Le cronache di Narnia - Il viaggio del veliero

18/12/2010. Regista: Michael Apted. Sceneggiatura: Christopher Markus, Stephen McFeely e Michael Petroni. Interpreti: Georgie Henley, Skandar Keynes, Ben Barnes, Will Poulter, Peter Dinklarge. 115 min. Gran Bretagna. 2010. Tutti.

Mentre continua ad infuriare la seconda guerra mondiale, Edmund e Lucy Pevensie vengono trasportati a Narnia, questa volta insieme all'insopportabile cugino Eustace, che disprezza le fiabe. Una volta nel magico regno, si ritrovano con l'ex Principe Caspian, nel frattempo diventato re. E tutti intraprendono la ricerca delle sette spade dei cavalieri espulsi dall'usurpatore Miraz. Attraverseranno mari inesplorati a bordo del veliero Viaggiatore dell’Alba trovando, nella loro odissea: mercanti di schiavi, sirene, nani, isole incantate, draghi, serpenti di mare e il mitico leone Aslan, che aiuta gli eroici ragazzi nelle loro prove.



Il viaggio del Veliero è il quinto volume di Le Cronache di Narnia, uno dei sette romanzi per giovani che C.S. Lewis pubblicò tra il 1950 e il 1956. Sono state già realizzate sofisticate versioni cinematografiche tratte dal secondo libro, Il leone, la strega e l'armadio, e dal quarto, Il principe Caspian. Questo adattamento è stato prodotto di nuovo dalla Walden Media, ma questa volta associata alla Fox, dopo la rinuncia di Disney.

La natura allegorica che Lewis ha dato alla saga appare ancor più in questo film, che affronta con coraggio la vocazione di ogni personaggio e le tentazioni che devono superare per realizzarla. Sempre con la fede, quale principale arma soprannaturale, e con le virtù umane come contrappeso ai sette peccati capitali, esaminati in modo approfondito durante il film. Così, senza rinunciare all'avventura e alla fantasy, si recupera il tono -più mistico che epico- del primo film della serie, soprattutto nel coinvolgente epilogo.

Questo prezioso approccio è sviluppato con forza dal veterano regista inglese Michael Apted (Amazing Grace), che dosa molto bene luci abbaglianti ed ombre inquietanti, nella naturalistica messa in scena, rafforzata dagli splendidi effetti del 3D stereoscopico. Per questo, può contare su di un eccellente lavoro di ambientazione, sulla fotografia ricca di contrasti di Dante Spinotti e sulla suggestiva partitura di David Arnold. Da parte loro, gli attori sanno estrarre -dai rispettivi personaggi- tutte le ricche sfumature drammatiche, soprattutto il giovanissimo Will Poulter, che riesce ad ottenere una superba caratterizzazione del cugino Eustace, principale contrappunto comico del film. Jerónimo José Martín. ACEPRENSA.

Pubblico: Tutti. (ACEPRENSA)

Harry Potter e i doni della morte - parte I

18/12/2010. Regista: David Yates. Sceneggiatura: Steve Kloves. Interpreti: Daniel Radcliffe, Emma Watson, Rupert Grint, Ralph Fiennes, Helena Bonham Carter. 148 min. USA, Gran Bretagna. 2010. Giovani.

La storia di Harry Potter e della sua lotta contro Voldemort ha subito un mutamento di tonalità, a partire dall'episodio dell’Ordine della Fenice: quel film si allontana dalla famosa scuola di magia e si concentra sulla maturazione degli adolescenti. ll male cresce e il mondo diventa più sinistro. La morte, con tutto ciò che implica, irrompe con forza. David Yates, che in quell'occasione era passato a dirigere gli adattamenti cinematografici, al primo tentativo aveva deluso il pubblico dei fans di Harry Potter, esperti del libro. Nel successivo film della saga era già riuscito a migliorare, ma qui si è superato, anche se credo che non sia solo merito suo.



Dopo la morte di Silente, Harry Potter rimane solo ad affrontare Voldemort. Harry deve trovare gli Horcrux, oggetti magici che contengono pezzi di anima di Voldemort, e distruggerli. Harry conterà, come sempre, sull'aiuto di Ron e di Hermione, e di alcune indicazioni lasciate nel testamento da Silente; ma alla fine si troveranno soli contro tutti, riuscendo però a mantenere la speranza, propria di quanti non hanno ancora ceduto al fascino perverso del lato oscuro.

La storia è più noir che mai: comincia come un racconto del terrore, tenendosi distante dalle ingenue fantasie delle prime avventure e seguendo il percorso dell’eroe. Sono in tre ad intraprendere quel cammino iniziatico, seguendo da vicino la narrazione del libro: dettaglio non banale, che fa tributare la gratitudine dei lettori a regista e sceneggiatore. Questa volta non rimarranno delusi, tranne forse i non iniziati. Questi ultimi vedranno troppi personaggi, troppe avventure, cui si contrappongono scarse spiegazioni.

David Yates gira sapientemente, tenendosi alla larga dalla famosa scuola di Hogwarts. Cura la messa in scena, le scenografie, e dirige tutto un vivaio di attori secondari, capaci di conferire un incanto davvero realistico al penultimo episodio della serie. Fernando Gil-Delgado. ACEPRENSA.

Pubblico: Giovani. Contenuti: ---- (ACEPRENSA)

Megamind

18/12/2010. Regista: Tom McGrath. Sceneggiatura: Alan J. Schoolcraft, Brent Simons. Animazione. 96 min. USA. 2010. Tutti-giovani

Megamind è nato in un pianeta lontano, distrutto da cause naturali. I genitori lo hanno inserito in un razzo ed inviato sulla Terra. Fin qui ci troviamo su un terreno familiare: è la storia di Superman. Ma durante il viaggio verso la Terra eco che incontra un altro bambino, anche lui posto in salvo su di un razzo. Megamind atterra in un carcere e viene educato da rozzi detenuti; l'altro bambino cadrà in una villa, dove sarà bene educato, diventando Metro Man, l'eroe bello di Metro City. L’intera vita di Megamind sarà una lotta contro Metro Man, che vince sempre. Ma un giorno ...



Il nuovo film della DreamWorks Animation, se tiene alto il marchio di produzione, e infatti risulta ben fatto, tuttavia dà ancora una volta l'impressione di collage di spunti tratti da film già noti, come Superman e Cattivissimo me, dei quali riproduce l'approccio, senza dimenticare alcune specifiche allusioni a Gli Incredibili.

Megamind manca di originalità. E anche di grazia. Cattivissimo me suppliva alla scarsità del testo con battute divertenti e personaggi accattivanti. Invece, la parte centrale di Megamind è una storia seria, che fonda la propria attrattiva su dialoghi brillanti, fuori portata però proprio da quei bambini che invece dovrebbero costituire il target del film. Credo che risulterà deludente e noioso per i più piccini; piacerà di più a partire dei dieci anni, senza mai arrivare ad incantare.

Visivamente è corretto, con una brillante applicazione del 3D. Risulta ben realizzato e dimostra che questo sistema ha un futuro più promettente per l'animazione che non per i film con attori. Fernando Gil-Delgado. ACEPRENSA.

Pubblico: Tutti-giovani. Contenuti: --- (ACEPRENSA)

Precious

18/12/2010. Regista: Lee Daniels. Sceneggiatura: Geoffrey Fletcher. Interpreti: Gabourey Sidibe, Mo’Nique, Paula Patton, Mariah Carey, Lenny Kravitz. 110 min. USA. 2009. Adulti. (VXD)

Premiata a Cannes, Sundance, San Sebastian, Toronto e altri festival, Precious ha ricevuto anche due Oscar, uno alla miglior attrice non protagonista, Mo'Nique, e l'altro per la miglior sceneggiatura non originale. Il film, tratto dal romanzo Push di Sapphire, è diretto dall'afroamericano di Pennsylvania Lee Daniels, che con Precious realizza il suo secondo lavoro, dopo Shadowboxer (1995). Interpretato da Gabourey Sidibe, si avvale di un cast che annovera anche la cantante Mariah Carey.



Il film racconta la vita di Claireece Precious Jones, ragazza di 16 anni, con obesità patologica e dalla vita famigliare infernale. Violentata sistematicamente dal padre e aggredita dalla madre, unica sua motivazione è lo studio. Avvertiti i servizi sociali della sua seconda gravidanza incestuosa, le viene proposto di frequentare un centro di formazione personalizzata per studenti a rischio di esclusione sociale. Qui incontra Miss Rain, che si fa coinvolgere pienamente pur di estrarre Precious fuori dall'abisso in cui vive.

Precious è un film dalle eccellenti trovate, ma resta un po' a metà. Quindi, un po’ deludente. La cosa migliore è che dimostra che è possibile andare avanti, anche nelle circostanze più dure, se qualcuno ti abbraccia e crede in te incondizionatamente. È anche molto positiva la religiosità naturale che rispecchia il film, così profondamente radicata nella cultura afroamericana, basata su frasi del tipo: "tutto è un dono", "Dio fa nuovo ogni giorno", "ogni giorno spero che accadrà qualcosa”…

Ma la soluzione finale che il film riserva alla protagonista non appare convincente, così che la proposta iniziale naufraga nel sempre sgradevole mare del politicamente corretto. In tal senso, la sotto-trama lesbica appare un'artificiosa allusione all’ideologia di genere. Inoltre, anche se il film è girato con forza, la narrazione è confusa e irregolare. Va notato poi, che la pellicola contiene momenti molto duri e sordidi. In breve, avrebbe potuto essere il film dell'anno, ma rimane solo un promettente esercizio stilistico. Juan Orellana. ACEPRENSA.

Pubblico: Adulti. Contenuti: V, X, D (ACEPRENSA)

Gli uomini di Dio

20/11/2010. Regista: Xavier Beauvois. Sceneggiatura: Etienne Comar, Xavier Beauvois. Interpreti: Lambert Wilson, Michael Lonsdale, Olivier Rabourdin, Philippe Laudenbach, Jacques Herlin, Loic Pichon. 120 min. Francia. 2010. Giovani.

Nel 1938 viene completata l'erezione del monastero cistercense di Notre-Dame de l'Atlas a Tibhirine nella regione Medea, in Algeria. Da allora i monaci del monastero hanno vissuto pacificamente con la popolazione del villaggio vicino, costituito interamente dai mussulmani, fino al 1996. In quell'anno gli otto monaci che sono presenti nel monastero continuano a vivere in povertà ed in preghiera, al servizio della popolazione ma Ia notizia dell'uccisione di alcuni lavoratori stranieri che operano nella zona da parte di un gruppo di fondamentalisti islamici dà ai monaci la precisa sensazione che la loro vita è in pericolo. Christian, il superiore del monastero propone agli altri monaci di non partire...



È un vero piacere vedere film come questo. Non è tanto interessante il racconto dei fatti realmente accaduti nel 1996 a cui si ispira il film, noti ai più, ma ciò che affascina è il modo con cui il regista è riuscito a scavare nell'intimo di animi nobili come quelli degli otto frati di Tibhirine, uomini semplici abituati a vivere con semplicità, impegnati di colpo a trovare, o meglio a ritrovare il senso più profondo della loro esistenza e, con tutti i timori e le paure di qualsiasi essere umano in simili circostanze, costretti a fronteggiare l'ipotesi concreta del martirio.

Il film inizia con il racconto di come trascorre una giornata ordinaria di questi monaci: all'interno della loro comunità, fatta di momenti di preghiera e di lavoro nei loro campi ma anche quella passata al servizio degli abitanti del paese limitrofo : visite mediche (padre Luc è un dottore), aiuto a chi non sa leggere e scrivere ma anche vendita al mercato del miele da loro stessi prodotto allestendo una bancarella in mezzo a tante altre. I monaci si incontrano periodicamente con i notabili del paese per discutere temi di interesse comune o per partecipare alle ricorrenze del paese; in queste e in altre occasioni il priore non manca di mostrare la sua profonda conoscenza del Corano ricordando la saggezza che traspare da tante sue pagine.

La seconda parte del film inizia con una tragedia (l'uccisione di alcuni lavoratori croati da parte di terroristi islamici ostili al governo) e appare chiaro che gli otto monaci corrono un pericolo reale. Da questo momento il regista inizia ad approfondire la psicologia, i pensieri, i dubbi degli otto uomini. E' la parte più bella del film, dove ci viene mostrato la profondità e al contempo l' altezza a cui l'animo umano può arrivare. Essi ci appaiono fragili e pieni di timori (il più giovane di loro si sente addosso, la paura fisica che lo attanaglia) ma al contempo cercano continuamente di ritrovare il significato più profondo della loro presenza in quel paese.

Hanno una decisione da prendere e lo fanno da uomini di Dio: pregano nella loro piccola cappella ma spesso meditano all'aperto, a contatto con la natura; si riuniscono per discutere o parlano privatamente con il priore, aprendo senza reticenze il loro cuore. Quando alla fine, pur con motivazioni diverse, tutti concordano con la decisione di restare, ormai hanno vinto, perché la vittoria è dentro di loro.

Molto giustamente il regista narra sbrigativamente la terza fase, quella della loro cattura e prigionia evitandoci qualsiasi dettaglio violento. La vera storia, quella della tempesta nell'animo degli otto frati si era già conclusa in precedenza, celebrata con una strana festa organizzata nel loro refettorio intorno a un bicchiere di vino buono e come sottofondo la musica del Il lago dei cigni di Čajkovskij proveniente da una vecchia radio.
Il film apre la strada a molte discussioni, come ogni film che sa scavare seriamente intorno a dei fatti realmente accaduti. Era giusto restare o sarebbe stato più corretto preservare la propria vita e proseguire l'attività in un'altra zona meno rischiosa? Per dei monaci benedettini è corretto l'atteggiamento di stabilire una presenza pacifica in mezzo a un territorio musulmano senza fare apostolato o deve sempre venir mantenuto l'obiettivo prioritario della diffusione del Vangelo? Sono risposte difficili da dare e in questo si è condizionati dalla rappresentazione dei fatti che ci è stata presentata dall'autore.

Il terrorista Ali Fayattia che uccide gli operai croati ma poi stranamente si dimostra rispettoso dei frati e della loro fede sembra essere stato introdotto dall'autore per indurre lo spettatore ad assumere una posizione baricentrica fra i rivoltosi e i governativi algerini. Xavier Beauvois che si definisce un ateo sembra guardare la fede cristiana e quella musulmana con equidistanza, proprio per sottolineare l'importanza di una convivenza pacifica. La risposta va ricercata probabilmente nelle prime immagini del film, nella perfetta simbiosi fra il monastero e il villaggio. "Il pastore non abbandona il suo gregge nel momento in cui arriva il lupo"-commenta un frate. "Partire è morire" commenta Luc, il frate medico.

Al più giovane di loro, il più timoroso di perder la vita, il priore ricorda che "la tua vita tu l'hai già donata, per seguire Cristo, quando hai deciso di abbandonare tutto" e ancora: "si è martiri per amore. La nostra missione qui è di essere fratelli di tutti. L'amore supera tutto, sopporta tutto". Ecco allora il significato del restare: restare per testimoniare senza tentennamenti che ciò per cui hanno dedicato un'intera vita è ciò per cui sono disposti anche a morire. Nel suo testamento spirituale, letto in voce-off alla fine del film, Christian non dimentica di perdonare chi lo ha ucciso: "..anche per te amico dell'ultimo minuto che non sapevi quello che facevi, anche per te voglio che questo grazie e questo a-Dio comprendano anche te e che ci sia permesso di ritrovarci, "ladroni felici", in paradiso. A Dio piacendo a nostro padre, padre di entrambi. Francesco Olearo. Per gentile concessione di FAMILYCINEMATV.

Valori/disvalori: La fede rende nobili e coraggiosi degli uomini semplici e desiderosi di vivere in pace e in tranquillità con il prossimo.

In visione a partire: pre-adolescenti. Il tema trattato è molto nobile anche se può esser ben compreso a partire dagli adolescenti.

Giudizio tecnico: **** Un film intenso e asciutto, con poca concessione allo spettacolo, tutto giocato sui tormenti interiori e i dubbi (ma anche la fede) dei protagonisti.

Unstoppable-Fuori controllo

20/11/2010. Regista: Tony Scott. Sceneggiatura: Mark Bomback. Interpreti: Kevin Dunn Denzel Washington, Chris Pine, Rosario Dawson, Ethan Suplee.100 min. USA. 2010. Giovani.

Tony Scott ama i treni. A volte sono stati un pretesto di contorno (Una vita al massimo), alte volte, come in Pelham 123-Ostaggi in metropolitana vengono alla ribalta. In questo caso, il treno assurge a protagonista assoluto della storia.



La macchina senza controllo umano che si muove a tutta velocità per distruggere una città ricorda più il film Godzilla che A 30 secondi della fine-Runaway Train, come era più logico attendersi. Sembra incredibile, ma il fatto è veramente accaduto, nel 2001, nei pressi di Toledo (Ohio). A causa di un errore stupido, un treno di 47 vagoni se ne andò da solo, senza macchinista, per 66 miglia, con un carico molto pericoloso. Un macchinista coraggioso balzò dentro il treno in corsa per fermarlo. L'ultimo film di Tony Scott racconta questa storia terrificante con la verve di un film catastrofico.

Questo commento merita una spiegazione: francamente, ci aspettavamo un altro film d'azione, una sorta di Speed, con il treno protagonista. Scott ci offre qualcosa di inatteso. Non è il suo miglior film, ma resta un film serio, con forte impatto visivo, sobrio, senza inutili fronzoli e con tutti gli elementi classici beni inseriti. Per di più, con un generoso budget di 100 milioni di dollari.

Scott mette in scena tutti gli elementi della fattispecie: la minaccia di un disastro imminente, gli sforzi delle autorità ufficiali per fermarlo, i media che si gettano sulla storia, la coppia classica di perdenti -un veterano (Washington) e un giovane (Pine)- che contro ogni previsione riescono a fare l'impossibile. E, sempre contro ogni previsione, Scott sorprende per la concisione, la chiarezza di esposizione ed i progetti creativi, questa volta adeguati e pienamente giustificati: utilizza le immagini dei giornalisti e dei telegiornali, che seguono questo evento che fa notizia, per completare la storia principale.

Neanche l'elemento umano è trascurato: i personaggi sono credibili e la scelta degli attori, riuscita. Denzel Washington aveva già lavorato per Scott (questo è già il quinto film che li coinvolge) e il giovane Chris Pine si mostra all'altezza del veterano collega. I loro drammi personali, senza distrarre dall'azione principale, completano il quadro. Fernando Gil-Delgado. ACEPRENSA.

Pubblico: Giovani. (ACEPRENSA)

Caccia alla spia

20/11/2010. Regista: Doug Liman. Sceneggiatura: John-Henry Butterworth, Jez Butterworth. Interpreti: Sean Penn, Naomi Watts, Sam Shepard, Bruce McGill, David Andrews. 106 min. USA. 2010. Giovani. (V)

Valerie Plame è un'analista economica, ma in realtà lavora da agente segreto della CIA. Valerie è donna molto apprezzata, intelligente, sicura di sé. È sposata con un diplomatico brillante d’idee liberali, e ha due figli. La vita di Plame sarà sconvolta, quando la sua reale identità verrà resa nota dalla stampa, per motivi interessati da parte di chi si cela nell'incognito.



La pellicola si basa su due libri autobiografici, scritti da entrambi i protagonisti di questa interessantissima storia: Fair Game, di Valerie Plame, e The Politics of Truth, di Joseph Wilson, il marito. In questi libri si ripercorrono gli eventi che li proposero come bersagli di un rozzo complotto, orchestrato da quanti volevano dimostrare che l'Iraq aveva armi di distruzione di massa, ad ogni costo. Il meglio del film è proprio il contenuto dei due libri. Liman (The Bourne Identity) è in possesso di una storia vera, molto efficace, interessante e ben documentata. Inoltre conta su di un paio di eccellenti attori. Con questa materia prima è quasi impossibile fallire un film. La sceneggiatura è ben scritta, il ritmo è buono e l’informazione appare ben dosata.

Da parte sua, Watts e Penn dimostrano di indossare bene i rispettivi ruoli, non troppo complicati. Il problema è che, al di là di questo, poco si può dire di un film in regola, ben eseguito, ma privo di personalità. Anche se questa mancanza di personalità è forse lo scotto che abitualmente deve pagare il cinema politico, dove ciò che conta è la storia. Ed il resto, artificio. Ana Sánchez de la Nieta. ACEPRENSA.

Pubblico: Giovani. Contenuti: V (ACEPRENSA)

The Social Network

20/11/2010. Regista: David Fincher. Sceneggiatura: Aaron Sorkin. Interpreti: Jesse Eisenberg, Andrew Garfield, Justin Timberlake, Joseph Mazzello, Rooney Mara. 125 m. USA. 2010. Adulti. (XD)

Quando ha debuttato Le vite degli altri, molti critici abbiamo detto che era il miglior film in un decennio. Questo lavoro di Fincher (Seven, Fight Club, Il curioso caso di Benjamin Button) raggiunge quel livello. Almeno per quanto riguarda il cinema americano, è un capolavoro assoluto, sia per l'abilissima direzione di Fincher, che per la sorprendente sceneggiatura dovuta al creatore di West Wing-Tutti gli uomini del presidente, per le interpretazioni di attori molto giovani, nonché per vari altri aspetti della trama del film.



Basato su The Accidental Billionaires, un libro di Ben Mezrich, la storia è la creazione -nel 2004- di Facebook, il social network che conta 500 milioni di utenti in Internet. Il fondatore, Mark Zuckerberg, attualmente ventiseienne, una notte di sette anni fa, mentre studiava a Harvard, con i compagni di stanza, programmatori molto esperti e intuitivi quanto lui, comincia a sviluppare una nuova idea.

Aaron Sorkin ha debuttato come sceneggiatore in A Few Good Men. La sua creazione televisiva, West Wing-Tutti gli uomini del presidente, è la serie più premiata nella storia. Credo che Sorkin sia il miglior scrittore vivente di dialoghi, per la fiction audiovisiva. The Social Network prende spunto da una conversazione al bar, che solo un genio poteva narrare. E continua con una storia avvincente, divertente, drammatica, paurosa, toccante...

Fincher si è messo al servizio di una storia coinvolgente, per niente compiacente, che rivela la grandezza e la miseria di una persona molto intelligente, che ha rivoluzionato la comunicazione interpersonale di una buona fetta di umanità. Al contempo, ha guadagnato una fortuna straordinaria ed ha propiziato modelli di comportamento che stanno esercitando grande impatto, nel bene e nel male, soprattutto sui minori che usano queste reti.

Il ritratto firmato da Fincher e Sorkin di uno di questi geniali personaggi, uscito da un campus della Ivy League, è altamente suggestivo. Hanno raccontato qualcosa di davvero difficile da raccontare. E lo hanno fatto così bene, da sembrare facile. Se i giurati che devono assegnare gli Oscar hanno la testa a posto, dovrebbero attribuirne una dozzina a questo film magistralmente recitato, con un superbo Jesse Eisenberg ed uno straordinario lavoro di Andrew Garfield, che ci ha già stupito con Leoni per agnelli. Alberto Fijo. ACEPRENSA.

Pubblico: Adulti. Contenuti: X, D (ACEPRENSA)

Cattivissimo me

20/11/2010. Registi: Chris Renaud, Pierre Coffin. Sceneggiatura: Ken Daurio, Cinco Paul. Colonna sonora: Heitor Pereira, Pharrell Williams. 95 min. USA. 2010. Animazione. Tutti.

Il supercriminale Gru vive nel proprio laboratorio segreto, circondato dai fidi scagnozzi, macchinando cattiverie. Sta nelle ore basse, sta diventando anziano e deve fronteggiare la concorrenza intensa di giovani emergenti. Così ha deciso di realizzare la più grande impresa di tutti i tempi: rubare la luna. E per compiere la missione utilizzerà, senza sapere a quali difficoltà andrà incontro, tre graziose orfanelle.



Il film fa sua l'idea che i cosiddetti “cattivi” potrebbero risultare più interessanti degli eroi. Infatti, Gru è un fac-simile dei classici malvagi avversari contro cui si batte James Bond: mega-progetti, laboratori segreti, scienziati pazzi e migliaia di apparecchiature dalla tecnologia avveniristica. Tuttavia, Gru non vuol dominare il mondo, ma solo essere riconosciuto come il più grande cattivo di tutti i tempi. Il suo laboratorio si trova in un quartiere residenziale, dove collaborano con lui i divertentissimi Minion, una sorta di ibrido di SpongeBob, e Mr. Hump Bonka Lumpa.

Fino a tempi relativamente recenti, i film di animazione non duravano tanto. Ora, la tecnica e le storie sono molto migliorate, e si producono film come Up o Coraline. Rispetto a loro, Cattivissimo me fa un passo indietro, perché la storia centrale viene allungata a base di gag, e si vede. Ad una corretta presentazione segue uno sviluppo meramente formale, che diverte parecchio, ma rimane un semplice diversivo. Il finale manifesta invece forza e qualità.

Di forte impatti visivo, Cattivissimo me è stato concepito per trarre vantaggio dal 3D in modo pratico, e non come mero ritrovato alla moda. Il problema è che gli appositi occhiali fanno perdere troppa luce (provate a rimuovere gli occhiali nella sala!); io preferisco la luce e il colore dello schermo piatto, agli effetti speciali in 3D, se su sfondo più scuro. Fernando Gil-Delgado. ACEPRENSA.

Pubblico: Tutti. Contenuti: --- (ACEPRENSA)

Inception

9/10/2010. Regista: Christopher Nolan. Sceneggiatura: Christopher Nolan. Interpreti: Leonardo Di Caprio, Joseph Gordon-Levitt, Ellen Page, Marion Cotillard, Cillian Murphy, Michael Caine, Tom Berenger, Lukas Haas, Ken Watanabe, Tom Hardy, Pete Postlethwaite. 148 min. USA, GB. 2010. Giovani. (V)

In un futuro non troppo lontano, ecco spuntare la tecnica che permette di entrare nei sogni degli altri. E nel subconscio, la persona "aggredita" può rivelare agli "aggressori" segreti nascosti, che rivestono valore pecuniario; o che ne consentono la manipolazione. Cobb è a capo di un gruppo di "ladri di sogni", ma vuol smettere di fare questa attività. Tuttavia, accusato dell'omicidio della propria moglie e lontano dai suoi due bambini, negli Stati Uniti, ecco che riceve da Saito, un personaggio di potere, un'offerta che non può rifiutare: dovrà penetrare nella testa di Robert Fischer, erede di un impero economico, e impiantare nella mente della vittima -come se fosse un'idea delle sue-, la liquidazione del sistema di imprese creato dal padre dello stesso. In cambio di questo servizio, Cobb potrà riunirsi alla propria famiglia ed iniziare una nuova vita.



Christopher Nolan, sceneggiatore e regista, si propone ancora una volta come di uno dei registi contemporanei più creativi. Riesce a consegnare una storia fantasiosa, di eccezionale qualità ipnotiche, solida nella complessa architettura narrativa, e -perché negarlo- non facile da seguire. Il merito consiste nell'evitare che lo spettatore finisca per perdersi, ma anzi afferri il nocciolo della questione, che è la tentazione di scansare la realtà per ritrovarsi in mondi più attraenti, ma non veri, in stile Matrix. Inoltre, riesce a coinvolgere lo spettatore grazie all'immersione nel mondo dei sogni a tre diversi livelli, dove il rischio di non svegliarsi, nonché le improvvisate soluzioni agli ostacoli che si presentano, offrono molte emozioni.

Le immagini sono davvero belle e i mondi che si possono creare in sogno, straordinari. Si può davvero innovare e creare, grazie agli effetti speciali che emergono, per esempio, nei momenti di assenza di gravità, pura magia. Inoltre, Nolan ci prende in pieno quando si tratta di definire personaggi e conflitti, ed anche nella selezione di un cast vincente. Leonardo Di Caprio (Cobb) brilla in un'altra storia "mentale" dopo Shutter Island, con la sconvolta moglie, Marion Cotillard, che lui non riesce a dimenticare. Il suo dramma familiare si svolge con grande abilità, grazie al personaggio di Ellen Page, universitaria brillante che sa indovinare quello che lui nasconde ai propri "colleghi di sogni". Notevole anche il ruolo del compagno di squadra, interpretato da Joseph Gordon-Levitt. C'è spazio per la sorpresa. Infine, il modo in cui viene eseguito il piano per "fecondare" la testa di Fischer -bene, Cillian Murphy-, si traspone in un'atmosfera splendida, di inattesa poesia. José María Aresté. ACEPRENSA.

Pubblico: Giovani. Contenuti: V (ACEPRENSA)

Innocenti bugie

9/10/2010. Regista: James Mangold. Sceneggiatura: Patrick O’Neill. Interpreti: Tom Cruise, Cameron Díaz, Peter Sarsgaard, Paul Dano, Jordi Mollà. 110 min. Giovani. USA. 2010. (SD)

June va in aeroporto, alla vigilia delle nozze della sorella a Boston. Un affascinante sconosciuto, Roy, s’imbatte un paio di volte con lei, per poi ritrovarsi sul medesimo aereo. Sta già pensando di iniziare una storia con lui, ma non può immaginare che, mentre va un momento alla toilette, Roy si appresta ad affrontare passeggeri ed equipaggio al completo, cattivi confabulati contro di lui, per impossessarsi di una batteria di energia inesauribile. Da quel momento inizia una vertiginosa montagna russa che vede coinvolta la povera June, dove non ci si può fidare dei "buoni", ed invece puoi farlo proprio di chi sembra un nevrotico elevato al cubo: Roy.



Il film di James Mangold, sceneggiato da Patrick O'Neill, è una chiara allusione al classico film di Hitchcock, Intrigo internazionale, con il suo cocktail di azione, commedia e romanticismo. Nella parte migliore del film si deve sottolineare il carisma dei due personaggi principali, i divertenti Tom Cruise e Cameron Diaz.

In sintesi, è uno spettacolo di puro intrattenimento, veloce, dal ritmo frenetico, anche se avremmo apprezzato un po' di coerenza, oltre ad evitare l’assurdità -per chi conosce la Spagna- di rappresentare la festa di San Fermín a Siviglia. Naturalmente, le sequenze d'azione a Salisburgo e Siviglia sono di notevole effetto, alla ricerca del “sempre più difficile”. Anche se a questo punto sembra quasi impossibile innovare. José María Aresté. ACEPRENSA.

Pubblico: Giovani. Contenuti: S, D (ACEPRENSA)

Mangia, prega, ama

9/10/2010. Regista: Ryan Murphy. Sceneggiatura: Ryan Murphy e Jennifer Salt, basata nelle memorie de Elizabeth Gilbert. Interpreti: Julia Roberts, James Franco, Billy Crudup, Javier Bardem, Richard Jenkins. 140 min. USA. 2010. Adulti. (S)

Eat, Pray, Love è il titolo di un libro di memorie di Elizabeth Gilbert, ben accolto negli Stati Uniti, dove si racconta come questa donna abbia lasciato tutto -casa, ricchezza, marito-, pur di ritrovare se stessa. Il libro, dicono, è agile e intelligente. Il film si ferma all'aneddotico.



Un bel giorno, Liz Gilbert (Julia Roberts), scoprendosi annoiata della propria esistenza, chiede il divorzio allo sconcertato marito. Reinventandosi un nuovo celibato, ha una relazione con un giovane attore (Jess Franco), ma lo lascia poco dopo. Decide finalmente di cambiare scenario, per trovare pace. Organizza così un anno sabbatico, in tre tappe: Italia, India e Bali. In Italia impara l’italiano, la cultura del dolce far niente e del piacere della buona tavola. In India, impara la disciplina e la meditazione. E a Bali, trova la pace interiore e torna ad amare.

Se le cose sono andate davvero così, bisognerà dare a Liz Gilbert il premio alla donna più fortunata del mondo, che può permettersi di viaggiare a piacimento, spendendo senza limiti, e trovando -al suo passaggio- un corteo di gente per bene, sempre pronta a farsi in quattro per lei. Ma non ha avuto fortuna con il film.

Ovviamente, Julia Roberts era la persona ideale per valorizzarlo, ma la regia è deplorevole: il film è un cumulo di storie senza ordine, concerto, né misura. Sembra che non ci sia altro scopo che quello di fotografare l'attrice, nei più diversi tipi di abbigliamento, acconciature e sfondi. E ce ne sono molti, in un viaggio intorno al mondo. Julia Roberts è una grande attrice ed è molto fotogenica, ma centoquaranta minuti sullo schermo imperniati solo su di lei, finiscono per stancare anche un bue. C'è solo un momento memorabile: quando Richard Jenkins le tiene testa, in India. Javier Bardem appare invece un mero fantoccio che si fa vivo -verso la fine del film- per ballare con lei e baciarla (stendiamo un pietoso velo sul dialogo). In breve, uno sfacciato romanzo rosa, con vago tocco New Age. Fernando Gil-Delgado. ACEPRENSA.

Pubblico: Adulti. Contenuti: S (ACEPRENSA)

Wall Street: il denaro non dorme mai

9/10/2010. Regista: Oliver Stone. Sceneggiatura: Allan Loeb, Stephen Schiff. Interpreti: Michael Douglas, Shia LaBeouf, Carey Mulligan, Susan Sarandon, Josh Brolin. 127 min. USA. 2010. Giovani. (D). Nelle sale il 22 ottobre.

Nel 2001, Gordon Gekko esce di prigione, dopo aver scontato una condanna per crimini finanziari. Sette anni dopo, l'ex squalo di Wall Street pubblica L'avidità è buona? È un libro che anticipa la crisi finanziaria globale. Winnie, la figlia di Gordon, non gli parla, perché lo accusa della morte del fratello, per droga. Paradossalmente, lei pensa di sposarsi Jake, immerso nel mondo delle grandi imprese, un tipo non proprio diverso dal contestato padre.



L'avidità nei mercati azionari, che ha conosciuto un boom negli anni 80 del secolo scorso, è stata immortalata dal personaggio di Gordon Gekko nel film Wall Street, in cui -per la parte di miglior protagonista- Michael Douglas ha vinto l'Oscar. Con i recenti eventi della bolla immobiliare (negli USA, in Spagna ed altrove), c’era una logica aspettativa su ciò che avrebbe realizzato Oliver Stone, riprendendo il personaggio di Gekko.

Non sta certo al film spiegare l'attuale crisi finanziaria. Ma delude il fatto, che la utilizzi come semplice sfondo ideale, per ricuperare il personaggio già apparso nell'omonimo film del 1987, ed inserirne di nuovi. In questo nuovo episodio, si pone il quesito subliminale se Gekko sia capace di riscattarsi, per diventare una persona migliore. Altri spunti emergenti dalla trama sono il valore del tempo, capitale più prezioso dei soldi, nonché l'importanza di contribuire alla società con qualcosa di tangibile, si tratti di una nuova fonte di energia o della dedizione infermieristica, nel caso della madre di Jake.

A questa accurata produzione di studio manca il respiro dell'originale. Le manca spazio, per inquadrare una tragedia al modo di Shakespeare; eccede, al contrario, quel convenzionalismo melenso così evidente in un finale scarsamente elaborato. Il disegno della "jungla" di Wall Street e di Internet, spesso appare un mero cliché. Stone ha la fortuna di avere attori che si stagliano sui personaggi interpretati, per valorizzarli. Carey Mulligan infonde serietà al suo ruolo, rendendolo credibile; Michael Douglas sostiene le vicende mutevoli di un Gekko un po’ "banderuola", Josh Brolin ha cinismo da vendere... Meno credibile appare un Shia LaBeouf "saputello", nei panni dello scienziato Austin Pendleton; o Susan Sarandon, in quelli di un'agente immobiliare. José María Aresté. ACEPRENSA.

Pubblico: Giovani. Contenuti: D (ACEPRENSA)

Bright star

25/9/2010. Regista: Jane Campion. Sceneggiatura: Jane Campion. Interpreti: Abbie Cornish, Ben Whishaw, Paul Schneider, Kerry Fox, Edie Martin. 119 min. GB, Australia, Francia. 2009. Giovani.

Dopo un incursione senza successo nel genere thriller, la neozelandese Jane Campion (Lezioni di Piano, Ritratto di signora) torna al film d'epoca, per raccontare un dramma romantico che prende spunto da una storia vera: la storia d'amore tra il poeta inglese John Keats e la giovane Fanny Brawne. Un amore appassionato, reso impossibile dalla mancanza di salute e dalla rovinosa situazione economica di Keats.



Se c'è un aggettivo che qualifica Bright Star, è delicato. Partendo dalla corrispondenza di Keats -le sue lettere molto belle e appassionate, scritte a Fanny-, la Campion ricostruisce una storia intima d'amore, triste ed elegante. Il romanticismo del film è fatto di sguardi, piccoli gesti, carezze e versi... Soprattutto di versi, di poesia. Una trama lontana da certa tendenze dell’attuale cinema romantico, incapace di avvertire le sottigliezze.

Quanti sono pronti a superare il pregiudizio di affrontare una storia a ritmo lento e tono nostalgico, troveranno un film dalla produzione molto curata, una messa in scena e una fotografia eccellenti, una ricostruzione d'epoca perfetta, poesie bellissime, paesaggi affascinanti della campagna inglese, per non parlare delle valide interpretazioni di Ben Whishaw (Profumo, Brideshead Revisited), che sta affermandosi come uno specialista del cinema d’epoca, e Abbie Cornish (Candy) capace di sorprendenti cambi di registro. La storia è poca cosa ed è raccontata in un modo un po' accademico? Forse, ma pensando solo ai pregi suddetti, è già uno spettacolo cui vale la pena assistere. Ana Sánchez de la Nieta. ACEPRENSA.

Pubblico: Giovani. (ACEPRENSA)

I mercenari

25/9/2010. Regista: Sylvester Stallone. Sceneggiatura: Sylvester Stallone, Dave Callaham. Interpreti: Jason Statham, Mickey Rourke, Sylvester Stallone, Jet Li, Dolph Lundgren, Randy Couture, Terry Crews, Eric Roberts, Arnold Schwarzenegger, David Zayas, Giselle Itié. 100 min. USA. 2010. Giovani.

Barney ed il suo manipolo di mercenari sono reclutati per uccidere il despota di un paese sudamericano. La missione diventa più intricata del previsto, a causa delle macchinazioni della CIA, del tradimento di un amico e del sincero patriottismo di Sandra, figlia del dittatore. Così -per una volta-, il gruppo agirà per ideali. Senza vendersi l'anima per denaro.



Sylvester Stallone, è il regista, protagonista, nonché co-autore di un film d'azione senza troppe pretese, il cui principale merito consiste nell'aver messo insieme tanti attori capaci di identificarsi nel film d'azione, al meglio delle loro possibilità. Vi appaiono, oltre a lui: Jet Li, Jason Statham, Dolph Lundgren, Bruce Willis, Mickey Rourke, Arnold Schwarzenegger... Di quelli di cui non si poteva fare a meno, mancano all'appello solo Jean-Claude Van Damme, Steven Seagal, Vin Diesel e Jackie Chan: peggio per loro!

La trama passa in secondo piano rispetto all'adrenalina, alle molte esplosioni, alle coreografie d'azione, alle torture... E gli inevitabili dialoghi "solenni", cui non manca un pizzico di auto-ironia, passano dall'esaltare la lealtà tra commilitoni alla promessa di dare una severa lezione al cattivo di turno. In tal senso, soltanto in una scena, Mickey Rourke deve piegarsi ad una recitazione un po' forzata. La verità, però, è che ci si aspetterebbe un po’ di più da Stallone. Ma questo è quanto offerto allo spettatore.

Pubblico: Giovani. Contenuti: Azione 4, Amore 1, Lacrime 1, Risate 1, Sesso 0, Violenza 2 [da 0 a 4](DECINE 21)

The Karate Kid: la leggenda continua

25/9/2010. Regista: Harald Zwart. Sceneggiatura: Christopher Murphey. Interpreti: Jaden Smith, Jackie Chan. 131 min. USA, Cina. Giovani. (V)

Chi ha visto la prima versione di The Karate Kid (1984) riconoscerà i principali elementi della storia, che la nuova versione segue fedelmente: un ragazzo e sua madre si trasferiscono in un'altra città, e in questo caso, in un altro paese: la Cina. Il ragazzo non ama la nuova casa, ma quando una compagna di scuola gli sorride, la situazione non sembra poi tanto male. Purtroppo per lui, nella la scuola c’è un bullo -esperto di kung-fu- che se la prende con lui.


La storia, per come raccontata dal produttore Will Smith, padre del piccolo protagonista, “offre elementi universali, di apprendimento, di miglioramento, di superamento e di amicizia, che si possono perpetuare per il corso dei secoli". La trama del film, pur restando invariata, non solo aggiorna la storia, ma le apporta qualcosa di nuovo: la sua ubicazione in Cina.

Il giovane Jaden Smith esibisce un certo “aplomb” davanti alla cinepresa e una straordinaria espressività. La storia di bullismo, purtroppo molto attuale, è un elemento nuovo e credibile. Per il ruolo del signor Miyagi, Jackie Chan è apparso l'attore più indicato: un lottatore che preferisce la lettura alla rissa e mantiene l'atteggiamento del vecchio saggio, duro all'esterno, ma dal cuore generoso. Il meglio del film è dato dal rapporto professore-alunno, nonché dall'intero processo di apprendimento del ragazzino.

Il film ha però durata eccessiva, la trama non è ben delineata e i diversi eccessi di violenza non ne rendono raccomandabile la visione ai bambini. È un film ben girato e, benché nota, la storia continua tuttora a commuovere. Fernando Gil-Delgado. ACEPRENSA.

Pubblico: Giovani. Contenuti: V

L'apprendista stregone

25/9/2010. Regista: Jon Turteltaub. Sceneggiatura: Lawrence Konner, Mark Rosenthal, Matt Lopez, Doug Miro, Carlo Bernard. Interpreti: Nicolas Cage, Jay Baruchel, Alfred Molina, Monica Bellucci, Teresa Palmer. 111 min. USA. 2010. Giovani.

L'inflazione di film di maghi rievoca facilmente il famoso e discusso paradosso di Chesterton. È incredibile la quota cinematografica su cui tuttora si attestano i film dedicati alla magia e dintorni. Se poi aggiungiamo i super-eroi e i vampiri, i film che svolgono questo tema si contano a dozzine.



La novità che ci prepara Turteltaub è una parte su misura per un Nicolas Cage, prodotta dal mercante Bruckheimer, secondo la falsariga di precedenti film come Il mistero dei Templari.

Con un pizzico di sceneggiatura istrionica e un po' semplicistica, vi si racconta la storia di un mago -discendente di Merlino- incaricato di istruire un giovane del 2010 che ignora che è il prescelto.

Il tema risulta farcito di trovate già presenti in Highlander, Harry Potter, Matrix, The Quest, e perfino di contributi tratti da alcuni serial TV. Il minestrone che ne viene fuori non è granché. Tuttavia, emerge una valida regia ed una trama sufficientemente abile da non farsi prendere troppo sul serio, così che le varie sequenze scorrono con agilità e lo spettatore non si annoia. Alberto Fijo. ACEPRENSA.

Pubblico: Giovani. (ACEPRENSA)

The American

25/9/2010. Regista: Anton Corbijn. Sceneggiatura: Rowan Joffe. Interpreti: George Clooney, Violante Placido, Paolo Bonacelli, Thekla Reuten. 105 min. USA. 2010. Adulti (VX).

Clooney, di cui altre volte abbiamo sottolineato l'intelligenza come attore, regista e produttore, interpreta e produce con il collega Grant Heslov questo film su un killer professionista. Dopo una sanguinosa liquidazione di conti, il protagonista si rifugia in un tranquillo e isolato paese in Abruzzo, in attesa che le acque si calmino. Mentre si prepara ad un nuovo incarico, ha rapporti con una prostituta. Uomo solitario, fa amicizia con un sacerdote anziano, gentile e buono.
Il regista dell’interessante e difficile Control, che vanta grande esperienza nei video-clip musicali, ci offre il suo secondo film, cercando dare un certo stile alla trama un po' povera di Rowan Joffe, che adatta il romanzo di Martin Booth. Il film vuol riecheggiare Le conseguenze dell'amore di Paolo Sorrentino, ma risulta vuoto, falso e privo di credibilità. Usa l'attrice principale come oggetto, in modo disgustosamente erotico, in varie sequenze di sesso del tutto gratuito. Per il resto, qualche sparatoria, molti primi piani su Clooney -piuttosto giù di forma- e sequenze sul paesaggio abruzzese. Alberto Fijo. ACEPRENSA.

Pubblico: Adulti. Contenuti: V, X (ACEPRENSA)

Amore a mille... miglia

25/9/2010. Regista: Nanette Burnstein. Sceneggiatura: Geoff Latulippe. Interpreti: Drew Barrymore, Justin Long, Charlie Day, Jason Sudeikis, Christina Applegate. 109 min. USA. 2010. Sconsigliato (XD)

È triste che due attori di talento come Barrymore e Long si siano prestati ad interpretare questa sciocchezza assai volgare. La storia d'amore (in verità solo sesso e musica ad alto volume) tra una giornalista e un dirigente di una casa discografica si svolge a distanza: lei vive a Stanford, lui a New York.

La storia è davvero poca cosa, ma avrebbe potuto offrire molto di più, con un po’ di genialità, rinunciando a mantenere quel tono assai greve. La regista (tale Burnstein) non riesce a maneggiare la trama (del debuttante Latulippe), così che il film non decolla: condito per di più da un cattivo gusto, inutile, buono solo a lasciare sullo sfondo una serie infinita di situazioni di cattivo gusto, per non dire ripugnanti. Alberto Fijo. ACEPRENSA.

Pubblico: Sconsigliato. Contenuti: X, D (ACEPRENSA)

Toy story 3. La grande fuga

10/7/2010. Regista: Lee Unkrich. Sceneggiatura: Michael Arndt. Voci originali: Tom Hanks, Tim Allen, Joan Cusack, Ned Beatty, Michael Keaton. 103 min. USA. 2010. Tutti.

Sono già trascorsi 11 anni dal lancio di Toy Story 2, un sequel eccellente, terzo film della Pixar e primo interamente ideato, masterizzato ed esibito in modo digitale. Toy Story, prima produzione della Pixar, risale al 1995, ed è stato il primo lungometraggio animato, generato interamente al computer.



Senza retorica, possiamo ora scrivere che Toy Story 3 è il miglior terzo episodio della storia del cinema, per non dire che è uno dei migliori film d'animazione. Devo però preavvertire che tutti i miei commenti si riferiscono alla versione originale, che ha contato su un cast di sensazionali attori, capaci di realizzare registri di voce indimenticabili. La versione doppiata sarà meno curata, molto meno divertente, se si tiene conto della cura con cui la Pixar si occupa dell’audio delle sue produzioni e del ruolo importante svolto dalla lingua castigliana nel momento topico del film, sorpresa che in gran parte si spiega con la presenza di spagnoli nel team internazionale di animatori della Pixar.

Toy Story 3 è un film molto divertente, toccante, a modo suo profondo e molto serio, con momenti artistici straordinari, moltissima azione, magistrali svolte del copione e uno dei migliori finali mai eseguito dalla Pixar (e c’è ne sono di veramente buoni: basti ricordare Monsters&Co).

L’audacia della Pixar, la sua straordinaria creatività, continua a sorprendere. Se nel film precedente, Up, ci si è avvalsi di Thomas McCarthy (The Visitor) per collaborare al copione, questa volta, lo hanno affidato interamente (l'intera storia) ad uno scrittore senza esperienza in film d'animazione, che vantava inoltre soltanto un film nel suo curriculum. Film, che ha poco da spartire con Toy Story 3, sia da un punto di vista tematico che di trattamento. Michael Ardnt, che ha vinto l'Oscar per la sceneggiatura originale di Little Miss Sunshine, ha fatto un lavoro favoloso, con una trama, i conflitti, i colpi di scena, la scrittura dei dialoghi, un'evoluzione di personaggi e situazioni umoristiche deliranti, che lasciano il pubblico estasiato.

Se aggiungete al copione un'animazione impeccabile, degli sfondi accuratissimi (il disegno dell'asilo nido è un trionfo d'intelligenza), un brillante uso del colore e della luce, la musica molto ispirata di Randy Newman, la precisione del montaggio ed i nuovi personaggi (tra il quali lo straziante orsacchiotto di peluche all'aroma di fragola) progettati dall'abilità dei migliori specialisti, il risultato è semplicemente sbalorditivo. E per finire, un aperitivo, sotto forma di cortometraggio, a dir poco geniale dal punto di vista tecnico.

L'ombra di Lasseter (produttore esecutivo) si staglia sempre più profonda: in altre parole, gran parte del merito è suo. Non è un caso il significativo ed esplicito richiamo di Toy Story 3 ad Hayao Miyazaki, tanto amato e ammirato nella famiglia Pixar e molto presente nel corso dell'intero film, anche in modo esplicito, grazie alla presenza di Totoro, il personaggio preferito del regista giapponese. Il modo di realizzare una trilogia degli autori della storia (Lasseter, Stanton e Docter), portando i giocattoli, protagonisti del film, al cambiamento generazionale che è l'ingresso all’università del padrone -Andy- è molto abile, ma sarebbe impossibile senza l’ispirazione dell'esperienza familiare degli stessi creatori, candidamente ammessa. Si potrebbe dire ancora dell'altro, ma non in modo più chiaro di così: senza l’apprezzamento -il vanto- della famiglia, della paternità e della maternità, che traspare alla Pixar, la lampada da tavolo della "i" di Pixar non sarebbe in grado di illuminare in modo così intenso. Alberto Fijo. ACEPRENSA.

Pubblico: Tutti. Contenuti: --- (ACEPRENSA)

The Twiligth saga. Eclipse

10/7/2010. Regista: David Slade. Sceneggiatura: Melissa Rosenberg. Interpreti: Kristen Stewart, Robert Pattinson, Taylor Lautner, Nikki Reed, Billy Burke.124 min. USA. 2010. Giovani-adulti. (VS)

Continua lo scambio di baci e sguardi ardenti tra la bella Swan e l’edoardiano Cullen, mescolati ad espressioni del tipo "Ti desidero, ma dobbiamo aspettare". Con versetti melodici che esigono cori stile "oooh", "aaah", "come finirà?".



Se il romanzo è banale ed elementare, mellifluo e sentimentale, il film quasi lo sorpassa. La trama, sul tipo di melodramma ottocentesco dei primi tre romanzi, sulla scorta di una tortuosa astinenza da parte di un ragazzo che vuole sangue, e di un'adolescente che vuole sesso (mi dispiace, ma è quello che c’è) si completa con una storiella di scontri tra vampiri e lupi mannari, realizzata da quattro amici appena usciti della scuola superiore e degna comparsata da proiettare ad una festa di laurea.

Tutto è affidato alla contemplazione estatica dei volti dei protagonisti, che non hanno nulla in comune, né alcun ragione per amarsi, perché l'autrice dei romanzi è riuscita nell'intento di non caratterizzare per niente i personaggi. Così, ridotti a pure maschere che i lettori-spettatori possono indossare, in un esercizio di impossibile identificazione in un conflitto irreale.

Quando si mette di mezzo il lupo mannaro arapahos, a torso nudo e in pantaloncini corti, fresco di doccia solare, viene voglia di mettersi a piangere: il triangolo tra la Bella e le Bestie, motore di un film davvero lento, è talmente patetico che si capisce perché i registi si diano il cambio: non lo reggono loro stessi.

I produttori continuano però a servirsi di professionisti di chiara fama: Howard Shore, compositore della penosa musica de Il Signore degli Anelli, autore del sottofondo musicale, insistente e noioso; lo spagnolo Aguirresarobe, che fotografa senza posa i protagonisti in paesaggi nebbiosi stereotipati; e infine due attrici di grande talento, Bryce Dallas Howard e Catalina Sandino Moreno, che recitano però brevi comparse, una più ridicola dell’altra. Il regista britannico David Slade (Hard Candy, 30 giorni di buio) ha dovuto essere assunto per occuparsi di alcune risibili sequenze violente e di quattro o cinque situazioni morbose del tipo: “Bella dorme abbracciata al torace del lupo culturista, mentre contempla la scena il vampiro, malaticcio sciocco, e imbrattato di polvere di talco”.

La cosa che sgomenta è che sono in programma due ulteriori prossimi episodi. Alberto Fijo. ACEPRENSA.

Pubblico: Giovani-adulti. Contenuti: V, S (ACEPRENSA)

Solomon Kane

10/7/2010. Regista: Michael J. Bassett. Sceneggiatura: Michael J. Bassett. Interpreti: James Purefoy, Max von Sydow, Rachel Hurd-Wood, Patrick Hurd-Wood, Pete Postlethwaite.104 min. Francia, Repubblica Ceca, Gran Bretagna. 2009. Nelle sale da mercoledì 14 luglio.

Film ispirato ad un personaggio immaginato da Robert E. Howard, creatore di Conan il Barbaro. Anche in questo caso, è una storia -più o meno epica- in una stilizzata e un po' confusa Inghilterra puritana del XVII secolo, dove non mancano magie e streghe, e dove il diavolo è presente come realtà davvero malefica. Solomon Kane è un mercenario sanguinario che ha rinunciato al male e alle insidie del diavolo, per rifugiarsi in un monastero. Ma l'abate del luogo, ritenendo che egli sia destinato a servire il Signore per altre vie misteriose, lo invita ad andarsene. Solomon conoscerà, nella sua odissea, una simpatica famiglia, una coppia di sposi e tre figli, che scorta nel loro viaggio verso la costa, da dove vogliono partire per il Nuovo Mondo: l'America. Tuttavia, per strada, Solomon non avrà altra scelta che tornare alla violenza, per combattere gli sgherri del diavolo, in agguato, e così rivedere in faccia il suo passato.




L'impegno europeo del poco noto Michael J. Bassett è speso nel tentativo di offrire un film d'avventura in grande stile, con elementi di fantasia, sulla falsariga de Il Signore degli Anelli. Purtroppo, il risultato è piuttosto sconnesso, la narrazione si muove a scatti -non è onesto presentarci una famiglia e farla sparire senza darci il tempo di conoscerla ed apprezzarla-, né risulta bene imbastita la trama di ricerca della redenzione di Salomon, unita a motivazioni sentimentali. Se l’impatto visivo è accettabile, manca il necessario consolidarsi della storia idonea a coinvolgere i sentimenti dello spettatore. Il film è interpretato da James Purefoy, noto Marco Antonio della serie televisiva Roma, che recita correttamente. Attori come Max von Sydow sono del tutto sprecati, in particine davvero irrilevanti. DECINE21.

Pubblico: Giovani. Contenuti: Azione 3, Amore 1, Lacrime 1, Risate 0, Sesso 0, Violenza 1 [da 0 a 4] (Decine21.com)

Shrek: e vissero felici e contenti

10/7/2010. Regista: Mike Mitchell. Sceneggiatura: Josh Klausner, Darren Lemke. Doppiaggio originale: Cameron Diaz, Mike Myers, Eddie Murphy, Antonio Banderas, Julie Andrews. Animazione. 91 min. USA. 2010. Tutti. Nelle sale da mercoledì 25 agosto.

Nella sua prima avventura, Shrek salva una principessa; nella seconda, salva il regno dei suoceri; nella terza, è diventato un papà amabile. E così sembrava del tutto esaurito il filone. Dopo nove anni di successi e quasi 1.900 milioni di dollari di entrate, le avventure dell’orco hanno rappresentato una divertente rottura di schemi, grazie a quella lieve ironia nella reinterpretazione iconoclasta di favole classiche.



Dreamworks chiude la serie con un degno finale, in formato 3D, che presenta un tempestivo ritorno alle proprie radici, in un periodo in cui l'eroe sembrava aver perso la sua grinta, e lo realizza senza abbandonare le qualità che l'hanno resa una famosa industria cinematografica.

Shrek, diventato un buon borghese, si sente intrappolato dalla monotonia del focolare e sogna la libertà che aveva quando era un orco senza amici, e nessun altro obbligo se non quello di spaventare la gente. Ed è proprio questo momento di nostalgia ad essere sfruttato dal malvagio Tremotino, che propone al nostro uno scambio: un giorno "come prima" in cambio di un giorno qualunque della sua vita.

Anche se privo di originalità, c'è azione, humour e buona musica. Viene ripreso con successo l'approccio del primo e miglior film della serie. Shrek è ancora l'eroe dal cuore grande, capace di sacrificarsi per gli amici e per la propria famiglia. Fernando Gil-Delgado. ACEPRENSA.

Pubblico: Tutti. Contenuti: ---- (ACEPRENSA)

Tata Matilda e il grande botto

19/6/2010. Regista: Susanna White. Sceneggiatura: Emma Thompson. Interpreti: Emma Thompson, Maggie Gyllenhaal, Maggie Smith, Ralph Fiennes, Rhys Ifans, Ewan McGregor. 117 min. GB. 2010. Tutti.

C'è la guerra e, per proteggere l'infanzia, ecco l'ordine per cui tutti i bambini devono lasciare Londra. È un buon punto di partenza. Così iniziano diversi racconti di narratori inglesi: dalle Cronache di Narnia a 5 bambini&it.



Cirillo e Celia Gray, educati e coccolati aristocratici londinesi, vengono inviati alla fattoria dalla zia Elizabeth Green. La povera signora Green ha il marito al fronte; possiede un negozio in paese, dove impiega una dipendente, la vecchia e rimbambita signora Docherthy; ha un mutuo con scadenza ravvicinata; ha un cognato mezzo gangster, che vuole obbligarla a vendere la fattoria, ed è anche madre di tre bambini, che non vanno affatto d’accordo con i cugini londinesi; ma non ammette, testardamente, di essere nei guai. Quando tutto è sull'orlo del collasso, Nanny McPhee bussa alla porta.

Nanny McPhee è un personaggio ispirato a Mary Poppins, creato negli anni Sessanta dalla scrittrice britannica Christianna Brand. Emma Thompson, che ha curato l’adattamento dei racconti di Brand al grande schermo, aveva già impersonato la “tata” magica nel primo film (http://rassegnacinema.blogspot.com/search?q=tata+matilda), ma ora ha voluto assumersi anche il ruolo di produttore della nuova realizzazione cinematografica.

Questo secondo episodio, contrariamente a casi analoghi, resta di buon livello: non ha bisogno di presentazione, poiché si presume che ormai tutti conoscano Tata Matilda. Il copione va dritto al tema dominante e sviluppa una storia dal ritmo incalzante, piena di gag, nella migliore tradizione della commedia britannica, giocando su di un esagerato realismo, ben adeguato ai film d'epoca. E tutto al servizio dei valori che la storia presenta: la trama parla di educazione alla virtù -non invano la protagonista è una bambinaia-, offre lezioni esplicite di coraggio, generosità, cameratismo... Ed altre -più indirette- sul dramma del divorzio, i vantaggi di una grande famiglia, la necessità di esigere per educare, il contrasto tra città e campagna.

Se Susanna White dirige la regia in maniera efficace, la cosa più significativa del film è il gruppo di attori coinvolti in un progetto così semplice: accanto ad una meravigliosa Maggie Gyllenhaal, ecco Emma Thompson, Rhys Ifans e la veterana Maggie Smith. Fiennes e McGregor non esitano a prestarsi a una singola comparsa, poco più di un cameo, in questo divertente e intelligente film per famiglie. Fernando Gil-Delgado. ACEPRENSA.

Pubblico: Tutti. Contenuti: --- (ACEPRENSA)

Prince of Persia-le sabbie del deserto

19/6/2010. Regista: Mike Newell. Sceneggiatura: Doug Miro e Carlo Bernard. Interpreti: Jake Gyllenhaal, Gemma Arterton, Alfred Molina, Ben Kingsley. 116 min. Tutti-giovani.

C'era poco da attendersi da un film, tratto da un videogioco, diretto da Mike Newell. Ma il veterano produttore Jerry Bruckheimer (Armageddon, The Quest, Pirati dei Caraibi) esibisce la cosa che sa far meglio, e non è poco: un cinema divertente e di successo. Così, non resta altro che sedersi a trascorrere un paio di ore di divertimento, senza alcun problema.



Il film non ha pretese. La storia inizia come una fiaba, quasi con il “c'era una volta...” il che conferisce allo spettacolo una logica narrativa di tipo leggendario.

Come accaduto a Pirati dei Caraibi (parecchie le analogie), il film è un classico prodotto Disney, specialmente nell'elaborazione: quasi da manuale. Un paio di personaggi simpatici e divertenti che si odiano cordialmente; un cattivo terribile e un altro un po' stupido e furfante (Alfred Molina), che interpreta una sequenza esilarante a danno di alcuni struzzi, con effetti visivi a iosa. La musica di Gregson-Williams, con un ritmo che non si ferma mai, imita bene il clima dei grandi film ambientati nel deserto. Il cast affronta il film senza complessi, con semplicità ed efficienza.

Questo film ha gli ingredienti della ricetta tradizionale del genere d'avventura: storia d'amore, battaglie, combattimenti, inseguimenti, cartongesso, morale della favola. E non manca il lieto fine. Ana Sánchez de la Nieta. ACEPRENSA.

Pubblico: Tutti-giovani. Contenuti: --- (ACEPRENSA)

Sex and the city 2

19/6/2010. Regista: Michael Patrick King. Sceneggiatura: Michael Patrick King. Interpreti: Sarah Jessica Parker, Kim Cattrall, Kristin Davis, Cynthia Nixon, Chris Noth, Penélope Cruz, Liza Minnelli, John Corbett,David Eigenberg, Evan Handler,Jason Lewis, Alice Eve. 146 min. USA. 2010. Adulti. (X, D).



È facile e difficile capire come un film -stupido come il precedente (Sex and the city 1)- abbia potuto realizzare oltre 400 milioni di dollari al botteghino. Dopo esser stato silurato da critici di tutto il mondo, in particolare dagli americani, eccoci alla seconda parte, 146 minuti di durata, con le passeggiate di quattro donne tutte in gara di stupidità isterica. Il commento finale della critica, scritto da Ana Sánchez de la Nieta, descrive bene la paradossale riuscita di una tale idiozia cinematografica: “più il film va avanti, più mi vergogno di esser nata donna”. Alberto Fijo. ACEPRENSA.

Pubblico: Adulti. Contenuti: X, D (ACEPRENSA)

La regina dei castelli di carta

19/6/2010. Regista: Daniel Alfredson. Sceneggiatura: Ulf Ryberg. Interpreti: Michael Nyqvist, Noomi Rapace, Michalis Koutsogiannakis, Lena Endre, Anders Ahlbom. 148 min. Svezia, Dinamarca, Germania. 2009. Adulti. (VSD)

Vanta quasi novecento pagine il terzo e ultimo romanzo della serie Millennium. Ed è chiaro che due o trecento pagine sono totalmente sprecate. Qualcosa del genere traspare anche dal film, che poteva benissimo durare 50 o 60 minuti in meno. La protagonista si sta riavendo da orribili ferite e deve far fronte ad un processo. Vi compaiono, vari cospiratori corrotti, che aprono nuovi armadi, pieni di terribili segreti inconfessabili che forniscono svolte del tutto arbitrarie.



Meno sgradevole e sordido dei due precedenti episodi, il film -girato comunque in modo corretto e sempre con una regia più adatta a una serie televisiva di scarso budget- tratta di un dramma giudiziario piuttosto piatto. Quello che vi si racconta è di scarso interesse, ed anche forzato. È estenuante seguire i passi avanti e indietro della stravagante e inespressiva protagonista. Il resto dei personaggi ha così poca rilevanza, da risultare privi di caratterizzazione. Alberto Fijo. ACEPRENSA.

Pubblico: Adulti. Contenuti: V, S, D (ACEPRENSA)

The last station

19/6/2010. Regista: Michael Hoffman. Sceneggiatura: Michael Hoffman. Interpreti: Chistopher Plummer, Helen Mirren, James McAvoy, Paul Giamatti, Kerry Condon. 112 min. Gran Bretagna, Germania, Russia. 2009. Adulti. (X)

Abituato a cambiar genere, l’americano Hoffman (Restoration, Sogno di una notte di mezza estate, Il club degli imperatori) ha adattato il romanzo di Jay Parini sull’ultimo anno di vita di Lev Tolstoj, che nel 1910 era uno scrittore di fama mondiale. Il protagonista si trova nella tenuta di Jasnaja Poljana, dove gioca a essere conte, calzolaio e profeta, predicando un utopismo da nuovo mondo, frutto di varie letture: la Bibbia, Rousseau, Proudhon, Kropotkin e Schopenhauer. Idolatrato da una corte di fan, cui appare il profeta che porterà la salvezza in Russia, Tolstoj vuole pace. Ovvero, vuole tutto rifatto a proprio piacimento: istituire un nuovo sistema educativo, trasformare i contadini in vegetariani, rinunciare al sesso e al matrimonio, ecc. Sua moglie non è disposta a che il marito sperperi il patrimonio della nutrita famiglia (i diritti di autore, in particolare) come pretende di fare il consorte, assistito da Vladimir Chertkov, prono alle sue teorie.



Il film, prodotto in Europa e girato in Germania, offre ottime prestazioni degli attori, una suggestiva messa in scena, un buon design di produzione ed una storia di grande interesse, ma -per Hoffman- la tematica è eccessiva, rispetto alle sue capacità.

Mancano sfumature (moltissime) nel ritratto del rapporto tra Lev e la moglie Sophie, presentata come una ficcanaso isterica, piuttosto che una vittima degli scrupoli e deliri messianici del marito. Lei si è sempre fatta in quattro per lui, mentre Tolstoj spesso la tratta ingiustamente, con atteggiamenti arbitrari di un machismo veramente patetico (che arriva ad esempio, a descrivere le intimità del matrimonio, consentendo di prender atto di tutto ciò che si diceva anche nell'intimità domestica).

C'è anche un ritratto delle eccentricità ed insensatezze filosofiche e politiche di un romanziere colossale, ma spesso vero egocentrico, capace di dire autentiche sciocchezze, con buona intenzione, ma per nulla coerenti con la vita da playboy spendaccione, vissuto per anni; e ovviamente vana, in un paese colpito da tremende ingiustizie come la Russia zarista. Il carattere del giovane segretario Valentin Bulgakov dovrebbe servire da ago della bilancia, ma non è ben definito, così che il film si disperde.

Comunque, chi conosce il lavoro e la vita di Tolstoj (è d'aiuto leggere le memorie di Bulgakov e i ricordi della coppia Tolstoj), vedrà il film con piacere, pur avvertendo che convivere con i geni non è affatto facile (penso al caso di Thomas Mann, trattato in modo decisamente duro, in una mini-serie tedesca). Alberto Fijo. ACEPRENSA.

Pubblico: Adulti. Contenuti: X (ACEPRENSA)

Robin Hood

22/5/2010. Regista: Ridley Scott. Sceneggiatura: Brian Helgeland. Interpreti: Russell Crowe, Cate Blanchett, William Hurt, Mark Strong, Oscar Isaac, Danny Huston, Eileen Atkins, Max Von Sydow. 141 min. USA, GB. 2010. Giovani. (VSD)

Robin Longstride è un arciere umile e coraggioso, che ha combattuto alle crociate, nell'esercito di Riccardo Cuor di Leone. Quando il re muore, lui ed alcuni amici ritornano in Inghilterra facendosi passare per uomini -in realtà morti in guerra- incaricati di riportare la corona reale nelle isole. Così, Robin si innamora di Lady Marion di Nottingham, e insieme a lei lotta contro il malvagio Sir Godfrey. Costui, al servizio del nuovo re Giovanni, sta tramando alle spalle per facilitare il futuro sbarco di truppe francesi in Inghilterra. Ed intanto provvede a riscuotere -con la forza e versando sangue- le imposte abusive stabilite dal monarca.




In questo kolossal, Ridley Scott si allontana parecchio dallo stereotipo classico dell'arciere Robin Hood e dalle sue avventure nella foresta di Sherwood -ricreate in più di trenta film e produzioni televisive diversi-, per concentrarsi su tutta un'immaginaria storia precedente, che spiega come il protagonista sia diventato il leggendario ladro che rubava ai ricchi, per dare ai poveri. Il veterano cineasta britannico ha messo da parte il tono avventuroso di Michael Curtiz, Richard Lester, Kevin Reynolds o John Irvin, e ha ripreso il tono epico storico dei suoi film Il gladiatore e Le crociate, o di altri successi del genere, come Braveheart, di Mel Gibson, o Elizabeth, di Shekhar Kapur. Ha inoltre rafforzato il carattere romantico della leggenda, grazie alla forza della solida sceneggiatura di Brian Helgeland, esaltata dalle ottime recitazioni di Russell Crowe e Cate Blanchett, che si sono confermati come due tra gli attori contemporanei più dotati di carisma e risorse.

Il risultato finale è divertente e spettacolare -sia per l’iper-realistica ambientazione storica, sia per le potenti sequenze di battaglie-, ma rare sono le emozioni e, sorprendentemente, solo nelle sequenze più intime o ritrattistiche, quali il primo incontro tra Robin e Marion, o la semina a Nottingham con le semenze rubate al vescovo di York. Risaltano gli attori e la meravigliosa colonna sonora di Marc Streitenfeld, ma talvolta risulta fragile la chiarezza e la continuità narrativa. La trama diventa talora un po' episodica, mentre persino la messa in scena di Ridley Scott, quasi mai raggiunge la potenza e la vibrazione di Mel Gibson in Braveheart. È anche convenzionale il ritratto che il film fa della religione, lodando esplicitamente la spiritualità cristiana dei personaggi -soprattutto negli aspetti che fanno riferimento alla carità-, ma qualunquista nelle critiche verso la gerarchia ecclesiastica.

In breve, il film è un notevole prodotto commerciale, destinato a fare un sacco di soldi al botteghino, perché non calca la mano, né nella violenza né nel sesso, ma non passerà per un capolavoro da antologia e certamente deluderà i seguaci più accaniti dell'immagine classica di Robin Hood, l’arciere delle foreste. Jerónimo José Martín. ACEPRENSA.

Pubblico: Giovani. Contenuti: V, S, D (ACEPRENSA)

The road

22/5/2010. Regista: John Hillcoat. Sceneggiatura: Joe Penhall. Interpreti: Viggo Mortensen, Kodi Smit-McPhee, Robert Duvall, Guy Pearce, Charlize Theron. 113 Minutos. USA. 2009. Adulti. (VS). Nei cinema dal 28 maggio.

Cormac McCarthy ha vinto il Premio Pulitzer 2007 per The Road, un breve, secco, duro e magistrale racconto della lotta per la sopravvivenza di un padre e di un figlio, in un mondo distrutto da una catastrofe, di cui non si fornisce alcuna spiegazione.



L'adattamento su grande schermo era di per sé attraente (i romanzi di McCarthy sono stati adattati altre volte: l'ultima, dai fratelli Coen in Non è un paese per vecchi, vincitore dell’Oscar), ma correva anche il rischio di risultare indigesto. Non è facile tradurre in film una storia con due personaggi che parlano in brevi e ripetuti fraseggi. Inoltre, The Road racconta fatti così brutali, che la forza delle immagini potrebbe imporsi sul nucleo della storia, che non fa altro che esaltare il radicale valore della vita umana, la bellezza disarmante dell'amore di un padre per il figlio ed il riflesso della divinità, nella dignità e bontà di un innocente.

Nonostante i rischi di cui sopra, l'australiano John Hillcoat (La proposta) ha saputo trarre un adattamento meraviglioso. Primo, perché lo spirito del romanzo è rimasto intatto, con la sua radicale durezza e la sua apertura alla speranza. In secondo luogo, perché ha orientato tutti gli elementi filmici al fine di rispettare la fedeltà del testo.

La sobria ed efficace messa in scena -coadiuvata da una lunga ricerca di scenari naturali desolati, che hanno permesso di ridurre il ricorso ad effetti digitali-, la bellissima fotografia dello spagnolo Javier Aguirresarobe -così avvincente e al contempo tristemente grigia-, l’evocativa e semplice colonna sonora, alcuni sagge decisioni nel montaggio (che non incide però sulla durezza della storia, senza peraltro mai compiacersene), tutto si pone al servizio della narrazione. Anche le recitazioni emozionanti dei personaggi sullo schermo. Viggo Mortensen supporta così bene il peso -denso- della storia, che ne scaturisce una domanda inevitabile, dopo averne ammirato la superba e complicata caratterizzazione: perché non è stato candidato all'Oscar? Il bambino -Kodi Smit-McPhee-, riesce a replicare un altro personaggio complesso. Tra le parti secondarie si impone Robert Duvall, che in tre minuti dà una lezione sconvolgente di quell'arte della recitazione che si condensa nell'umiltà di dileguarsi -è quasi irriconoscibile- in un personaggio semplicemente magistrale, indimenticabile.

Mi ripeto: è stupefacente che questo film non abbia ricevuto alcun Oscar. Certo è un soggetto scomodo, straziante, quel tipo di film che forse non raccomanderesti a nessuno... e tuttavia, è indispensabile vederlo. Se è vero che chi va al cinema non lo fa per soffrire, con The road certo si soffre, ma si tratta anche di uno di quei pochi film che insegnano a vivere. E, in questo, vi riesce in modo straordinario. Ana Sánchez de la Nieta. ACEPRENSA.

Pubblico: Adulti. Contenuti: V, S (ACEPRENSA)

Il piccolo Nicolas e i suoi genitori

22/5/2010. Regista: Laurent Tirard. Sceneggiatura: Laurent Tirard, Alain Chabat, Grégoire Vigneron. Interpreti: Maxime Godart, Valerie Lemercier, Kad Merad, Sandrine Kiberlain, Daniel Prévost. 91 min. Francia. 2009. Tutti.

Laurent Tirard, 42 anni, ex-giornalista e autore di libri di interviste a grandi registi, ha girato il suo terzo film, dopo l’interessante Le avventure galanti del giovane Molière. L’impresa era da far tremare i polsi: niente di meno che adattare al cinema la splendida collezione di libri illustrati per bambini e firmati, negli anni 1956-64, dallo scrittore René Goscinny e dal disegnatore Jean-Jacques Sempé.




Grazie alla frizzante sceneggiatura, una messa in scena notevole ed una recitazione molto fresca, i 91 minuti del film si vedono in un sorriso, che talvolta si muta in riso. I compagni di classe di Nicolas (Clotario, Alceste, Eudes) e le situazioni che li riguardano sono una più divertente dell’altra (il casting è davvero azzeccato, convincente la regia degli attori, deliziosi i costumi).

Ovviamente, non viene seguita la narrazione in prima persona del libro, tranne che in qualche episodio, ma si deve riconoscere che il team ha catturato lo spirito del testo originale, l'ingegno, il senso dell'humour, la furfanteria e tenerezza che lo contraddistinguono. Dal punto di vista narrativo, Tirard sa costruire una storia che si evolve con arte, evitando quei problemi che spesso si verificano quando si adattano al cinema storie di racconti o fumetti. Mentre questo film è diventato campione d'incassi in Francia (36 milioni di euro), Tirard è già alle prese con un nuovo film: Asterix e i britanni, di cui si stanno girando le sequenze.

Si tratta di un ottimo modo di realizzare film adatti ai ragazzi di oggi, ma anche ai loro genitori e nonni. Questi ricorderanno momenti storici che -con le loro ombre, come tutti-, hanno avuto anche il loro valore. Infatti, in precedenza, quasi nessuno osava attaccare l’intoccabile mito del '68: in qualche modo, Tirard rende omaggio alla Francia del decennio 1955-1965. Alberto Fijo. ACEPRENSA.

Pubblico: Tutti. Contenuti: --- (ACEPRENSA)

Iron man 2

22/5/2010. Regista: Jon Favreau. Sceneggiatura: Justin Theroux. Interpreti: Robert Downey Jr., Gwyneth Paltrow, Scarlett Johansson, Sam Rockwell, Mickey Rourke. 124 min. USA. 2010. Giovani. (VSD)

La frivola esistenza del vanitoso miliardario Tony Stark si complica quando una parte del governo, la stampa e l'opinione pubblica, negli Stati Uniti, esigono il controllo della sofisticata armatura che lo rende il supereroe Iron Man. Secondo molti, questa tecnologia deve essere messa a disposizione dell’esercito. Nel bel mezzo della discussione, irrompe sulla scena un violentissimo ingegnere russo, che usa una corazza simile a quella di Stark, e lo insegue per ucciderlo, e non si sa perché.



In questa seconda avventura filmica dell'eroe della Marvel, creato nel 1963 da Stan Lee, Jack Kirby e Don Heck, l’attore e regista Jon Favreau (interpreta l’assistente di Stark) tenta di ripetere il successo mondiale della prima uscita della saga, divertente, furfantesca e spettacolare.

Questo slancio lo porta a spremere al massimo la formula di base del fumetto, incrementandone sensibilmente la graffiante critica alla paranoia del militarismo, dipinta in scene d'azione spettacolari. In ogni caso, la sceneggiatura di Justin Theroux resta prevedibile e superficiale: sorprende che abbia affidato questo compito ad un autore che prima aveva scritto soltanto un film: Tropic Thunder. Il film non supera mai lo status di intrattenimento costoso, ben girato e recitato, ma certamente non resterà una pietra miliare del proprio genere. Jerónimo José Martín. ACEPRENSA.

Pubblico: Giovani. Contenuti: V, S, D (ACEPRENSA)

Océans

22/5/2010. Regista: Jacques Cluzaud. Sceneggiatura: Jacques Cluzaud, Christophe Cheysson, Laurent Debas, Stéphane Durand, Jacques Perrin, Laurent Gaudé, François Sarano. 100 min. Francia. 2009. Tutti.

Da quanto il veterano Jacques Cousteau girò nel 1964 Il mondo senza sole, vincitore dell'Oscar, i francesi sembrano averci preso gusto con il documentario di lusso e, recentemente hanno prodotto opere di prim'ordine, candidate o vincitrici di Premi Oscar, come La marcia dei pinguini e Viaggiatori nel vento. Jacques Perrin e Jacques Cluzaud hanno girato quest'ultimo film nel 2003; e da allora hanno lavorato su Océans, ottenendo (sembrava impossibile!) di superare se stessi: tanto nella spettacolarità, quanto nell’interesse.

Océans è un super-documentario, girato con mezzi che i loro autori avrebbero mai immaginato quando hanno iniziato a filmare gli uccelli di Viaggiatori nel vento. La qualità degli apparecchi ottici e dei mezzi tecnici, che consentono loro di muoversi liberamente attraverso il mare, ha permesso di ritrarre alcuni piani insoliti, spettacolari e indimenticabili, come la colossale battaglia tra i granchi.

Océans è un festival visivo e sonoro -con una sinfonia composta da Bruno Coulais (Les Choristes)- adatta ad ispirare e commuovere. La voce del narratore si sente in rare occasioni, dal momento che il messaggio lo danno proprio le immagini, che invitano ad amare il mare e le creature che lo abitano e sembrano invocarne la tutela da parte degli esseri umani. Fernando Gil-Delgado. ACEPRENSA.

Pubblico: Tutti. Contenuti: --- (ACEPRENSA)

Alice in wonderland

24/4/2010. Regista: Tim Burton. Sceneggiatura: Linda Woolverton; basata nei libri “Alice nel paese delle meraviglie-Alice nello specchio” di Lewis Carroll. Interpreti: Mia Wasikowska, Johnny Depp, Helena Bonham Carter, Anne Hathaway. 108 min. USA. 2010. Giovani. (V)

I mondi fantastici di Lewis Carroll e Tim Burton dovevano finire, prima o poi, per incontrarsi. Nel 1865, L. Carroll pubblicò Alice nel paese delle meraviglie, le avventure di una fantasiosa bambina che viaggia in uno strano mondo, popolato di esseri ancora più bizzarri. Il libro ottenne successo e poco dopo vide la luce il seguito: Attraverso lo Specchio e quel che Alice vi trovò. Il carismatico regista Tim Burton ha unito i due romanzi per raccontare, con gli stessi personaggi, ma trattando un argomento diverso, una storia che resta però molto fedele all'opera di Carroll.





Il risultato è brillante. Dal punto di vista visivo, il film è un vero evento. Burton ha utilizzato il 3-D forse con meno competenza tecnica di Cameron, nel suo Avatar, ma con una giustificazione più narrativa: l’albero di Pandora potrebbe o no essere tridimensionale, ma la caduta di Alice attraverso il buco scavato dal coniglio, una volta dopo averla vista in 3-D, è impossibile immaginarla in altro modo. La ricreazione del Castello Rosso, la prima esplorazione di Alice nel paese delle meraviglie, il tè con il Cappellaio Matto... sono momenti affascinanti, dove la tecnologia è al servizio del tema narrato. Ben integrati con la trama risultano anche la colonna sonora, davvero meravigliosa, di Danny Elfman, gli splendidi costumi di Colleen Atwood e un gruppo di attori che, nonostante il ritocco digitale, restano impegnati a recitare la loro parte (risaltano la quasi esordiente Mia Wasikova e la veterana Helena Bonham Carter, che svolge con arte il suo antipatico ruolo).

Gli estimatori di Lewis Carroll si sentiranno in gran parte privati del pensiero profondo, oscuro e satirico dell’opera. Burton ha saputo però sostituirli con il ricorso ad una magistrale estetica, variopinta e tenebrosa, a cui ha saputo dosare -comunque- lunghe sequenze di azione, adatte a movimentare la storia.

I fans di Tim Burton riconosceranno -forse meno evidenti del solito- alcuni tra i temi più cari del regista: il ruolo della fantasia, di fronte al rigorismo ed alle convenzioni, l'importanza della figura paterna, il valore della lealtà. Ana Sánchez de la Nieta. ACEPRENSA.

Pubblico: Giovani. Contenuti: V (ACEPRENSA)

Misure straordinarie

24/4/2010. Regista: Tom Vaughan. Sceneggiatura: Robert Nelson Jacobs. Interpreti: Brendan Fraser, Harrison Ford, Keri Russell, Meredith Droeger, Sam M. Hall, Jared Harris. 105 min. USA. 2010. Giovani.

John Crowley è un giovane dirigente di successo, sposato e con tre figli piccoli, due dei quali affetti dal morbo di Pompe, rara malattia muscolare degenerativa, senza alcuna cura conosciuta, che limita l'aspettativa di vita a nove o dieci anni. Dopo l'ottavo compleanno della figlia maggiore, John e la moglie decidono che lui lascerà il lavoro, per fondare una società di biotecnologie, che promuova le ricerche del dottor Robert Stonehill, cupo e solitario professore universitario, che propone una terapia particolare per la malattia di Pompe.



Basato su fatti realmente accaduti, Misure straordinarie somiglia parecchio a L’olio di Lorenzo di George Miller, ma non ne imita né la qualità, né l'intensità drammatica. Tuttavia, il film esalta l'affetto famigliare, di fronte alla fredda macchina della sanità pubblica e dell'industria farmaceutica, guidata talvolta da dubbi interessi politici o commerciali. Tuttavia, l'approccio coinvolgente si articola in una sceneggiatura troppo lineare e schematica, che spesso denuncia un target eminentemente televisivo.

Ne segue una certa irregolarità, nella recitazione degli attori. Se Harrison Ford si mostra molto convincente nella sua arrabbiata caratterizzazione, Brendan Fraser non riesce a moderare la sua tendenza all’istrionismo, tanto apprezzata nelle commedie. In ogni caso è un film agile e commovente che, contro l'interventismo dello Stato e il disprezzo per la vita, esalta il primato dell'iniziativa della famiglia e della dignità intrinseca di ogni paziente. Jerónimo José Martín. ACEPRENSA.

Pubblico: Giovani (ACEPRENSA)

Cella 211

24/4/2010. Regista: Daniel Monzón. Sceneggiatura: Jorge Guerricaecheverría y Daniel Monzón. Interpreti: Luis Tosar, Alberto Ammann, Antonio Resines, Marta Etura, Carlos Bardem. 110 min. Spagna. 2009. Adulti(VSD)

Il regista spagnolo Daniel Monzón, da dieci anni passato dal ruolo di critico cinematografico a quello di regista, riesce a realizzare il miglior film, con questo thriller sulla vita in carcere, prodotto da Telecinco, e tratto dall'omonimo romanzo di Francisco Pérez Gandul. Monzón, che dopo la fase di sceneggiatore si è avvicinato alla commedia, ha acquisito uno stile visivo personale nel cinema tematico, con The Kovac box – Controllo mentale. Ora ha compiuto un ulteriore progresso e, grazie a Cella 211, si consacra come uno dei registi di spicco del cinema spagnolo.



La trama non è proprio originale, ruotando sul genere dell’infiltrato che passa dall'altra parte della barricata, già collaudata in vari film. In tal caso, si tratta di una guardia carceraria, Juan Oliver, che va a visitare la nuova prigione, il giorno prima di prendervi servizio. Ma ecco che all'interno del carcere scoppia una sommossa, e lui deve farsi passare da galeotto appena internato, per salvare la pelle. In tale situazione dovrà conquistarsi Malamadre, leader indiscusso della prigione.

Anche se è Alberto Ammann ad interpretare l'agente, è Luis Tosar il protagonista assoluto del film. Il suo personaggio, Malamadre, è il più elaborato del copione. Resines, Manuel Morón e Marta Etura partecipano al cast di questo thriller, violento e potente. Il film ha un impatto visivo e narrativo molto forte, sia per la durezza che per la violenza delle scene. Ma il messaggio è chiaro: il male genera male. Il cinema spagnolo acquista punti, con questo film. Juan Orellana. ACEPRENSA.

Pubblico: Adulti. Contenuti: V, S, D (ACEPRENSA)