Emma Watson. 99 min. USA,
GB. 2011. Giovani-Adulti. (S, D)
Marilyn è
proprio questo: la storia di un giovane assistente di produzione che ha
accompagnato la celebre attrice durante le riprese di un film e che poi
pubblicò i suoi ricordi in un libro.
Che nessuno cerchi in questo film -delizioso, a volte-, un
biopic o uno studio sulla complessa
personalità della fidanzata d'America.
Il film è costruito su un aneddoto e tutto reca il timbro della leggerezza. Il
film racconta molte cose, ma restando in superficie, senza entrare realmente in
nessuna.
Parla del vuoto vitale di una stella che vuole solo essere
una buona attrice ... o forse meglio una buona madre; dell abbaglio di un
giovane quando si sente oggetto di attenzione; degli sforzi di un buon attore
per raggiungere la fama; del sereno realismo di una attrice veterana
consapevole dei pericoli che può costituire una bionda esuberante... Tutto
questo nella cornice di una Hollywood che era, più che mai, una fabbrica dei
sogni ... e un soppalco di giocattoli rotti. E così, alla fine, quello che il film
mostra -dietro le quinte e senza discorsi magniloquenti-, è questo filo
misterioso che tesse la vita con i sogni e come l’importante è riuscire nella
vita, anche se non ti applaudono sul palcoscenico.
Per portare avanti questa leggera funzione era necessario
un cast consistente. E c'è. Michelle Williams ricama il suo ruolo, supportato
da una caratterizzazione incredibile, Judie Dench è un valore sicuro, Emma
Watson conferma che c'è vita dopo Hermione, e Kenneth Branagh ... in breve, è
Laurence Olivier: con questo è detto tutto. Ana Sanchez de la Nieta. ACEPRENSA.
Pubblico: Giovani-Adulti. Contenuti: S, D (ACEPRENSA)
30/6/2012.
Regista: Valérie Donzelli. Sceneggiatura: Valérie Donzelli, Jérémie
Elkaïm. Interpreti: Valérie Donzelli, Jérémie Elkaïm, César Desseix, Gabriel
Elkaïm, Elina Löwensohn. 100 min. Francia. 2011. Adulti. (X)
Ad una festa - dove altro?-, Romeo incontra Giulietta, si
innamorano e vanno a vivere insieme. Con entusiasmo montano l’appartamento, poi
ricevono il bambino con gioia. Ma presto ci sono problemi: il piccolo li
tirannizza, complica loro la vita, prima piange, poi vomita, poi gli scoprono
un tumore maligno al cervello. Improvvisamente questa sofferenza cambia tutto:
è la guerra contro la malattia, la morte e la depressione. Romeo e Giulietta si
scoprono di più e meglio, si vogliono bene più e meglio attraverso la
sofferenza e la lotta per suo figlio, e lasciano assolutamente tutto per lui.
L'allestimento, semplice ma pieno di forza e fatto di
piccole cose cariche di tensione drammatica, conta con la voce in off di un narratore che ti aiuta a
capire cosa sta succedendo e dà alla storia il tono di una favola.
L'interpretazione della coppia principale è molto indovinata per la sua
semplicità. Bisogna segnalare che i protagonisti sono una coppia di fatto e
hanno un bambino, cioè interpretano loro stessi, e hanno scritto la sceneggiatura.
E messi al lavoro, toccano una manciata di questioni importanti: il senso della
vita e della sofferenza, approfondire nell’amore, le cose che contano, quelle che
durano ...
A differenza di altri film su bambini affetti da cancro
che abbiamo visto negli ultimi anni, ci si concentra sui genitori, non sui
piccoli, e quindi è molto più duro rispetto agli altri. Vediamo soffrire i
genitori e lo spettatore è un membro in più della famiglia, condividendo con
loro il problema. Un film intelligente, suggerente, interessante, duro. Molto
francese. Fernando Gil-Delgado.
ACEPRENSA.
26/5/2012. Regista: Barry Sonnenfeld. Sceneggiatura: Ed
Salomon. Interpreti: Tommy Lee Jones, Will Smith, Linda Fiorentino, Vincent
D'Onofrio. 100 min. USA. 2012. Giovani.
Barry Sonnenfeld (La famiglia Addams, Get Shorty), continua sul filone della commedia. Parte di un
fumetto Marvel, di Lowell Cunningham, e approfittando della moda extraterrestre
favorita da X-Files, tesse una
parodia efficace, con momenti molto divertenti. Si possono aprezzare punti di
connessione con Mars Attacks! di Tim Burton, ma Men in Black è più politically
correct, meno trasgressivo.
Un corpo speciale
ultrasegreto –MIB, Gli Uomini in Nero- regola il soggiorno nella Terra delle
creature provenienti da altri pianeti, secondo lo schema di una sofisticata dogana
intergalattica, il che garantisce che i terrestri vivano nella pacifica ignoranza
della loro presenza. L'arrivo clandestino di un bellicoso alieno mette però in
pericolo la Terra.
Il film basa la sua
efficacia sulla coppia di attori Tommy Lee Jones e Will Smith, dove contrasta
bene la serietà imperturbabile del primo con la spontaneità del secondo. Ci
situazioni memorabili, come l'esame di ammissione di Smith nel MIB e
l'apprendimento successivo. Solo di tanto in tanto il film scade nella battuta
un pó rozza. Il film, prodotto da Steven Spielberg, ha alcuni formidabili
effetti speciali della ILM e una curata direzione artistica di Bo Welch, in
particolare quelli della sede centrale del MIB. José María Aresté. ACEPRENSA.