Midnigth in Paris

17/12/2011. Regista: Woody Allen. Sceneggiatura: Woody Allen. Interpreti: Rachel McAdams, Michael Sheen, Marion Cotillard, Owen Wilson, Kathy Bates, Alison Pill, Adrien Brody, Tom Hiddleston, Carla Bruni. 100 min. USA, Spagna. 2011. Giovani (S, F).

Gil e Inez sono due fidanzati che, prima dell’imminente matrimonio, trascorrono qualche giorno di turismo nella capitale dell’amore, Parigi. Lui è uno sceneggiatore di successo a Hollywood, ma la sua ambizione è diventare un grande scrittore di romanzi. Una notte che decide di tornare in hotel da solo, si perde per le strade parigine. Mentre suonano i rintocchi della mezzanotte, una vecchia carrozza passa al suo fianco e gli occupanti lo invitano a salire. È improvvisamente immerso in una festa ... a Parigi negli anni '20! Non solo, ma ha l'onore di incontrare scrittori e artisti dell’epoca che ammira tanto: Francis Scott Fitzgerald e sua moglie Zelda, Ernest Hemingway, Pablo Picasso, Salvador Dalì, Luis Buñuel ... Ed è particolarmente affascinato da una ragazza “flapper” –così venivano chiamate un tipo di ragazze disinvolte negli anni 20-, che lo fa dubitare del suo amore per Inez.

 

 Un originalissimo film di Woody Allen, con un ottimo punto di partenza dal quale sa spremere tutto il succo. Il personaggio di Gil, interpretato da Owen Wilson, è naturalmente un "alter ego" del regista, il tipico personaggio che lui avrebbe potuto interpretare in un'altra epoca, ma l'attore ha saputo farlo suo, rendendoli l'aura romantica desiderata. È interessante la considerazione dell’espressione artistica come un modo per esorcizzare la nostalgia della bellezza, di un'età dell'oro della quale si ha nostalgia, e che idealmente, alcuni collocano nel passato. Una dichiarazione di principi di Allen, che avverte del pericolo di cadere nell’ “esaltazione dei bei tempi andati”, ma che è anche un fuoco di sbarramento per coloro che credono solo nel futuro e nel progresso, che sarebbero sempre migliori.

L'artificio fantastico, con una risorsa di mezzanotte tipo “Cenerentola”, richiama chiaramente La rosa purpurea del Cairo. Ma il grande merito di Allen è di farci accettare la magia inaspettata, e che in quel mondo alternativo sappia definire con pochi tratti una grande galleria di artisti, muovendosi tra l’omaggio e lo scherzo, manovrando con assoluta padronanza certi luoghi comuni.

Anche se parla dei suoi temi ricorrenti, l'amore che non si finisce di trovare pienamente, o l'arte come un modo per riempire il vuoto esistenziale, il tono di Allen è più leggero che in altre occasioni: ha chiaramente scelto di offrirci un “divertimento”, dove c'è spazio per raggiungere una certa felicità. Allen è indovinato con il cast, in cui ci sono volti nuovi che non avevano mai lavorato con lui, come il citato Wilson, Rachel McAdams, Michael Sheen, la tanto pubblicizzata Carla Bruni –la moglie di Sarkozy che interpreta bene un ruolo minore-, e la formidabile Marion Cotillard, oltre ad Adrien Brody e Kathy Bates (che fece con lui tempo fa, Ombre e Nebbia).

Naturalmente, Parigi è molto presente in tutto il film. Si inizia con una sorta di ouverture jazz, con numerose immagini di tutta Parigi, che potrebbero far temere che Allen sia caduto nella tentazione di girare uno spot turistico. Ma non è così: Darius Khondji (autore della fotografia) gioca infatti sui contrasti con il resto delle potenti immagini che offre della capitale francese. DECINE21. Pubblico: Giovani. Contenuti: S, F (Almudí)

Il gatto con gli stivali 3D

17/12/2011. Regista: Chris Miller. Sceneggiatura: Brian Lynch, David H. Steinberg, Tom Wheeler, Jon Zack. Voci originali: Antonio Banderas, Salma Hayek, Zach Galifianakis. Animazione. 90 min. USA. 2011. Tutti.

I cantastorie sanno che le storie esistono in tante versioni quanti sono i narratori. Soltanto viene chiesto loro di essere fedeli all'idea originale, in questo caso, al divertente personaggio secondario che è apparso qualche anno fa con Shrek, un personaggio con tanta forza e personalità che si è guadagnato un film per se stesso, più o meno quello che quasi tre secoli fa ha fatto con lui Charles Perrault. Infatti, nonostante il suo tono leggero, come si addice ai racconti classici, ha anche una morale sul valore dell'amicizia, dell'onore e dell'onestà.

 

Come nelle occasioni precedenti, perché la squadra degli sceneggiatori e il regista hanno lavorato insieme nelle avventure di Shrek e di Hop, appaiono elementi di diverse storie popolari, ma la trama del Gatto con gli stivali è originale, costruita con disinvolto nonsense e piena di azione e di humour. È particolarmente riuscita la partenza e la caratterizzazione dei protagonisti; lo sviluppo è un enorme carosello dove accadono tante cose e si ingarbugliano in tal modo, che alla fine i realizzatori devono dare spiegazioni a colpi di discorsi e la storia perde credibilità.

La performance è impeccabile e il 3D, anche se non necessario, fa ancora più bello un film che piacerà ai bambini. Fernando Gil-Delgado. ACEPRENSA. Pubblico: Tutti. Contenuti: --- (ACEPRENSA)

Arthur e la guerra dei Due Mondi


17/12/2011. Regista: Luc Besson. Sceneggiatura: Luc Besson, Céline Garcia. Interpreti: Freddie Highmore, Mia Farrow, Robert Stanton, Penny Balfour, Ron Crawford, Mike Powers. 101 min. Francia. 2011. Tutti.


L'ultima puntata della serie di Arthur, del potente e intraprendente regista e produttore francese Luc Besson, è la migliore di tutte. Coloro che hanno visto le due precedenti sano perfettamente chi è chi. Il maligno Maltazard è in procinto di conquistare il mondo, e Arthur si predispone a fermarlo. Besson ha deciso, giustamente, che l'azione si svolga quasi esclusivamente nel mondo umano. Ci sono diverse scene di antologia e un livello medio abbastanza buono. Questo terzo capitolo è una buona conclusione di una trilogia che non è stata così fortunata come i produttori si aspettavano. Fernando Gil-Delgado. ACEPRENSA.

Pubblico: Tutti. Contenuti: --- (ACEPRENSA)

Il figlio di Babbo Natale

17/12/2011. Regista: Sarah Smith. Sceneggiatura: Sarah Smith, Peter Baynham. Animazione. 97 min. GB, USA. 2011. Tutti.

Questa divertente e tenera storia di Babbo Natale è stato prodotto da Aardman, la società britannica responsabile della serie Wallace & Gromit, vincitore di due Oscar per il cortometraggio animato.


Nel 2000, Aardman ha avuto successo con Chicken Run (Galline in fuga), ma non è riuscito nel 2006 con Giù per il tubo, un film noioso. In questo nuovo film, prodotto in associazione con una nuova major, Sony, recupera il buon livello. La famiglia di Claus è da molto tempo al servizio di San Nicola per distribuire doni ai bambini. Le nuove tecnologie sono arrivate e aiutano nel lavoro di Babbo Natale e le sue legioni di elfi. Ma c'è un problema in una spedizione.

Diretto dall’esordiente Sarah Smith, che ha scritto la sceneggiatura insieme a Peter Baynham, il film è spiritoso e divertente, più pensata per oltre i 12 anni che per i bambini piccoli, ma diciamolo con chiarezza, non rovina l'illusione dei bambini rispetto al segreto dei doni. I personaggi sono ben definiti e l'azione si svolge con coerenza e spettacolarità, con un tono tenero e affettuoso.

Vale però la pena notare che, fatta eccezione per la breve apparizione di una chiesa accanto alla casa della ragazza che è rimasta senza regalo, non si parla minimamente della nascita di Gesù Cristo, e in nessun momento ci sono riferimenti al cristianesimo. Il che è veramente surreale. Alberto Fijo. ACEPRENSA. Pubblico: Tutti. Contenuti: --- (ACEPRENSA)

The Artist

17/12/2011. Regista: Michel Hazanavicius. Sceneggiatura: Michel Hazanavicius. Interpreti: Jean Dujardin, Bérénice Bejo, John Goodman, James Cromwell, Penelope Ann Miller, Missi Pyle. 100 min. Francia. 2011. Giovani.

Hollywood, 1927. George Valentin è una grande stella del cinema muto, il che non impedisce un matrimonio infelice. Incontra Peppy Miller, giovane con desideri di trionfare nel grande schermo, e la aiuta. L'arrivo del suono nei film supporrà il declino di Valentin, mentre Miller raggiunge la vetta del successo.

 

Pellicola sorprendente e geniale del regista francese Michel Hazanavicius, che fa la scelta radicale di girare un film muto alla vecchia maniera, con formato 4:3 dello schermo, cartelli, accompagnamento orchestrale, gesti esagerati degli attori ... Anche con il montaggio in parallelo o le angolazioni allo stile espressionista. 

Hazanavicius non si limita a fare sì che il pubblico moderno riscopra qualcosa di “antico”, ma gioca a mostrare ciò che è stato lasciato indietro dal progresso tecnologico, e di come l'introduzione del suono ha lasciato fuori molti attori, idea già presente in classici come Cantando sotto la pioggia e Viale del tramonto, che sono sottilmente citati. Per questo si ritrovano risorse geniali, come quando un suono nasce inaspettatamente, o un rumore è espresso da un cartello.

Il film, che sa di capolavoro sin dall’inizio, è un racconto morale, un feuilleton con spazio per le risate, le lacrime e l’amore, che frustra l’orgoglio e loda l'amore disinteressato. Hazanavicius ha utilizzato un casting perfetto, gli attori sembrano dell’epoca. Berenice Bejo è di una bellezza e bontà accattivante e Jean Dujardin presenta tutte le sfumature di colui che cade dal posto più alto. José María Aresté. ACEPRENSA. Pubblico: Giovani. (ACEPRENSA)

Happy Feet 2

17/12/2011. Regista: George Miller. Sceneggiatura: George Miller, Gary Eck, Warren Coleman, Paul Livingston. Animazione. 100 min. Australia. 2011. Tutti.

 

Il sequel di Happy Feet è un monumento alla pigrizia. Si sono limitati a copiare la storia e includere il formato 3D. Danze, canti e poco altro. Uno script pietoso, con gamberetti che non si è sicuri cosa c’entrano e un conflitto principale che rivela una preoccupante mancanza di immaginazione. L'opposto di Il figlio di Babbo Natale, una produzione Aardman (Wallace&Gromit), che però gioca in un altro campionato. Fernando Gil-Delgado. ACEPRENSA. Pubblico: Tutti. Contenuti: --- (ACEPRENSA)

Real Steel

17/12/2011. Regista: Shawn Levy. Sceneggiatura: John Gatins. Interpreti: Hugh Jackman, Dakota Goyo, Evangeline Lilly, Anthony Mackie. 127 min. USA, India. 2011. Giovani

 

Il direttore di Una notte al museo, sotto la tutela di Spielberg e Zemeckis, adatta un racconto di Robert Matheson sulle avventure di un vecchio robot sparring di pugili. Appena si riconosce la storia originale: c'è una storia per i giovani, di un pugile adulto che scopre suo figlio –nella linea di Campione-, e un'altra dell’umile che affronta il potente – quella di Rocky-. Realizzazione efficace, con effetti impressionanti e un robot e un bambino che risultano simpatici. Il film ha un protagonista fastidiosamente insignificante. Un altro errore di Hugh Jackman. Fernando Gil-Delgado. ACEPRENSA. Pubblico: Giovani. (ACEPRENSA)

Le avventure di Tintin. Il segreto dell'unicorno

26/11/2011. Regista: Steven Spielberg. Sceneggiatura: Steven Moffat, Edgar Wright, Joe Cornish. Interpreti: Jamie Bell, Daniel Craig, Andy Serkis, Simon Pegg, Nick Frost. 107 min. USA. 2011. Tutti.

Arriva sugli schermi il tanto atteso film di Steven Spielberg, interamente girato in animazione motion capture e 3D stereoscopico. In esso, Spielberg, con Peter Jackson come co-produttore, adatta tre dei 24 album di Tintin, il giovane giornalista dei fumetti, curioso e avventuriero, creato nel 1929 da Hergé. Questi album sono stati tradotti in 80 lingue e hanno venduto più di 350 milioni di copie in tutto il mondo.

 

In particolare, il film di Spielberg incorpora elementi di Il granchio d’oro (1940-1941), Il segreto dell’unicorno (1942-1943) e Il tesoro di Rackham il Rosso (1943). La cosa migliore del film è la libertà creativa con la quale Spielberg affronta la ricreazione dell'universo immaginato da Hergé, pur rimanendo fedele allo spirito del fumetto originale. L'animazione continua a mostrare i limiti della motion capture partendo dalle precedenti interpretazioni di attori, soprattutto nel portamento degli animali come Milú e altri.

Ma allo stesso tempo, consente a Spielberg di spiegare un impressionante pianificazione, piena di riprese impossibili per l'immagine reale, nella quale resti abbagliato per le sue molte virtù come narratore di storie, e per il curatissimo lavoro del suo team nel disegno di personaggi e nello sviluppo degli sfondi semplicemente antologici. Questa eccellente tecnica si articola su una sceneggiatura frizzante, efficace sia nella trama, come nel dramma o la commedia, sviluppata a ritmo trepidante dal sensazionale montaggio di Michael Khan.

Da parte sua, il veterano John Williams risulta indovinato nella rischiosa partitura musicale, meno sinfonica e più minimalista del solito, e l’insieme diventa un grande film per tutti, con un po’ di violenza in alcune scene, che però riflette molto bene l’elogio della onestà professionale, della amicizia e del coraggio del popolare personaggio di Hergé, uno dei grandi dell’arte dei fumetti. Jerónimo José Martín. ACEPRENSA.

Pubblico: Tutti. (ACEPRENSA)

L'amore all'improvviso. Larry Crowne

26/11/2011. Regista: Tom Hanks. Sceneggiatura: Tom Hanks, Nia Vardalos. Interpreti: Tom Hanks, Julia Roberts, Wilmer Valderrama, Taraji P. Henson, Pam Grier. 99 min. Usa. 2011. Giovanni-adulti. (SD)

Larry, gentile personaggio di mezza età, dipendente in un grande magazzino, viene licenziato per non avere l'istruzione superiore. I suoi capi gli spiegano che senza istruzione non si può salire, e non hanno altra scelta che fare a meno di lui. Larry si iscrive al college, e con la sua bonomia e l'ingenuità come unico bagaglio, fa amicizie (un gruppo di simpatici giovani bikers), impara, e allo stesso tempo incontra una donna che assomiglia molto a Julia Roberts...

 

 Il secondo film diretto da Hanks –da ricordare The Wonders- ha molto a che fare con il primo: il protagonista e i suoi amici sono un po’ “retrò”, l’opportuno tema musicale con il quale inizia il film -Hold on Tight to Your Dream- è un classico di ELO; inoltre, Larry ha qualche cosa di Forrest Gump, è tutto candore e ingenuità. Il pubblico troverà una bella storia, piena di aneddoti divertenti, anche se poco credibili.

La sceneggiatura è minima, solo una serie di aneddoti -alcuni veramente buoni e ben raccontati-, intorno a dei personaggi, ma non c’è nessuna storia. Ci sono situazioni difficili che si presentano senza dramma, e ce ne sono altre –gradevoli- che vengo sottolineate. La gente è buona e reagisce bene se ha l’occasione di farlo: questo l’ingenuo messaggio principale. Ad esso se ne aggiunge un altro, così evidente che può passare inosservato: gli studi sono importanti e utili.

Non è un gran film, ma è una piacevole commedia romantica che segue il manuale e riunisce attori con charme. Fernando Gil-Delgado. ACEPRENSA.

Pubblico: Giovani-adulti. Contenuti: S, D (ACEPRENSA)

Anonymous

26/11/2011. Regista: Roland Emmerich. Sceneggiatura: John Orloff. Interpreti: Rhys Ifans, David Thewlis, Sebastian Armesto, Derek Jacobi, Vanessa Redgrave, Joely Richardson. 132 min. GB, Germania. 2011. Adulti. (XD).

Il rapporto di Shakespeare con il cinema è così abbondante e vasto come la storia del cinema stesso. Non solo sono stati filmati adattamenti dei sui lavori, ma sono stati fatti diversi esperimenti narrativi, dal Falstaff di Orson Welles a Riccardo III un uomo, un re di Al Pacino. Ma è sorprendente che lo faccia un regista come Roland Emmerich, specializzato in blockbuster apocalittici come The Day After Tomorrow, Independence Day e Godzilla.

 

 Quello che ci racconta è una finzione basata sull’ipotesi che William Shakespeare non sia il vero autore delle sue opere. Il vero drammaturgo sarebbe stato il conte di Oxford, che si nasconde dietro l'identità di un attore impresentabile, quasi analfabeta, di nome William Shakespeare, e che si presenta al mondo come l'autore di questi scritti altrui. Il film è interpretato da attori generalmente secondari, come Rhys Ifans, David Thewlis e Sebastian Armesto, eccetto colui che presenta il prologo e l’epilogo del film, Derek Jacobi, che interpreta se stesso, e la veterana Vanessa Redgrave, che incarna Elisabetta I ( sua figlia, Joely Richardson, interpreta la regina giovane).

In realtà, più che un biopic fittizio, Anonymous è più vicino al thriller, soprattutto nel secondo tempo, anche se non mancano elementi di dramma, di commedia, di affaire romantici e di ricostruzione storica. La direzione artistica è abbagliante, ed è qui che su piccola scala è evidente la mano di Emmerich, anche se lo scenografo, Sebastian T. Krawinkel, non è il solito del regista tedesco. Meno indovinato è il copione che, anche se ben legato, è estremamente complesso all'inizio, con flashback senza preavviso, e una danza di nomi e personaggi che si sostituiscono a vicenda troppo in fretta. Non per questo non è una buona sceneggiatura.

Molto più discutibile è il ritratto del personaggio del Conte di Oxford, che seppur attraente, risponde al luogo comune della ideologia pagana di Shakespeare, molto lontano dalle profondità metafisiche che rivelano le sue opere. È un peccato perché il personaggio che ha costruito lo sceneggiatore John Orloff è molto interessante e ricco di sfumature. Tale pregiudizio ideologico appare anche nel trattamento della religione, perchè i personaggi come più perfidi del film, Robert Cecil e suo padre, sono gli unici che si vedono pregare in diverse occasioni. È però vero che questi personaggi incarnano quel cristianesimo nemico di Roma, guidato –secondo il film- dalla cosidetta Regina vergine.

Il film, al di là di essere una provocazione per il mondo accademico e della letteratura, è un omaggio a Shakespeare, chiunque egli fosse, come l'uomo che ha saputo catturare l'anima di un'epoca e che ha saputo vedere i conflitti morali nascosti sotto i giochi di potere del suo tempo. Ma la filosofia della storia proposta da Emmerich, alla fine è pessimista, forse cinica e un po’ machiavellica. Il risultato è brillante, eccessivo nel suo metraggio, dispone di finali multipli, e senza dubbio rivela che Emmerich, oltre a dirigere blockbuster catastrofisti, è in grado di assicurare il successo di produzioni più “colte” per un pubblico meno giovane. Juan Orellana. ACEPRENSA.

 Pubblico: Adulti. Contenuti: X, D (ACEPRENSA)

The Twilight Saga: Breaking Down parte I

26/11/2011. Regista: Bill Condon. Sceneggiatura: Melissa Rosenberg. Intérpretes: Kristen Stewart, Robert Pattinson, Taylor Lautner, Dakota Fanning. 117 min. USA. 2011. Giovani-adulti. (X).

Per valutare gli aspetti cinematografici del quarto e penultimo film della saga di Twilight sono sufficienti un paio di righe. Non c'è niente che meriti di essere sottolineato. Le recitazioni sono scadenti. Gli effetti sono di cartapesta e i dialoghi sono imbarazzanti. Probabilmente si tratta del peggior film della serie, per la trama di basso livello. I primi quaranta minuti ruotano intorno alle nozze e alla consumazione del matrimonio, che è riassunto in una serie di cartoline erotico sensuali alternate a frasi di esaltazione del banale. Dopo la gravidanza di Bella c’è un po’ di trama e di tensione drammatica.


Detto questo, il fenomeno di Twilight ci invita a pensare. Il film riproduce pari pari il credo della autrice dei romanzi, Stephanie Meyers, mormone praticante, a cui credo si potrebbe dare l’etichetta di tradizionalista. Nel film, per esempio, non si parla di matrimonio fino alla morte, ma si dice testualmente che “per sempre è solo l'inizio”; i rapporti sessuali -così banalizzati in molti film attuali- si celebrano come un evento speciale riservato per un unica persona, si esalta il valore della famiglia, ed si è disposti a dare la vita –letteralmente- per qualsiasi membro di questa famiglia. Si arriva all’estremo di Bella decisa a morire per dare alla luce il suo bambino.

Qualcuno potrebbe concludere che l'accettazione di Twilight si deve semplicemente a che Robert Pattinson fa impazzire le ragazze adolescenti, che i giovani difendono il romanticismo esaltato perché è fittizio, ma che però non lo vogliono per la vita di tutti i giorni, o che tutto sia una operazione di marketing. Io preferisco continuare a pensare e a chiedermi se non sia mai che il bisogno di alti ideali, di eroi, di impegni eterni, di sforzi per affrontare le sfide, siano stampati nel nostro DNA e che noi più anziani lo abbiamo dimenticato.

Tanti sforzi per spingere i giovani verso la disinibizione sessuale e adesso viene fuori che vengono piuttosto attratti dai legami forti e dalla esclusività per sempre. Con questo non cerco di difendere un film al quale faccio delle critiche nel messaggio (l'immagine della donna è una di queste), e che dal punto di vista cinematografico sembra perfettamente prescindibile. Semplicemente, mi fa pensare la massiccia e infervorata legione dei suoi fans. Ana Sánchez de la Nieta. ACEPRENSA.

Pubblico: Giovani-adulti. Contenuti: X (ACEPRENSA)

The tree of life

8/10/2011. Regista: Terrence Malick. Sceneggiatura: Terrence Malick. Interpreti: Brad Pitt, Sean Penn, Jessica Chastain, Fiona Shaw, Irene Bedard, Hunter McCracken. 139 min. USA. 2011. Giovani. (V)

Il beato John Henry Newman disse che “per i cristiani, c'è poesia in ogni cosa”, proprio perché ovunque sanno trovare i volti amabili del Padre, di suo figlio Gesù Cristo e dello Spirito Santo. Sembra che Terrence Malick (Badlands, I giorni del cielo, La sottile linea rossa, The New World) abbia elevato questa frase a motto della sua quinta pellicola cinematografica, L'albero della vita, con cui ha guadagnato -per il momento- la Palma d’Oro a Cannes 2011 e il Premio della Critica Internazionale (FIPRESCI) 2011. In questo film, con forte accento autobiografico, l'introverso e poco prolifico regista texano, siro-libanese di origine (nato nel 1943, formatosi ad Harvard e Oxford, giornalista e docente universitario), spreme quasi tutte le possibilità narrative, poetiche, discorsive e anche mistiche del cinema come linguaggio, fino a raggiungere un'impressionante preghiera a Dio, fuori da qualsiasi schema, indimenticabile.



Così, Malick entra nel novero dei grandi sperimentatori della storia del cinema, come Tarkovskij, Dreyer, Bergman, Bresson, Kurosawa, Wenders, Kieslovski, ma con un formato ibrido, realistico e onirico al tempo stesso, che ricorda quello utilizzato da Stanley Kubrick in 2001, Odissea nello Spazio. In effetti, questo film è esaltato da una colonna sonora, di Alexandre Desplat, da antologia, con brani di Bach, Brahms, Mozart, Mahler, Schumann, Smetana, Respighi, Gorecki, Berlioz... Molti di questi, selezionati da Malick stesso, risultano tutti incastonati con maestria nella vigorosa progressione drammatica della trama.

Tra natura e grazia

Sovrasta il film una citazione biblica completa, dal libro di Giobbe, (38, 4-7): “Dov'eri tu quando io fondavo la terra? Dillo, se hai tanta intelligenza. Chi ne fissò le dimensioni, se lo sai, o chi tirò sopra di essa la corda da misurare? Su cosa furono poggiate le sue fondamenta, o chi ne pose la pietra angolare, quando le stelle del mattino cantavano tutte assieme e tutti i figli di Dio alzavano grida di gioia?” Poi diverse voci maschili recitano in off: “Madre ... padre... fratello ....” E questa specie di introito culmina quando si sente una voce femminile che stabilisce le due coordinate del film: “ci sono due percorsi che si possono seguire nella vita: quello della natura e quello della grazia”. La stessa voce avverte che “devi scegliere quale seguire”. E Malick spiega che la via della grazia non ha paura di produrre dispiaceri né rifugge dal sacrificio, mentre la via della natura tende all'autocompiacimento e all’auto-affermazione sugli altri. Fortunatamente, ci è stata data l'opportunità di tornare in qualsiasi momento, anche l’ultimo, sulla via della grazia.

In questi dilemmi, sottolineati dalla schiacciante sfida della sofferenza, si confronta negli anni 60-70 anni del secolo scorso una donna cattolica praticante di Waco (Texas), la signora O'Brien (Jessica Chastain). E grida a Dio con sincerità straziante, perché si sente incapace di superare la disperazione per la morte del più piccolo dei tre figli. “Ora è nelle mani di Dio”, la consola il marito, il signor O'Brien, anche lui cattolico (Brad Pitt). “Ma non è sempre stato nelle sue mani?” risponde lei, con sorprendente lucidità.

Un disagio simile a quello della signora O'Brien attanaglia ai nostri giorni il figlio maggiore, Jack (Sean Penn), un insoddisfatto dirigente di impresa di successo che, sentendosi vuoto, anela a ricongiungersi con le proprie radici e con Dio. Per far ciò, ricorda con Lui la sua infanzia e adolescenza, illuminate dalle felici scorribande con i fratelli R.L. e Steve, e oscurata dal proprio progressivo allontanamento dal padre, uomo integro, compassionevole e amichevole, ma volontarista: che tratta i figli con eccessivo rigore.

La creazione del mondo

Malick ferma allora queste due trame principali, -che poi sviluppa fino all’apoteosi finale- e illustra con immagini l’iniziale citazione del libro di Giobbe e le prime rivendicazioni dei rispettivi personaggi nei confronti della divina provvidenza. Per farlo, in venti minuti dispiega un’affascinante sinfonia visiva e uditiva, attraverso la quale immagina la creazione dell'universo da parte di Dio, dal Big Bang all'estinzione dei dinosauri, soffermandosi sul primo atto di compassione di una creatura verso un'altra. L'intero passaggio ipnotizza dall’esterno, mentre all'interno, mette in evidenza l'amore traboccante di Dio e l'unicità e trascendenza dell’essere umano, come signore e custode della creazione per disegno divino. E lo fa con un uso della musica e delle metafore naturaliste -la terra, l’acqua, il fuoco, le nuvole, i fiori...- che ricorda le narrazioni della creazione dei mondi paralleli immaginati da J.R.R. Tolkien, in Il Silmarillion o C.S. Lewis in Il nipote del mago.

Un capolavoro

Malick articola formalmente questi temi esistenziali e religiosi attraverso una sceneggiatura frammentata e sincopata, con pochissimi dialoghi rigorosi e un sacco di silenzi e pensieri in off, diretti alla propria coscienza e a Dio. Ed esprime l’uno e l'altro con una bellezza letteraria e una profondità morale che riesce a commuovere. In tal senso, va il nostro plauso alle ottime recitazioni, più espressive e gestuali, che verbali. Brad Pitt e Sean Penn sono perfetti, ma soprattutto spiccano il bambino esordiente Hunter McCracken (nei panni di Jack, preadolescente) e la californiana Jessica Chastain, che dimostra perché è diventata l’attrice di moda, dopo aver recitato da protagonista in questo film, nel notevole thriller di spionaggio Il debito e nella superba tragicommedia The Help.

Nel frattempo, la cinepresa di Malick -con l'accattivante fotografia di Emmanuel Lubezki- vola da un luogo all'altro, riuscendo a coinvolgere gradualmente lo spettatore nella propria audace proposta, dai grandi piani astratti della creazione dell'universo fino ai primi piani di dettaglio, di questo film manifestamente riuscito. E perfino momenti della vita quotidiana -apparentemente banali- producono emozioni e profondità, grazie ad una pianificazione narrativa molto accurata, che avvalora il piano drammatico di tutti gli elementi inquadrati.

Sguardo cattolico

Resta così un commovente inno alla vita e un vero capolavoro, sia per l'uso delle risorse filmiche, come per la coraggiosa immersione nella natura trascendente dell'essere umano. Ed alla fine si resta anche commossi. Un'immersione per nulla New Age e profondamente cristiana -cattolica concretamente-, che affronta alcuni dei profili più profondi e complessi dell'essere umano, come paternità e filiazione, grazia e peccato, fede e volontà, il senso purificante della sofferenza, la forza redentrice dell'amore... ed infine, il pentimento e il perdono come le più alte manifestazioni della libertà umana e della provvidenza divina.

In certo senso, protagonista di questo film è Dio stesso. Come diceva l'attrice francese Arielle Dombasle: "Dio è l’argomento più affascinante". Ed anche uno dei meno affrontati dal cinema, si potrebbe aggiungere. Questo film, però, lo affronta: eccome! Jerónimo José Martín. ACEPRENSA.

Pubblico: Giovani. (ACEPRENSA)

The Eagle

8/10/2011. Regista: Kevin Macdonald. Sceneggiatura: Jeremy Brock. Interpreti: Channing Tatum, Donald Sutherland, Jamie Bell, Mark Strong, Denis O’Hare. 120 min. GB, USA. 2011. Giovani.

Gran Bretagna, secondo secolo dopo Cristo. Un giovane soldato romano, Marcus Aquila, si appresta a recuperare il vessillo della Nona Legione, una testa di aquila dorata, per ripristinare l'onore della famiglia.



Kevin MacDonald ha dimostrato di essere un regista capace di affrontare generi molto diversi. Ha vinto un Oscar per il miglior documentario nel 2000, Life in a Day. Ha realizzato un biopic intenso e difficile con cui Forest Whitaker ha ottenuto l'Oscar di miglior attore (L'ultimo re di Scozia). Poi ha girato un interessante thriller, State of Play con Russell Crowe e Ben Affleck. Ora, adatta allo schermo un romanzo giovanile storico, L'aquila della nona legione, pubblicato da Rosemary Sutcliff nel 1954.

Girare un peplum nel XXI secolo è rischioso, soprattutto quando un film è al 100% maschile (nessun personaggio femminile) e con un'unica trama. Il film è costruito con pochi elementi: un conflitto epico semplice: la perdita dell'onore militare; due personaggi, un romano e il suo schiavo, e un lungo inseguimento. La cosa divertente è che, senza essere un film brillante, intrattiene. Alla fine, è una dimostrazione che epica e cinema costituiscono una buona accoppiata. Come nei suoi altri film, lo scozzese MacDonald si rivela dotato di buona sensibilità, nel ritmo narrativo. La messa in scena fa riferimento al cinema classico: è al servizio della la trama, senza fanfare e senza stridere. Il progetto di produzione e la caratterizzazione sono ben fatte. Channing Tatum difende bene il suo personaggio, ma è chiaro che è Jamie Bell a risultare l'attore migliore. Ana Sánchez de la Nieta. ACEPRENSA.

Pubblico: Giovani. (ACEPRENSA)

Lanterna verde

8/10/2011. Regista: Martin Campbell. Sceneggiatura: Greg Berlanti, Michael Goldenberg. Interpreti: Ryan Reynolds, Blake Lively, Peter Sarsgaard, Mark Strong, Tim Robbins, Angela Bassett. 105 min. USA. 2011. Giovani. (V)

Le Lanterne Verdi sono come i cavalieri Jedi, poliziotti siderali dotati di grandi poteri. Ognuno indossa un anello che dà loro un'energia formidabile. La storia inizia con la comparsa di Parallax, strana e potente creatura, incarnazione del male, che sfida e sconfigge varie Lanterne Verdi e minaccia di distruggere l'equilibrio dell'universo. Una Lanterna Verde ferita, arriva sulla Terra e, quando muore, incarica il proprio anello di trovargli un sostituto. La scelta ricade su Hal Jordan, pilota collaudatore -frivolo e un po’ arrogante-, che sarà il primo essere umano a diventare Lanterna Verde.



Questo tentativo di trasporre un altro super-eroe dei fumetti su grande schermo -e in 3D- non aggiunge nulla di nuovo o di originale. Racconta la mitologia che c’è dietro la torcia e la tempra del protagonista, che deve assumere i propri limiti e usare responsabilmente il gran dono che ha ricevuto. Lanterna Verde è soprattutto un grande spettacolo di luci e suoni e, in misura minore, un racconto rivolto prevalentemente agli appassionati di fumetti, gli unici in grado di apprezzarne i dettagli. Lo spettatore non iniziato sarà travolto da una valanga di dati impossibili da ricordare, penserà che la storia di Hal è troppo semplicista, non si sentirà attratto dai personaggi -ad eccezione di Hector Hammond (Peter Sarsgaard)- e concluderà che l'intero film è privo di sostanza. Fernando Gil-Delgado. ACEPRENSA.

Pubblico: Giovani. Contenuti: V (ACEPRENSA)

La pelle che abito

8/10/2011. Regista: Pedro Almodóvar. Sceneggiatura: Pedro Almodóvar. Interpreti: Antonio Banderas, Elena Anaya, Marisa Paredes, Jan Cornet, Roberto Álamo. 117 min. Spagna. 2011. Adulti. (VXD)

Vera è una giovane donna, bloccata nel seminterrato di un palazzo. Il Dr. Robert Ledgard provvede a monitorarne ogni movimento, tramite una tv a circuito chiuso. Chirurgo plastico di fama, Robert ha sviluppato una tecnica transgenica per creare pelle artificiale, in ricordo della moglie, morta carbonizzata in un incidente stradale.

Primo approccio di Pedro Almodovar ai film fantasy? In realtà, l'unico genere che il regista della Mancia coltiva è l’almodovariano, diverso da qualsiasi altro: la sua è una saga, con tratti distintivi e unici. Quindi, dire che il film si ispira al romanzo Tarantula di Thierry Jonquet o rivisita il mito di Prometeo, non dice molto. Il problema di Almodóvar -per alcuni non lo è- emerge dalla sua vita chiusa in un mondo di sentimenti esagerati, strazianti, ma epidermici. Non c’è profondità negli argomenti che tocca e che nasconde con trame contorte e lambiccate, pur rivelando talento nella messa in scena. Ma esagerando, il regista ci porta a situazioni impossibili e imbarazzanti, e gli attori devono stare al gioco.

Esageriamo a parlare di superficialità? Un personaggio si riferisce ai problemi di bioetica delle tecniche di Ledgard, ma appare troppo costruito. Certi comportamenti sono spiegati con un vago riferimento alla follia, contratta alla nascita. Un altro commette uno stupro, ma finiamo per simpatizzare con lo stesso, davanti alla vendetta orchestrata da uno degli offesi. La possibilità di cambiamento di sesso non aiuta a riflettere sull'identità sessuale. Come nel precedente film, Gli abbracci spezzati, Pedro Almodóvar si dispone a raccogliere idee, che abbiamo già visto altrove: personaggi trattenuti contro la loro volontà, trasformismi, morti traumatiche che inseguono dal passato, stupri... ciò che manca, tranne in un breve scena con Agustín Almodóvar, è il senso dell'umorismo: decisamente assente, a meno che un certo apparente umorismo casuale, sia in realtà voluto. José María Aresté. ACEPRENSA.

Pubblico: Adulti. Contenuti: V, X, D (ACEPRENSA)

Super 8

30/9/2011. Regista: J.J. Abrams. Sceneggiatura: J.J. Abrams. Interpreti: Elle Fanning, Noah Emmerich, Amanda Michalka, Kyle Chandler, Ron Eldard. 112 min. USA. 2011. Giovani. (V)

Durante un'estate degli anni Settanta in una cittadina dell'Ohio, alcuni ragazzi dodicenni, guidati da Joe Lamb e Charles, girano un film di zombie in super 8. Stanno per filmare la scena principale durante la notte, in una vecchia stazione ferroviaria. Alice, compagna di liceo, con qualche anno in più rispetto a loro, interpreta il ruolo di protagonista femminile e li porta alla stazione con la macchina del padre. Quando iniziano le riprese sono testimoni di un terribile incidente. Il giorno dopo, l'esercito si impadronisce della città e cominciano ad accadere cose strane.



Super 8, con le sue notti pieni di mistero, i ragazzi in giro in bicicletta per la città, le torce, i prodigi… evoca i primi film di Spielberg -ET, Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo-, che è anche il produttore di questo film; e di Stand by me, di Rob Reiner, che pure vi partecipa. Tuttavia, è un film originale di J.J. Abrams, anche se partecipa -con una certa nostalgia- dello stile classico: umorismo, azione, romanticismo, avventura...

Il film racconta in realtà due storie. La prima, a mio parere la migliore, riguarda i giovani protagonisti: la loro amicizia e i loro problemi. Joe Lamb ha perso la madre e né lui, né il padre, riescono a riprendersi dal colpo; Joe e Charlie sono innamorati di Alice, che non è la sola ad incontrare difficoltà nel rapporto con il padre... La seconda storia è una avventura fantascientifica realizzata per soddisfare le aspettative del pubblico moderno. Abrams non ha fretta di dispiegare effetti speciali, ma gioca efficacemente sul clima di suspense, coinvolgendo le capacità allusive e l'intelligenza dello spettatore, fino a portarlo alla confluenza della storia dei ragazzi con quella dei grandi. I soldati compaiono sulla scena dell’incidente: è facile indovinare che vogliano nascondere qualcosa. Nessuno sa cosa stia succedendo, ma i ragazzi hanno visto qualcosa. Inoltre, c'è il contenitore con la pellicola in super 8, tutta ancora da sviluppare. La fusione delle due storie non riesce in modo perfetto. Dopo la prima ora, la sceneggiatura introduce elementi un po’ forzati. Tuttavia, Super 8 è un film delizioso, pieno di nostalgia, con personaggi affascinanti. Fernando Gil-Delgado. ACEPRENSA.

Pubblico: Giovani. Contenuti: V (ACEPRENSA)

Le amiche della sposa

30/9/2011. Regista: Paul Feig. Sceneggiatura: Kristen Wiig, Annie Mumolo. Interpreti: Kristen Wiig, Maya Rudolph, Rose Byrne, Jill Clayburgh, Chris O’Dowd, Ellie Kemper, Melissa McCarthy. 125 min. USA. 2011. Adulti. (XD)

Kristen Wiig, co-sceneggiatrice di questa storia, interpreta Annie, una donna bella, ma instabile e di cattivo carattere. Quasi tutto le è andato storto nella vita: la piccola impresa è andata fallita, il ragazzo l’ha piantata. Ora sopravvive -malandata- in una stanza affittatale da una strana coppia britannica. Ha un lavoro grigio, che non le piace, mantiene rapporti sessuali con un ragazzo odioso. Il film inizia quando Lillian, la migliore amica, le annuncia l’imminente matrimonio. Naturalmente, Annie spera di essere la damigella d'onore e di organizzare il matrimonio, ma l’apparizione di Elena (Rose Byrne), una nuova amica di Lillian, perfetta da ogni punto di vista, rischia di ostacolare le sue attese.

Le amiche della sposa, prodotto da Judd Apatow, potrebbe essere la perfetta replica femminile di Una notte da leoni, e senza dubbio attinge parecchio al tema principale, in cui un gruppo di donne organizza una festa di addio al nubilato, con abbondanza di commenti salaci, provocando situazioni imbarazzanti. Ma insieme a tutto questo, c'è un'interessante storia: il mondo di Annie e la sua insicurezza emotiva, la sua incapacità di essere generosa nell'amicizia, per superare la meschinità di carattere ed scoprire le opportunità che si presentano.

Nonostante i rinvii a Sex and the City siano evidenti (quattro amiche che in realtà sono "archetipi" di donne potenziali) e sottraggano originalità al film, la storia coinvolge ed i personaggi suscitano interesse. Alcune gag sono grandiose e Kristen Wiig realizza uno spettacolo che ricorda i migliori momenti di Lucille Ball. Fernando Gil-Delgado. ACEPRENSA.

Pubblico: Adulti. Contenuti: X, D (ACEPRENSA)

Niente da dichiarare?

30/9/2011. Regista: Dany Boon. Sceneggiatura: Dany Boon. Interpreti: Danny Boon, Benoît Poelvoorde, Karin Virad, François Damiens. 108 min. Francia. 2010. Giovani. (S)


Danny Boon ha già mostrato talento nel gestire la commedia di costume Giù al nord, film che ha battuto diversi record al botteghino e ha già visto una nuova versione mediterranea (Benvenuti al Sud). In Niente da dichiarare?, il regista continua sulla stessa linea: adesso racconta l'inimicizia tra francesi e belgi, in una città di confine che ha i giorni contati per l'arrivo dell'eurozona. La formula funziona, anche se si sente un certo logoramento; ci sono gag più riuscite ed altre meno. L'istrionismo di uno dei personaggi è un po’ noioso. Il risultato è un film divertente, ma senza troppe pretese. Ana Sánchez de la Nieta. ACEPRENSA.

Pubblico: Giovani. Contenuti: S (ACEPRENSA)

Il debito

30/9/2011. Regista: John Madden. Sceneggiatura: Matthew Vaughn, Jane Goldman, Peter Straughan. Interpreti: Helen Mirren, Sam Worthington, Jessica Chastain, Jesper Christensen, Marton Csokas. 114 min. USA. 2010. Giovani-adulti. (XD).

Negli anni Sessanta, tre agenti del Mossad si recano a Berlino per fermare il Chirurgo di Birkenau, ex-nazista accusato di sottoporre gli ebrei a esperimenti brutali e torture. Trent'anni dopo, i tre agenti sono ancora alle prese con quella missione. John Madden, candidato a vari Oscar per Shakespeare in Love, dirige questo thriller di spionaggio, che in realtà è un remake del film israeliano Ho-hav. Per adattarlo, Madden ha contato su tre sceneggiatori: Matthew Vaughn e Jane Goldman (che hanno firmato insieme i copioni di Stardust, Kick-Ass e X-Men: prima generazione), nonché Peter Straughan (L’uomo che fissa le capre e La talpa, altro film di spie, programmato in Italia per gennaio 2012). Questa versione si impone come film molto affidabile, che ricorda i grandi thriller degli anni Settanta.



Il primo merito del film è il tono. La pellicola si allontana dai sentieri battuti dai film d'azione, per entrare in una dimensione che attraversa il dramma psicologico, l'amore, la politica e il noir. A prima vista, può sembrare che ci siano troppe storie, ma il film passa da una storia ad un'altra con abilità. Madden gestisce bene anche i vari flashback, dal momento che l'azione si svolge in due epoche, a distanza di trent'anni l'una dall'altra. L'altro grande pregio è il cast. I temi abbordati dal film -la verità, la coscienza, il peso dell'inganno...- e il modo come risultano impostati sono quasi shakespeariani. Senza attori convincenti, il film non avrebbe retto. Per lo meno, rischiava di apparire poco credibile.

Per evitare tale rischio, Madden ha pensato bene di rivolgersi a due provetti attori del calibro di Mirren e Wilkinson, nel ruolo di due degli agenti, nel pieno della maturità. Nella versione in cui appaiono giovani (30 anni prima) sono ben caratterizzati da Jessica Chastain e Marton Csokas. Il terzo agente, Sam Whorthington è, senza dubbio, l’"anello debole" nel cast degli interpreti, ma siccome recita un ruolo di un uomo ferito e sofferente, finisce per non stridere più di tanto. Il film sembra basarsi sull'eccessiva pretesa di lasciar tutto chiaro allo spettatore, ripetendo scene e con qualche calo di ritmo, ma ha la stoffa del cinema classico: ben scritto, girato e interpretato. Ana Sánchez de la Nieta. ACEPRENSA.

Pubblico: Giovani-adulti. Contenuti: X, D (ACEPRENSA)

Harry Potter e i doni della morte - parte II

23/7/2011. Regista: David Yates. Sceneggiatura: Steve Kloves. Interpreti: Daniel Radcliffe, Emma Watson, Rupert Grint, Ralph Fiennes, Helena Bonham Carter. 130 min. GB, USA. 2011. Giovani. (V)

Eccoci alla fine di questa lunga saga di otto film, dove il giovane mago Harry Potter e i suoi amici Ron e Hermione hanno affrontato il male, incarnato da Voldemort. In quest'ultimo episodio vediamo chi vince e come. Qui le trame romantiche incontrano il loro epilogo, i personaggi ambigui rivelano il loro vero volto, e il passato torna ad offrirci letture inedite.



Come suggerisce il titolo, questo film è la seconda parte dell'ultimo libro, che in modo fin tropo sfrontato è stato girato solo per raddoppiare film e incassi. Se nel primo film la storia stentava, il ritmo era lento, vuoto, così da determinarne il fallimento, quest'ultimo, invece, è molto meglio. Specialmente nel finale, lascia tutti soddisfatti, come degna conclusione della serie. Ci racconta di come Harry e i suoi amici devono trovare gli horcrux che, una volta distrutti, determineranno la fine del potere di Voldemort.

Come si può immaginare, data l'età raggiunta dai protagonisti, questo non è più un film per bambini: la violenza si intensifica, il bilancio delle vittime è senza precedenti nella saga, i baci non sono più sulle guance. Il tutto, avvolto in una fotografia scura fino all'angoscia, e in un'atmosfera crepuscolare e fatiscente. Un epilogo, situato diciannove anni dopo da un respiro luminoso e infantile a questo film di guerra estrema tra il bene e il male.

In realtà, lo spettacolo, dal punto di vista estetico non apporta niente che non sia stato già sfruttato a iosa nei sette film precedenti. Gli effetti, atmosfere e riverberi digitali, che ci hanno stupito e affascinato -nelle prime consegne- non producono più l'emozione di allora, e neanche il 3D stereoscopico è in grado di proporre novità e interesse degni di nota. Ma il copione funziona, senza essere particolarmente brillante, e gli attori cooperano nel riuscito sforzo di spremere fino all'ultimo personaggi quasi esauriti.

I temi proposti dal film sono i soliti, ma trasposti fino al gran finale: il valore della lealtà nell'amicizia, il sacrificio per gli altri, la fedeltà al bene e alla verità... Ma forse la scena più interessante, che più si avvicina ad un'antropologia cristiana, è quando Harry, che tiene la bacchetta più potente del mondo tale da renderlo definitivamente invincibile, sceglie di rimanere vulnerabile: vale a dire, umano. La tentazione di un potere quasi divino, quella subita da Adamo in Paradiso, sembra qui riproporsi ad Harry. E la soluzione, identica a quella de Il Signore degli Anelli, parte dalla certezza che non è bene che l'uomo abbia poteri sovrumani. Bisogna dare all'uomo ciò che è dell'uomo; e a Dio ciò che è di Dio.

In breve, un buon film senza essere niente di speciale, molto divertente, con un emozionante finale; che propone valori universalmente condivisibili ed un'antropologia in cui il male da combattere non è solo fuori di noi, ma dentro ciascuno. Juan Orellana. ACEPRENSA.

Pubblico: Giovani. Contenuti: V (ACEPRENSA)

Cars 2

23/7/2011. Regista: John Lasseter, Brad Lewis. Sceneggiatura: John Lasseter, Brad Lewis, Dan Fogelman, Ben Queen. Colonna sonora: Michael Giacchino. Fotografia: Jeremy Lasky. Disegno di produzione: Harley Jessup. 106 min. USA. 2011. Animazione. Tutti.

Dopo aver vinto -per la quinta volta consecutiva- la Piston Cup, la stella delle corse, Saetta McQueen e il fedele amico, l’ingenuo veicolo auto-gru arrugginito, di nome Cricchetto, abbandonano di nuovo Radiator Springs per competere in Giappone, Italia, Francia e Inghilterra, nel primo Gran Premio Mondiale organizzato dall’imprenditore Sir Miles Axelrod, che sta promuovendo un bio-carburante ecologico chiamato Allinol. Ma le illusioni dei due amici si complicano quando Cricchetto viene coinvolto in una pericolosa trama di spionaggio internazionale.



Aiutato da Brad Lewis, quale co-regista, ritorna alla cinepresa John Lasseter, co-fondatore della Pixar 25 anni fa e suo attuale vice presidente creativo. Lasseter non si proponeva come regista dal 2006, quando debuttò in Cars, per molti il film più debole dello stabilimento di Emeryville, anche se tuttora uno dei più popolari tra i bambini. Il suo sequel, Cars 2, acuisce purtroppo difetti narrativi e carenze drammatiche del precedente, così da toccare il fondo tra i film della Pixar.

Non c’è niente da eccepire circa l’impressionante animazione di Cars 2, enormemente espressiva e molto spettacolare nelle numerose sequenze d'azione, molte delle quali coinvolgono centinaia di personaggi in scena. Meritano anche un strepitoso applauso alcuni suoi sfondi da antologia, che ricreano con impressionante bellezza Tokyo, Parigi, Londra e città immaginarie come Porto Costa e Radiator Springs. Tutto ciò, presentato in un 3D stereoscopico davvero impressionante, pur senza eccessi, e fornito di una colonna sonora di Michael Giacchino assai varia, completata da alcuni brani già esistenti piuttosto buoni.

Il problema è che l'intero dispiego audiovisivo risulta davvero poca cosa, a causa di una sceneggiatura troppo episodica, dalla trama fragile, con eccessivo accumulo di gag assortite. Certo, si apprezza lo sforzo di John Lasseter per arricchire la pura competizione automobilistica con una divertente sotto-trama di intrighi alla James Bond, che include il meglio del film; ma lo spettatore si disperde tra i tanti personaggi, così che mai ride, piange, si commuove, a differenza di altri film della Pixar, soprattutto la trilogia Toy Story, Gli Incredibili, Ratatouille e Up. Jerónimo José Martín. ACEPRENSA.

Pubblico: Tutti. Contenuti: --- (ACEPRENSA)

Transformers 3: dark of the moon

23/7/2011. Regista: Michael Bay. Sceneggiatura: Ehren Kruger. Interpreti: Shia LaBeouf, Rosie Huntington-Whiteley, John Turturro, Frances McDormand, Josh Duhamel. 140 min. USA. 2011. Giovani.



Prevedibile e noiosa, ecco la terza parte delle avventure dei robot che si trasformano in auto o camion. La saga è redditizia e il marchio che ne produce i giocattoli continua a finanziare il produttore Steven Spielberg e il regista Michael Bay. Essendo così lunga, colpiscono di più i personaggi ridicoli, i conflitti artificiosi e infantili e certi dialoghi imbarazzanti: roba da andare a nascondersi! Alberto Fijo. ACEPRENSA.

Pubblico: Giovani. (ACEPRENSA)

Una notte da leoni 2

23/7/2011. Regista: Todd Phillips. Sceneggiatura: Todd Phillips, Scot Armstrong. Interpreti: Zach Galifianakis, Bradley Cooper, Justin Bartha, Ed Helms, Ken Jeong. 98 min. USA. 2011. Sconsigliata. (XD)

Se il primo episodio aveva realizzato 467 milioni di dollari, questo è già arrivato a 489. E sembra che il critico sia costretto a rovistare tra le ragioni di questo successo. La formula è semplice. Ripetere, quasi clonare, la prima parte, triplicando il numero e il calibro delle volgarità rozze e ripugnanti. Che questa stupidità sia la commedia campione di incassi della storia è proprio un paradosso. Alberto Fijo. ACEPRENSA.

Pubblico: Sconsigliata. Contenuti: X, D (ACEPRENSA)

RED

25/6/2011. Regista: Robert Schwentke. Sceneggiatura: John, Erich Hoeber. Interpreti: Bruce Willis, Mary Louise Parker, John Malkovich, Helen Mirren, Morgan Freeman. 111 min. USA. 2010. Giovani. (V)

Un gruppo di agenti della CIA già in pensione inizia ad avere problemi quando il governo decide eliminarli, per coprire oscuri segreti del passato. Basato su un romanzo a fumetti scritto da Warren Ellis e illustrato da Cully Hammer, pubblicato nel 2003-2004, il film vanta un cast impressionante, dove fa piacere incontrare grandi attrici come Mary Louise Parker (Pomodori verdi fritti) in un ruolo da protagonista molto divertente, e Rebecca Pidgeon (Il caso Winslow), che dà volto ad un personaggio secondario.



Vi è molta cura nella realizzazione, con forme di transizione fantasiose, buona musica, un gran lavoro della cinepresa nelle riprese delle sequenze d'azione e, se non bastasse, c'è anche il dinamico montaggio del premio Oscar Thom Noble (Il testimone, Thelma&Louise, Fahrenheit 451). Inoltre, notiamo che stelle come Helen Mirren e Brian Cox, solitamente lontane da attentati esplosivi e colpi di pistola, si divertono un mondo partecipando ad una fiction che prendono molto sul serio. Il novantaquattrenne Ernest Borgnine può recitarvi ancora una parte, breve, ma in un ruolo accattivante.

In linea con la recente Innocenti bugie, RED (Retired Extremely Dangerous) vanta una degna sceneggiatura, con dei “cattivi” di buon livello, ed una trama riuscita che diverte e fa ridere, senza eccessi di violenza (il fumetto carica molto le tinte), né oscenità. Il pubblico ha risposto bene: il film è prossimo ad incassare i 170 milioni di dollari. Alberto Fijo. ACEPRENSA.

Pubblico: Giovani. Contenuti: V (ACEPRENSA)

X-Men: l'inizio

25/6/2011. Regista: Matthew Vaughn. Sceneggiatura: Jane Goldman, Ashley Miller, Jamie Moss, Josh Schwartz, Zack Stentz. Interpreti: James McAvoy, Kevin Bacon, Michael Fassbender, Rose Byrne, Jennifer Lawrence. 125 min. USA. 2011. Giovani. (VS)

Durante la Seconda Guerra Mondiale, il bambino telepatico Charles Xavier fa amicizia con Raven Darkholme, ragazza dalla pelle blu a scaglie, capace di trasformarsi in qualsiasi altra persona. Nel frattempo, un bambino ebreo, Erik Lehnsherr, scopre i suoi incredibili poteri di controllare i metalli con la mente, dopo aver assistito all'uccisione a sangue freddo della madre.



Anni dopo, durante la Guerra Fredda, una tenace agente della CIA (Rose Byrne) unisce i destini dei tre giovani (James McAvoy, Jennifer Lawrence e Michael Fassbender) e di altri mutanti per evitare un olocausto nucleare durante la crisi missilistica cubana. C'è una situazione tesa, generata dallo scienziato nazista Sebastian Shaw (Kevin Bacon), anche lui mutante, che ha organizzato un proprio esercito di giovani dotati di super-poteri.

È molto divertente questo prequel della popolare saga dei mutanti X-Men, creata nel 1963 per la Marvel da Stan Lee e Jack Kirby. Da un lato, la rievocazione di due diverse epoche della storia è completa ed efficace come lo sono le impressionanti immagini delle sequenze d'azione, che raggiungono l’apice nel trepidante finale del film. Infine, gli attori, capeggiati da un ottimo James McAvoy, hanno preso molto sul serio i rispettivi personaggi, così da conferire una profondità drammatica e morale ai conflitti di identità e alla semplice riflessione antirazzista che il copione prospetta.

Il tutto appare orchestrato con agilità narrativa e senza pedanteria dal londinese Matthew Vaughn (Stardust, Kick-Ass), che assume senza complessi la condizione eminentemente commerciale del film. Stona solamente qualche stupida concessione erotica e qualche eccesso di sangue, corpi estranei rispetto al tono quasi familiare dell’insieme. Jerónimo José Martín. ACEPRENSA.

Pubblico: Giovani. Contenuti: V, S (ACEPRENSA)

I guardiani del destino

25/6/2011. Regista: George Nolfi. Sceneggiatura: George Nolfi. Interpreti: Matt Damon, Emily Blunt, Anthony Mackie, John Slattery, Terence Stamp. 110 min. USA. 2011. Giovani. (S)

Il romanziere di fantascienza Philip K. Dick (1928-1982) è assai reclamato da cinema e TV, da Blade Runner a Next, passando per Atto di forza e Minority Report. George Nolfi, autore di Ocean’s Twelve e The Bourne Ultimatum, esordisce da regista con un copione scritto da lui stesso, che adatta un racconto di Dick: Adjustment Team.



L'approccio è suggestivo: durante la campagna elettorale, un politico subisce un inatteso rovescio, ma conosce per caso una ragazza -e si prende una cotta per lei-, che gli dà ottimi consigli. Il film è supportato da alcuni attori eccellenti e da una brillante messa in scena. Ma la storia si sgonfia perché si frustrano gli sforzi per fare della fantascienza, condita da una forte storia d'amore come fulcro del racconto, per colpa di un modo sbagliato di trattare questo approccio. La musica di Thomas Newman (Wall-E) e la fotografia di John Toll (Gone Baby Gone), due grandi professionisti, cercano invano di dare il giusto peso ad una storia che delude per la puerilità semplicistica del suo determinismo. La lezione è chiara: le buone storie possono fornire idee che, convenientemente sviluppate, forse daranno vita ad una storia più lunga e che non sfigura. Perfino storie scadenti, come il romanzo di Capote che ha portato al film di Blake Edwards (Colazione da Tiffany), possono produrre film importanti. Non è però questo il caso di Adjustement team: un racconto mediocre, un buco nell'acqua. Alberto Fijo. ACEPRENSA.

Pubblico: Giovani. Contenuti: S (ACEPRENSA)

Source Code

25/6/2011. Regista: Duncan Jones. Sceneggiatura: Ben Ripley. Interpreti: Jake Gyllenhaal, Michelle Monaghan, Vera Farmiga, Jeffrey Wright. 98 min. USA. 2011. Giovani. (V)

Dopo un'azione militare in Afghanistan, il pluridecorato capitano Colter Stevens (Jake Gyllenhaal) si risveglia nel corpo di uno sconosciuto, che viaggia con una donna giovane e bella (Michelle Monaghan) in un treno di pendolari che esplode poco prima di raggiungere Chicago. Colter scopre che l’esercito sta sperimentando su di lui un programma chiamato Codice Sorgente, che permette di prendere l'identità di un'altra persona, ma solo nei suoi ultimi otto minuti di vita. Lo scopo è reincarnarsi nell'uomo del treno tutte le volte che sarà necessario, fino ad individuare l'attentatore e prevenire futuri attacchi terroristici.



Fin dai titoli di testa, la musica di Clint Mansell e Chris Bacon fa riferimento alle splendide composizioni di Bernard Herrmann per i lavori di Alfred Hitchcock. E il figlio di David Bowie, il britannico Duncan Jones (Moon), rafforza questi riferimenti attraverso una messa in scena angosciante e nervosa, con abbondanza di movenze di cinepresa e inquadrature soggettive. Tuttavia, Source Code, anche se divertente, non arriva al coinvolgimento tipico e sempre attuale dei film del Mago del suspense. La colpa non è degli attori, tutti convincenti nelle varie repliche della stessa situazione. Piuttosto, per ciò che riguarda la storia, è da biasimare la freddezza del film, che non è idoneo a trarre dalla trama la dovuta intensità drammatica e morale; per di più, termina anche in modo confuso e decisamente incoerente. Jerónimo José Martín. ACEPRENSA.

Pubblico: Giovani. Contenuti: V (ACEPRENSA)

L'ultimo dei templari

25/6/2011. Regista: Dominic Sena. Sceneggiatura: Bragi F. Schut. Interpreti: Nicolas Cage, Ron Perlman, Stephen Campbell Moore, Stephen Graham, Ulrich Thomsen. 110 min. USA. 2011. Adulti. (V)

In un cupo medioevo, due coraggiosi crociati disertano (sic), stufi di uccidere in nome di Dio. Tornati in Europa, s’imbattono in un'epidemia di peste, e devono condurre una strega, presunta colpevole di quel flagello, per farla giudicare in una lontana abbazia. La strada è irta di pericoli.



Sena è rimasto inattivo per diversi anni, ma avrebbe dovuto continuare a farlo. Il film è una pletora di luoghi comuni sul medioevo, con cliché rozzi, anticlericali e incongruenti; più vicino a Solomon Kane che a Le crociate. Se fosse un film di Corman, ciò non avrebbe importanza, ma Sena, oltretutto, appare pretenzioso. In fondo, un film di avventura fantasy scadente, proposto come grande film storico di avventure. Fernando Gil-Delgado. ACEPRENSA.

Pubblico: Adulti. (ACEPRENSA)

Il dilemma

25/6/2011. Regista: Ron Howard. Sceneggiatura: Allan Loeb. Interpreti: Vince Vaughn, Kevin James, Jennifer Connelly, Winona Ryder, Chaning Tatum. 111 min. USA. 2011. Adulti. (SD)

Due quarantenni. Uno con fidanzata, l’altro sposato. Il primo scopre la moglie del secondo con un altro uomo. Howard, che troppo spesso continua a dare un colpo al cerchio e uno alla botte, dirige un film caratterizzato dalla mancata identità, persa tra dramma e commedia, con un pessimo cast, basso ritmo e un tasso di interesse prossimo allo zero. La sceneggiatura è di Allan Loeb (Noi due sconosciuti, 21) e non si capisce bene nemmeno cosa si pretenda comunicare. Alberto Fijo. ACEPRENSA.

Pubblico: Adulti. Contenuti: S, D (ACEPRENSA)

Thor

28/5/2011. Regista: Kenneth Branagh. Sceneggiatura: Ashley Miller, Mark Protosevich, Zack Stentz, J. Michael Straczynski, Don Payne. Interpreti: Chris Hemsworth, Natalie Portman, Anthony Hopkins, Samuel L. Jackson, Stellan Skarsgård. 114 min. USA. 2011. Giovani.

Nel mitico regno di Asgard, mentre Odino è pronto a cedere il trono al figlio Thor, ecco che irrompono i nemici di sempre: i giganti del ghiaccio. L'attacco viene respinto, ma Thor -desideroso di gloria e sangue- disobbedisce al padre, invadendo il freddo mondo di Jotunheim. Esiliato, arriva sul pianeta Terra, dove incontra un gruppo di scienziati guidati da Natalie Portman. Diventato un semplice mortale, scoprirà l'umiltà, la pazienza e la compassione.



La galleria dei personaggi Marvel è inesauribile: ce l’hanno messa tutta per trasporre su grande schermo uno dei più celebri super-eroi, il possente Thor, nato nel 1962. Un cast stellare preannuncia che questa non è una mera storia di combattimenti: il lato umano, anche quello dei miti, è importante. Il regista scelto, uomo di teatro, non si lascia sedurre da dettagli secondari, ma eccelle proprio nei momenti più drammatici e umani: il dolore di Odino, la pena di Loki, i divertenti tentativi dell’eroe per adattarsi alla vita di un essere umano sulla Terra.

I fuochi d'artificio, gli effetti spettacolari e quelli digitali, anche se di buona fattura, non colpiscono troppo perché non sono originali; l'uso del 3D appare sobrio e inutile. Il ritmo però è molto buono, c’è davvero molta azione in un film, che mantiene le promesse: diverte i giovani. Fernando Gil-Delgado. ACEPRENSA.

Pubblico: Giovani. (ACEPRENSA)

Fast&Furious 5

28/5/2011. Regista: Justin Lin. Sceneggiatura: Chris Morgan. Interpreti: Vin Diesel, Paul Walker, Dwayne Johnson, Jordana Brewster, Joaquim de Almeida. 125 min. USA. 2011. Giovani. (V,S)

La saga Fast & Furious ha dieci anni e sul suo appeal, almeno secondo Justin Li (regista degli ultimi tre episodi) e i produttori, gli attori pesano quanto o più delle macchine e delle corse. In questo sequel, gli scatenati inseguimenti notturni sono appena accennati, ma ne abbiamo altri -non meno spettacolari- interpretati da Dominic Toretto (Vin Diesel) e dalla sorella Mia (Jordana Brewster) insieme al fidanzato, l'ex poliziotto Brian O'Conner (Walker).



I tre protagonisti si sono rifugiati in Brasile, dove vengono accusati di un omicidio che non hanno commesso. Così devono fuggire dal FBI, che mette sulle loro tracce un agente spietato (Dwayne Johnson). L'azione è spettacolare, con macchine da sogno; gli eroi -bulli forti e molto duri- appaiono marginali e un po’ volgari, con un'estetica curata ed un po' kitsch. L'avventura, o meglio il pretesto per l'azione, è un McGuffin: un oggetto del desiderio che tutti vogliono e nessuno sa cosa sia; il risultato è la pianificazione dell'assalto alla fortezza del “cattivo”. E la formula funziona. Questi bad boys sono buoni, con carisma e fascino, credono ancora alla famiglia, alla lealtà e all'amicizia. È divertente il fatto che i personaggi ti fanno ridere, proprio quando prendono le cose sul serio. Fernando Gil-Delgado. ACEPRENSA.

Pubblico: Giovani. Contenuti: V, S (ACEPRENSA)

Pirati dei Caraibi - Oltre i confini del mare

28/5/2011. Regista: Rob Marshall. Sceneggiatura: Ted Elliott, Terry Rossio. Interpreti: Johnny Depp, Geoffrey Rush, Penélope Cruz. Ian McShane, Kevin Mc MacNally, Astrid Berges-Frisbey. 140 min. USA. 2011. Giovani.



La saga pirata continua. Il regista è cambiato, ma tutto rimane lo stesso, pedantemente uguale. È una variazione ripetitiva del solito tema. Rob Marshall (Chicago) dirige un copione noioso e prevedibile, senza ritmo, senza tensione, senza grazia. Tutto è deja vu: resta solo da alzare il volume della musica e far vedere qualche sirena. Penelope Cruz esprime un carattere piatto, e il 3D serve solo ad oscurare la fotografia e ad alzare di 3 euro il prezzo del biglietto. L'inizio, con una scena d'azione ben girata, è promettente; ma il resto, la solita solfa! Risultato: 140 minuti interminabili. ACEPRENSA.

Pubblico: Giovani. (ACEPRENSA)

Mr. Beaver

28/5/2011. Regista: Jodie Foster. Sceneggiatura: Kyle Killen. Interpreti: Mel Gibson, Jodie Foster, Anton Yelchin, Jennifer Lawrence. 91 min. USA. 2011. Giovani. (VS)

Walter Black (Mel Gibson) è un dirigente prestigioso dell'industria del giocattolo, felicemente sposato con Meredith (Jodie Foster) e padre amorevole di due figli. Ma cade improvvisamente in una grave depressione che i medici non sanno come curare. Finché un giorno, allontanatosi dalla famiglia, Walter trova -in un bidone della spazzatura- un pupazzo a forma di castoro, attraverso il quale finalmente riesce ad esprimere i suoi sentimenti. Da quel momento, la vita di Walter migliora notevolmente, ma ha una preoccupante dipendenza dal burattino, che sembra avere vita propria.



Dopo Il mio piccolo genio e A casa per le vacanze, l'attrice Jodie Foster continua la carriera di regista con un altro singolare dramma intimista, attraverso il quale si esalta l'affetto famigliare come il principale e grande rimedio all'epidemia di individualismo e isolamento che caratterizza il mondo attuale. In tal senso, è di particolare interesse la sotto-trama del figlio adolescente di Walter, che non riesce a valorizzare gli sforzi del padre per superare la malattia. Ed arricchiscono questa riflessione tematica le note accurate -a volte drammatiche, a volte sarcastiche e persino surreali- circa le predisposizioni genetiche, le tendenze culturali, i media, l'umiltà, il bisogno di lasciarsi aiutare...

Questa rischiosa proposta di Foster risulta plausibile per merito dell'eccellente lavoro dell'intero cast, in particolare di Mel Gibson, che dimostra -ancora una volta- il suo carisma di attore tra i più versatili e geniali, anche in ruoli come questo, ad alta tensione emotiva e con certi elementi autobiografici che sicuramente hanno influito sulla recitazione. Per il resto, la messa in scena è un po’ fredda e convenzionale, ma è indovinata quando si mette al servizio della drammatica evoluzione dei personaggi. Jerónimo José Martín. ACEPRENSA.

Pubblico: Giovani. Contenuti: V, S (ACEPRENSA)

The Lincoln Lawyer

28/5/2011. Regista: Brad Furman. Sceneggiatura: John Romano. Interpreti: Matthew McConaughey, Marisa Tomei, Ryan Phillippe, William H. Macy. 105 min. USA. 2011. Adulti. (VXD)

Tratto da un romanzo del prolifico Michael Connelly, questo curato legal thriller ha forza ed è ben recitato. Recupera Matthew McConaughey, un attore che ha già dato buona prova di sé, ad esempio, in Tredici variazioni sul tema (Thirteen Conversations About One Thing).



McConaughey, valido attore quarantatreenne, di alterne fortune, dimostra ancora di avere carisma, interpretando un scaltro avvocato criminalista, poco ortodosso, che usa la propria auto come ufficio. L’affaire è torbido: il processo contro un giovane benestante, accusato di aver aggredito brutalmente una prostituta, in quello che sembra un espediente per estorcerli quanto più denaro possibile. Ma c'è una decisa volontà di non essere brutale nella rappresentazione del degrado morale di alcuni personaggi. E la trama familiare, che scorre parallela, non è male.

Furman (The Take, 2007) è un bravo regista, sobrio, senza esitazioni, con una messa in scena che sa sfuggire al cliché televisivo, in cui di solito incorre questo genere di storie da tribunale, con sortite esterne a caccia di prove. Mi viene in testa uno dei film di ambiente legale tra i più sorprendenti, Anatomia di un omicidio, del maestro Preminger, una pietra miliare per gli appassionati del genere. Dall'elogio del film, passiamo però ad un paio di stonature: lo stile del personaggio di William H. Macy è troppo caricaturale per esser credibile. E non solo il suo. Alberto Fijo. ACEPRENSA.

Pubblico: Adulti. Contenuti: V, X, D (ACEPRENSA)

Habemus Papam

23/4/2011. Regista: Nanni Moretti. Sceneggiatura: Nanni Moretti, Francesco Piccolo, Federica Pontremoli. Interpreti: Michel Piccoli, Nanni Moretti, Margherita Buy, Jerzy Stuhr. 104 min. Italia. 2011. Tutti

Alla morte del vecchio Papa, il Conclave si riunisce per eleggere il nuovo pontefice. La scelta cade sul cardinal Melville, ma il prescelto cade preda di dubbi e fortissime ansie - dovute al timore di non essere in grado di salire degnamente al soglio pontificio - Per risolvere la situazione, il Vaticano decide di rivolgersi a uno psicologo, il professor Brezzi, ma la situazione si complica per il fatto che il conclave non è ancora ufficialmente chiuso e i cardinali restano bloccati in Vaticano...



E se un odierno successore di Pietro si affaccia dal balcone vaticano, guarda la piazza gremita di gente all’inverosimile - un popolo plaudente, lieto, rassicurato e desideroso di conoscere il volto del nuovo pastore - e inaspettatamente dichiara di rinunciare alla missione? Su questo assunto si regge il nuovo, undicesimo lungometraggio di Nanni Moretti, Habemus Papam.

Ci perdonerete se abbiamo svelato il finale, cosa che non si dovrebbe mai fare. Ma non c’è alternativa, poiché di questo, e soltanto di questo, parla il film: della rinuncia. È morto un Pontefice. Vediamo con immagini di repertorio il funerale di Giovanni Paolo II in piazza San Pietro. Attacca la finzione, nel conclave quasi totalmente composto da vecchietti timorosi, pieni di acciacchi, con il comodino ingombro di medicine. Pregano questi cari vecchietti. Pregano il Signore che li risparmi dalla prova finale: la conduzione della barca. Alla fine ci si orienta su Melville (un misurato e bravo Michel Piccoli). È fatta. Applausi, baci, inchini. Abito da cerimonia, acconciato in fretta. Stola rossa. La grande finestra aperta sul mondo, ecco la lieta novella: «Habemus Papam». Il cerimoniere felice si gira per introdurre il nuovo nocchiero della cristianità. Non esce nessuno. Anzi, si odono grida, richieste di aiuto. Il Papa è in preda alla paura. Il sorriso si spegne sulle labbra di tutti. Il silenzio cala gelido sulla folla festante. Comincia l’avventura di un povero vecchio, che smette subito la veste bianca, intimorito e schiacciato dal peso della responsabilità. Da giovane voleva fare l’attore. Ma fu costretto a rinunciare. Così ha intrapreso un’altra carriera, che l’ha portato, di teatro in teatro, al più grande palcoscenico della storia.

E Nanni Moretti? Eccolo accorrere al capezzale del Santo Padre in stato confusionale. Ha il volto severo dello psicologo di fama, il «migliore»: separato, lavoratore, saccente, non credente, vestito come un prete. In La messa è finita, nel 1985, Moretti era un giovane sacerdote, senza barba e con la tonaca, alzata con le mani per correre senza impacci appresso al pallone in oratorio. Don Giulio era arrabbiato, autoritario, tagliente, intransigente. Curava le anime: un terrorista, un omosessuale, la sorella intenzionata ad abortire, il padre scappato di casa con una più giovane. E gli toccava di vegliare il corpo della madre suicida. Ora, in abito scuro, è al capezzale del Papa tormentato. Cerca di soccorrerlo non con le Sacre Scritture, ma con il verbo di Freud, «maestro del sospetto» somministrato quale estrema medicina.

Moretti è in grande forma. Scherza, cava dal cilindro una battuta dietro l’altra. Costretto a convivere col collegio cardinalizio, organizza tornei di pallavolo, batte con astuzia i cardinali alle carte, e prova a parlare col «paziente». Dai discorsi sono banditi però riferimenti a sesso, madre, infanzia (solo di sfuggita e con tanta cautela), sogni. Quindi non si parla di nulla. Si sospetta un «deficit di accudimento»: ma è solo un’ipotesi. Bene. Siamo al finale: la grande rinuncia. La Chiesa ha bisogno di un profondo rinnovamento, deve amare tutti, dice il Papa prima di eclissarsi per sempre. Se prendessimo Habemus Papam per una pura e semplice commedia, ci sarebbe poco da aggiungere. Quando Moretti si impegna è irresistibile. Ma chiudiamo qui? Ce la caviamo con la commedia, le risate, la caricatura grottesca? In realtà Moretti aveva in mente ben altro progetto. Voleva - come ha sempre fatto - ritrarre il mondo, magari deformandolo. La macchina da presa doveva scandagliare il fondo dei Sacri Palazzi. E qui, proprio qui, sta la macroscopica debolezza del film. Di questo mondo Moretti non capisce nulla. Non ne ha la minima conoscenza, sensibilità, comprensione. Non mostra nessun rancore verso la Chiesa come istituzione. E riesce anche a trasformare, con autentica simpatia, i vecchierelli cardinali in allegri ragazzotti, impegnati a ribattere il pallone dall’altra parte della rete. Moretti nel suo cinema non è mai stato ostile alla religione. Come non è mai stato ostile alla vita. Probabilmente, come molti della sua generazione, è stato attratto da Giovanni Paolo II (Melville, per sua stessa ammissione, a lui rimanda).

L’ultimo successore di Pietro di Habemus Papam, però, è privo della dimensione religiosa. Potrebbe essere fabbro, medico, attore, venditore ambulante. Ma non uomo di fede. Si può fare un film su un uomo di fede (anzi, sulla guida di un’immensa e planetaria comunità religiosa) staccandolo dalla prospettiva divina? Il giovane don Giulio, nel finale di La messa è finita, prima di partire per un posto lontano, spazzato dal vento, finalmente rideva. Sulle note di Ritornerai di Bruno Lauzi, il mondo si fermava, e tutti i presenti iniziavano a ballare. Habemus Papam si chiude nel silenzio, nel buio, nell’angoscia. Caro Moretti, per il prossimo film perché non richiami don Giulio dall’esilio in Patagonia? Claudio Siniscalchi, per gentile concessione di FAMILYCINEMATV.

Valori/disvalori: Nanni Moretti ritrae la Chiesa, non gli è ostile, ma di questo mondo non capisce nulla. Non ne ha la minima conoscenza, sensibilità, comprensione. L’ultimo successore di Pietro di Habemus Papam, è privo della dimensione religiosa.

Pubblico: Tutti.

Giudizio tecnico: *** Nanni Moretti scherza, cava dal cilindro una battuta dietro l’altra. Come commedia è irresistibile ma la macroscopica debolezza del film consiste proprio nell'aver ritratto un mondo che l'autore non ha cercato di conoscere.

World Invasion: Battle Los Angeles

23/4/2011. Regista: Jonathan Liebesman. Sceneggiatura: Christopher Bertolini. Interpreti: Aaron Eckhart, Michelle Rodríguez, Bridget Moynahan, Ramon Rodriguez, Michael Peña, Cory Hardrict. 118 min. USA. 2011. Giovani. (V)

Il mondo è in guerra con gli alieni. Il sergente Nantz, un veterano con un passato oscuro, è assegnato a una sezione di marines che deve evacuare i civili da Santa Monica, e quel piccolo gruppo sarà fondamentale per lo sviluppo della guerra. A differenza dell'approccio generale di Independence Day, World Invasion: Battle Los Angeles si concentra sui dettagli. La storia è vista attraverso gli occhi del sergente Nantz. Aaron Eckhart è il perfetto sergente di ferro, un ruolo che sembra disegnato per lui, ed è lui che in gran parte sostiene il film.



Non c’è una visione di insieme né spettacolari scontri di truppe o navi; abbiamo grida, combattimenti casa per casa. Los Angeles è un campo di battaglia eccellente, confuso. Ció facilita il lavoro del montatore, che non deve preoccuparsi della coerenza della storia: bastano il rumore e il movimento. L'azione e la tensione sono dosati in modo corretto. Non c’è epica altisonante, ma molta azione classica. Si tratta di un film di fantascienza in cui si confrontano fanterie invece di navi e anche se lo spettacolo non è quello che ci si aspetta, non è male. Fernando Gil-Delgado. ACEPRENSA.

Pubblico: Giovani. Contenuti: V (ACEPRENSA)

Rio 3D

23/4/2011. Regista: Carlos Saldanha. Sceneggiatura: Don Rhymer. Con Will i Am, Rodrigo Santoro, George Lopez, Jamie Foxx, Victoria Cabello, Fabio De Luigi, Pino Insegno, Mario Biondi, Josè Altafini, Emilio Carelli, Francesco Castelnuovo. Animazione. 96 min. USA, Canada, Brasile. 2011. Tutti.

Blu è un uccello speciale, è l'ultimo ara blu ed è stato allevato in Minnesota. Sa leggere, ma non vola, perché è stato rubato in Brasile il giorno in cui doveva imparare. Ha vissuto sempre con Linda, una bella libraia che lo trovò per strada quando era bambina. L'azione inizia quando un ornitologo brasiliano si presenta in libreria e propone portare Blu a Rio de Janeiro per incontrare Pearl, la ultima femmina della sua specie, e così impedire l'estinzione dell’ara blu.



Saldanha dimostra ancora una volta la sua maestria nel raccontare storie animate con grazia e arguzia. Lavora con un team tecnico che non ha nulla da invidiare ai migliori: la rifinitura di ogni fotogramma, la qualità delle animazioni, i personaggi, tutto ha un livello molto alto. E lo sceneggiatore Don Rhymer è arguto e ha saputo imbastire la linea principale, la storia d'amore tra l’uccello da campo e quello di città, con multipli trame collaterali e abbastanza divertenti, tutto con il carnevale come sfondo.

La fotografia e il buon uso della tecnologia 3D consente di esaltare la bellezza di Rio in un divertente filmato, familiare e colorista. Contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare, la cosa meno brillante è la musica. Fernando Gil-Delgado. ACEPRENSA.

Pubblico: Tutti. Contenuti: --- (ACEPRENSA)

Poetry

23/4/2011. Regista: Lee Chang-dong. Sceneggiatura: Lee Chang-dong. Interpreti: Yoon Jeong-hee, Ahn Nae-sang, Kim Hira, Lee Da-wit, Kim Yong-taek. 139 min. Corea del sud. 2010. Adulti. (X)

Mija, 65 anni, è in pensione ma ha ancora uno spirito giovane e grintoso, è elegante e di bell'aspetto. Mija vive con suo nipote, un ragazzo egoista e viziato, per il quale la nonna è la signora che prepara il cibo e paga i suoi capricci. Mija arrotonda lo stipendio curando un anziano emiplegico e scontroso.




Quando il film inizia vediamo il bellissimo fiume Han, che attraversa la città, e il cadavere di una giovane studentessa che galleggia, e Mija in un ospedale, preoccupata per le sue perdite di memoria. Poi vediamo Mija discutere con il nipote, curare l’anziano malato e scriversi in un corso di poesia nel centro culturale.
Il corso di poesia richiede lo sviluppo di un poema, e nelle lezioni Mija imparare a vedere e sentire. Mija scoprirà di più sul mondo che la circonda, della sua bellezza e le sue miserie. A poco a poco prende forma il poema che le è stato chiesto, che finirà con il film.

Lee Chang-dong ha sviluppato un poema visivo straordinario di due ore, bello e doloroso alla volta. Il film, formalmente bellissimo, è pieno di metafore visive che insegnano ad apprezzare ciò che vediamo intorno a noi, e mettono in parallelo la miseria fisica e la miseria morale; lo spettatore deve decidere quale sia la peggiore. Da tutto questo sorge una bella poesia che, purtroppo, è intinta di nichilismo e lascia l'anima in pena, perché c'è bellezza sì, ma non speranza. Poetry ha ricevuto giustamente il premio alla miglior sceneggiatura a Cannes. L'interpretazione di Yoon Jeong-hee è un altro poema. Fernando Gil-Delgado. ACEPRENSA.

Pubblico: Adulti. Contenuti: X (ACEPRENSA)

Limitless

23/4/2011. Regista: Neil Burger. Sceneggiatura: Leslie Dixon. Interpreti: Bradley Cooper, Abbie Cornish, Robert De Niro. 105 min. USA. 2011. Adulti. (XD



Il regista di The Illusionist adatta un romanzo su un uomo disastroso, scrittore fallito, che l'assunzione di un farmaco fa diventare un genio, poliglotta, combattente invincibile, analista, conquistatore, ecc, ecc. I tentativi di produrre una favola di fantascienza mescolata con un thriller non funzionano, neanche con la presenza di un Robert De Niro di basso, bassissimo profilo. Quando ha debuttato negli Stati Uniti ha avuto il primato nel box office, il che indica che questo tipo di argomento seduce il pubblico giovanile. La realizzazione è povera e la trama è veramente noiosa. Alberto Fijo. ACEPRENSA.

Pubblico: Adulti. Contenuti: X, D (ACEPRENSA)

The next three days

9/4/2011. Regista: Paul Haggis. Sceneggiatura: Paul Haggis. Interpreti: Russell Crowe, Liam Neeson, Olivia Wilde, Elizabeth Banks, RZA. 122 min. USA. 2010. Giovani. (VX)

Una famiglia normale finisce in una storia da incubo. Josh, professore universitario sposato con Lara, da cui ha avuto un figlio, Luca, è andato a cena fuori. Tornando a casa, la polizia irrompe improvvisamente e porta via Lara in stato di arresto, sotto l'accusa di omicidio. Ne seguirà la condanna, poiché tutte le prove indicano che lei ha ucciso una donna in un parcheggio. Il tempo passa, gli appelli risultano inutili. Josh è così disperato, che comincia ad elaborare un piano di fuga per Lara.



Paul Haggis (Crash, Nella valle di Elah) scrive e dirige un dinamico remake, in stile Hitchcock, del recente film francese Pour elle. L’angosciante thriller è raccontato dal punto di vista di Josh, ragazzo normale, non particolarmente dotato, il quale -convinto dell'innocenza della moglie- intraprende ogni tipo di azione rischiosa pur di ridarle la libertà. La motivazione di fondo, naturalmente, è l'amore. Egli non dubita della moglie, mentre lo spettatore ha certamente qualche difficoltà in più, dati gli indizi.

Haggis prolunga troppo la trama relativa al piano dettagliato di fuga, ma lo fa per dar credibilità a ciò che racconta: si tratta di indicare -allo spettatore- gli ostacoli che deve affrontare Josh, ben interpretato da Russell Crowe. È possibile che in questa "ossessione" eccessiva per chiarire a fondo ogni particolare, il regista si riferiva a Giustizia privata, film dell’anno scorso: simile, per la tematica, ma meno credibile. Così, quando si arriva all'ultimo terzo del film, la fuga pura e semplice, si finisce per accettare i trucchi e le sorprese destinate a depistare gli inseguitori. José María Aresté. ACEPRENSA.

Pubblico: Giovani. Contenuti: V, X (ACEPRENSA)

In un mondo migliore

9/4/2011. Regista: Susanne Bier. Sceneggiatura: Anders Thomas Jensen. Interpreti: Mikael Persbrandt, Trine Dyrholm, Ulrich Thomsen, Markus Rygaard, William Jøhnk Nielsen. 113 min. Dinamarca, Svezia. 2010. Giovani-adulti. (VSD)

Sponsorizzata da Lars Von Trier e la sua Zentropa Films, produttrice dei suoi cinque film, la regista danese Susanne Bier è diventata una delle voci più potenti e profonde del cinema contemporaneo. Ha esordito con due film notevoli: Open Hearts (2002) e Non desiderare la donna d’altri (2004), oggetto di recente remake, diretto da Jim Sheridan. La Bier ha consolidato poi la propria fama con due capolavori: Dopo il matrimonio (2006), nomination -per l'Oscar 2006- al miglior film straniero, e Noi due sconosciuti (2007), primo lavoro in America (prodotto da Sam Mendes). In tutti i film, la regista danese affronta -con forza inusuale e profondità- argomenti di ampio respiro, quali: l'unità della famiglia, il senso della sofferenza, il valore della carità, la sfida della libertà, la lotta della ragione per dominare gli istinti, l'aiuto della Provvidenza ...



In un mondo migliore, Oscar 2011 al miglior film straniero, approfondisce ulteriormente questi temi, nell'affrontare le radici della violenza presente oggi nel mondo, nonché la crescente difficoltà di far prevalere una cultura di pace e di amore. Anton è un medico, che divide il proprio tempo tra una città idilliaca danese e un campo profughi miserabili in Africa. Anton e la moglie Marianne hanno due figli, vivono separati da un po’ di tempo e stanno prendendo in considerazione il divorzio, anche se a nessuno dei due piace l'idea. Il figlio maggiore, Elias, un gentile bambino di dieci anni, soffre di continue vessazioni da parte di certi crudeli compagni di classe. Finché un giorno, un nuovo studente, Christian, lo difende con la forza.

Come in tutti i film di Bier, anche In un mondo migliore ci si muove sempre sul filo del rasoio, rischiando di cadere o nell'esagerazione melodrammatica o nel ridicolo. Ma, alla fine, gli sforzi dell'aggressivo coetaneo Christian e del pacifico adulto Anton, per controllare gli istinti e uscire dall'inferno della propria fragilità, riempiono il filmato di un'umanità straordinaria e toccante. Raggiungono inoltre la fibra interiore -ma in misura minore- della perplessità morale del padre di Christian, incapace di capirlo e aiutarlo, e di Marianne, il cui incrollabile amor proprio si mette di traverso con il marito, sulla via della riconciliazione. La soluzione arriva dall’innocente e indifeso Elias, la cui bontà finisce per conquistare il cuore di tutti i personaggi.

Bier articola tali idee con profondità, attraverso una messa in scena piuttosto iperrealista, ma ben strutturata e addolcita da un sapiente uso simbolico dei diversi ambienti dove scorre l'azione: gelido, per i nordici; straordinariamente vivace presso gli africani. Ed in ogni caso, la realizzazione del film stesso si pone al servizio di attori sensazionali, sia bambini che adulti, capaci di offrire ai rispettivi personaggi una verità e un'emotività struggente. Jerónimo José Martín. ACEPRENSA.

Pubblico: Giovani-adulti. Contenuti: V, S, D (ACEPRENSA)

Gnomeo&Giulietta

9/4/2011. Regista: Kelly Asbury. Sceneggiatura: Andy Riley, Kevin Cecil, Mark Burton, Kathy Greenberg, Steve Hamilton, Shaw e Kelly Asbury, Rob Sprackling, John Smith. Colonna Sonora: Chris Bacon, James Newton Howard, Elton John. Animazione. 86 min. GB, USA. 2011. Tutti.

A Stratford-upon-Avon -dove se no?- una proprietà, con casa e giardino, è stata divisa in due ed è occupata da due famiglie che non vanno molto d'accordo tra loro. Da un lato, l'arredamento e i nani del giardino sono blu, dall'altro rossi. E gli gnomi, che si animano solo quando gli esseri umani non stanno a guardare, mantengono viva la rivalità, disputandosi il territorio e gli utensili. Naturalmente, Gnomeo, leader dei blu, conoscerà e s’innamorerà di Giulietta, figlia del leader dei rossi, in un amore chiaramente impossibile...



Romeo e Giulietta di Shakespeare può servire a diversi usi: di solito, tutti ricordano West Side Story o la versione interpretata da Di Caprio. Questa volta la vicenda si propone come storia di fantasia per bambini, in formato digitale. L'adattamento, piuttosto divertente, lo si deve alla mano di Kelly Asbury, già dietro a Shrek 2, che ha fatto un buon film d'animazione, senza voler misurarsi con i colossi della Pixar e della Disney. Personaggi molto divertenti, ritmo serrato, una colonna sonora di ottimo livello e molte, molte battute che divertono tutti. Soprattutto quanti conoscono e amano Shakespeare. Divertente, senza pretese. Fernando Gil-Delgado. ACEPRENSA.

Pubblico: Tutti. Contenuti: --- (ACEPRENSA)

Kick-Ass

9/4/2011. Regista: Matthew Vaughn. Sceneggiatura: Jane Goldman, Matthew Vaughn. Interpreti: Aaron Johnson, Garrett M. Brown, Clark Duke, Evan Peters, Deborah Twiss. 117 min. GB, USA. 2010. Adulti. (VXD)

Matthew Vaughn (Londra, 1971), al suo terzo film, torna al tono crudo e decisamente violento dell'esordio: The Pusher. Vaughn, che ha cominciato da produttore dei film di Guy Ritchie, come Lock & Stock e Snatch: lo strappo, adatta un fumetto scritto da Mark Millar e John Romita Jr., due autori capaci di imbrattare l'universo Marvel con un assortimento di sesso, violenza e dialoghi da bassofondo.



Ciò che può sembrare, inizialmente, una chiassosa e oscena critica al genere di film dedicato ai super-eroi, cui è sensibile il cinema attuale, è un'ulteriore prova di depravazione. La protagonista è una ragazza di 11 anni che uccide la gente e vomita scurrilità, tirata su da un padre a sua volta tarato. Una macedonia di carenza di intelligenza, un film per adolescenti pervertiti, che include il peggio dei film di Tarantino e dei fumetti deliranti di cultura underground. Alberto Fijo. ACEPRENSA.

Pubblico: Adulti. Contenuti: V, X, D (ACEPRENSA)

I ragazzi stanno bene

9/4/2011. Regista: Lisa Cholodenko . Sceneggiatura: Lisa Cholodenko, Stuart Blumberg. Interpreti: Annette Bening, Julianne Moore, Mia Wasikowska, Mark Ruffalo, Josh Hutcherson.104 min. USA. 2010. Adulti. (XD)

Ci sono momenti in cui non riesco a giudicare credibile quello che stanno cercando di raccontarmi. Come puntualmente mi è accaduto con I ragazzi stanno bene: un film impresentabile, a prescindere dal fatto che non si distingua per qualcosa di speciale, né per il montaggio, né per la colonna sonora o per il ritmo. Ha due grandi attrici, sì, ma anche loro incapaci di reggere un film che non si allontana molto da uno spettacolo di tv-movie di una certa consistenza. Ed anche se sono due grandi interpreti, non riescono a far credere di costituire una stabile e felice matrimonio lesbico. Né la loro radicalità e mancanza di inibizione nel trattamento del sesso, né il buonismo del donatore di seme (per la fecondazione), e la sua rapida integrazione in famiglia, con accettazione immediata da parte dei figli adolescenti, favoriscono l'idea che questo sia un modello di famiglia normale: è così essemplare, da risultare semplicemente irreale.

Ma il grado di incredulità infrange ogni limite, quando un impossibile affare di donne, si conclude con un discorso che inneggia alla fedeltà coniugale: siamo tutte brave persone e qui non è successo niente di sconveniente. Perfino se, invece di una coppia di lesbiche, gli interpreti fossero un uomo e una donna, risulterebbe una storia ancora zeppa di luoghi comuni.

Leggo che la californiana Linda Cholodenko, che ha diretto il film, è lesbica e madre, per inseminazione artificiale. Da cui deduco la finalità didattica della sua comunicazione cinematografica e l'impegno ideologico di gran parte dei dialoghi. In realtà, ho capito quasi tutto, tranne una cosa: la nomination agli Oscar. Ana Sánchez de la Nieta. ACEPRENSA.

Pubblico: Adulti. Contenuti: X, D (ACEPRENSA)
RANGO

26/3/2011. Regista: Gore Verbinski. Sceneggiatura: John Logan. Voci originali: Johnny Depp, Timothy Olyphant, Isla Fisher, Abigail Breslin, Bill Nighy. 107 min. USA. 2011. Tutti-Giovani

Un camaleonte in cattività scappa dalla triste realtà: un terrario, dove l'unica compagnia è una bambola Barbie rotta-immaginandosi film di cui diventare il protagonista. Il destino lo porterà presso una triste popolazione del wild west chiamata Dirt (sporcizia), che sta morendo di sete. Ed è laggiù, che potrà apparire proprio come il desiderato eroe di un film, che arriva in città appena in tempo per salvare la comunità da un gruppo di malvagi banditi.



Al suo primo film d'animazione, Verbinski offre un divertente e originale omaggio al western, con l'aiuto di Johnny Depp. Il camaleonte Rango è stato progettato ad immagine dell'attore, che ha messo la voce e l'anima. La miscela west-Depp ci offre una commedia pazza, intelligente: una dichiarazione d'amore per il genere western. Infatti, nonostante lo strano aspetto, Rango è un western crepuscolare che attinge a fonti classiche nelle trame, nei personaggi e nei conflitti: il bullo, il vigliacco, gli ultimi eroi, la ricerca di un'identità, lo sfruttatore, il duello, i grandi inseguimenti, la storia sentimentale e lo spirito del West. La fotografia è realistica e spettacolare, e l'allusione a Clint Eastwood è riuscita e divertente, come pure quelle numerose a Sergio Leone, talune a Cat Ballou, ed anche a molti altri classici.

Ma Rango è troppo lungo e presenta qualche caduta di ritmo, compensata da buoni dialoghi e personaggi straordinari. Rimane da sapere a quale pubblico intende rivolgersi la pellicola. Adatta a bambini pre-adolescenti, ma idonea -in fondo- solo agli amanti del western, genere di cui spesso i giovani sanno ben poco. Un buon film, che deve però ancora trovare un suo pubblico. Fernando Gil-Delgado. ACEPRENSA.

Pubblico: Tutti-Giovani. Contenuti: --- (ACEPRENSA)