Green Zone

31/3/2010. Regista: Paul Greengrass. Sceneggiatura: Brian Helgeland. Interpreti: Matt Damon, Greg Kinnear, Amy Ryan, Brendan Gleeson, Jason Isaacs. 115 min. USA. 2010. Giovani. (VD). Nelle sale il 9 aprile.

L'inglese Paul Greengrass si è costruito una meritata reputazione di regista di documentari e televisivo, prima di approdare con successo al cinema (Bloody Sunday, The Bourne Supremacy, Bourne Ultimatum e United 93). In questi film ha costruito la base del suo modo di fare cinema di fiction, con la trepidante modalità del reportage di guerra, la cinepresa sempre in mano ed un montaggio acrobatico.



Adesso applica con successo la sua formula al genere del film di guerra, tramite un adattamento del libro Imperial Life in Emerald City: Inside Iraq's Green Zone, di Rajiv Chandrasekaran, analista politico e corrispondente del Washington Post a Bagdad per diversi anni. Libro e film approfondiscono le ragioni oscure -torbide, secondo i suoi autori- che hanno spinto Bush a lanciare l'invasione dell'Iraq. E lo fanno attraverso le avventure strazianti del sottotenente Roy Miller, che nel 2003 dirige a Bagdad un comando americano incaricato di trovare le armi di distruzione di massa (WMD) che, teoricamente, Saddam Hussein doveva possedere. Quando Miller insegue la pista di un pesce grosso del deposto regime, entrano in scena un aggressivo squalo di Washington, veterano agente della CIA, ed una giornalista che ha svolto un ruolo fondamentale nel confezionare un'opinione pubblica favorevole all’intervento armato.

Anche se il film si concentra principalmente sulle azioni militari, va sgranando con abilità le sue analisi politico-sociali, molto critiche con Bush ed il governo, accusandoli di mentire su le WMD e d’ignorare la complessità sociale e religiosa dell'Iraq. Come sempre in Greengrass, le recitazioni sono eccellenti. Basta poi aggiungere una messa in scena da togliere il fiato, ed ecco che lo spettatore si trova immerso nel caos di polvere, sudore e sangue che circonda i personaggi. L'esperienza è stimolante, anche se un po’ epidermica, perché tanta immediatezza narrativa può stancare. Forse è giunto il momento per Greengrass di utilizzare alcune risorse meno iperrealiste e più cinematografiche, come hanno fatto -con ottimi risultati- Zwick in Blood Diamond-Diamanti di sangue, o Riddley Scott in Nessuna Verità. Jerónimo José Martín. ACEPRENSA.

Pubblico: Giovani. Contenuti: V, D (ACEPRENSA)

È complicato

31/3/2010. Regista: Nancy Meyers. Sceneggiatura: Nancy Meyers. Interpreti: Meryl Streep, John Krasinski, Alec Baldwin, Steve Martin, Hunter Parrish. 120 min. USA. 2009. Adulti. (SD)

Jane e Jake sono divorziati da dieci anni. Jane gestisce con profitto una rinomata pasticceria e vive con i tre figli, già grandi. Jake si è nel frattempo risposato con una giovane donna, determinata a farlo diventare di nuovo papà. Una cena con un bicchierino di troppo, ricordando i 19 anni di matrimonio, finisce in un riavvicinamento della coppia ed apre le porte a una possibile riconciliazione.

Il nuovo film di Nancy Meyers (Tutto può succedere, L’amore non va in vacanza) ha -senza dubbio- alcuni punti di forza: gag divertenti, battute argute e un cast che funziona. Non è sorprendente quando si tratta di Meryl Streep. Alec Baldwin, che ironizza sul suo fisico, fa una bella figura, mentre John Krasinski mostra un insolito talento per la commedia. Inoltre, il copione della stessa Meyers sottolinea che ci sono alcuni problemi dietro un divorzio pacifico e apparentemente superato: dalla sofferenza dei figli, fino allo sgomento di alcuni uomini, che ormai sessantenni e in un'età in cui si è soliti viziare i nipotini, si vedono ancora una volta pronti a tirare su altri figli.

Il problema di questa riflessione sul divorzio è la sua presentazione in un film ripetitivo, dal tono greve e disinibito, che male si addice a ciò che il film rappresenta: una commedia di un certo livello, destinata ad un pubblico intorno alla cinquantina. Ana Sánchez de la Nieta. ACEPRENSA.
Pubblico: Adulti. Contenuti: S, D (ACEPRENSA)

L'uomo nell'ombra

31/3/2010. Regista: Roman Polanski. Sceneggiatura: Robert Harris, Roman Polanski. Interpreti: Ewan McGregor, Pierce Brosnan, Kim Cattrall, Olivia Williams, Timothy Hutton. 128 min. GB. 2010. Adulti. (VXD). Nelle sale il 9 aprile.

Un giovane scrittore viene assunto dall'ex primo ministro britannico Adam Lang, per riscrivere la sua autobiografia. A tal uopo, lo scrittore-ombra (letteralmente lo scrittore fantasma) si trasferisce in una sperduta località costiera americana, dove Lang possiede una moderna casa di campagna, vicino alla quale era già annegato il precedente scrittore-ombra. Proprio in quel frangente, la Corte Internazionale dell'Aja dichiara ammissibile una denuncia contro Lang, per presunti crimini di guerra durante la guerra in Iraq.



Una certa vendetta contro la giustizia e la politica americana e britannica è questo intenso thriller del franco-polacco Roman Polanski (Chinatown, Frantic, Il Pianista), basato sul best-seller The ghostwriter, di Robert Harris, che ha collaborato a stendere la sceneggiatura. Harris ha lavorato per la BBC. Poi è stato giornalista e editorialista politico in The Observer, The Sunday Times e al Daily Telegraph. Un altro dei suoi romanzi, Enigma, è stato trasposto per cinema nel 2001 da Michael Apted.

Polanski si rifà allo stile Hitchcock -anche nel ricorso ad una musica incalzante ed inquietante-, creando un clima denso di intrighi, malaticcio e opprimente, in cui lo spettatore si sente in uno stato di costante minaccia, anche per gli stessi paesaggi utilizzati, presentati dalla volutamente degradata fotografia di Pawel Edelman e dalle forti caratterizzazioni di Ewan McGregor e Pierce Brosnan.

Si può criticare qualche spunto erotico troppo sordido ed una mancanza quasi totale di riferimenti morali positivi, che condanna il film ad un fatalismo eccessivo. Ma questi difetti non scalfiscono l'alta qualità media dell'insieme, per il quale Polanski ha vinto l'Orso d'Argento della regia, al Festival di Berlino 2010. Jerónimo José Martín. ACEPRENSA.

Pubblico: Adulti. Contenuti: V, X, D (ACEPRENSA)

Dragon trainer

31/3/2010. Regista: Dean DeBlois, Chris Sanders. Sceneggiatura: Dean DeBlois, Adam F. Goldberg, Chris Sanders, Peter Tolan. Colonna sonora: John Powell. Animazione. 100 min. USA. 2010. Tutti.

Si tratta di un ameno e spettacolare film d'animazione della Dreamworks, non particolarmente originale nella trama. Hiccup è un giovane vichingo, intelligente e molto magro -come Vicky-, in mezzo a robusti e grossolani guerrieri, cacciatori di dragoni. Il villaggio di Hiccup è in guerra con queste potenti creature, e la prova di maturità dei giovani consiste nell'andare a caccia di uno di quei mostri. Nessuno, neanche il padre, ritiene che il maldestro Hiccup potrà mai diventare un autentico guerriero vichingo.



Il nuovo film d'animazione della Dreamworks arriva dalla regia degli autori di Lilo & Stitch, per la Disney, con cui condivide vari spunti comuni. Dragon Trainer appare una sorta di déja vu, anche perché DreamWorks Animation è solita scrivere le sceneggiature come parodie di opere già note. In questo caso lo è doppiamente, perché il romanzo per bambini di Cressida Cowell, da cui trae spunto, aveva già a sua volta questa caratteristica. Tuttavia, come ogni buon romanzo che si rispetti, sviluppa i suoi personaggi con armonia e serietà. Ciò si riflette in modo singolare nella storia narrata che, oltre a raccontare avventure fantastiche, affronta i problemi di un adolescente pieno di complessi, col desiderio di compiacere il padre e richiamare l'attenzione dei coetanei (e di una coetanea). Parla anche del valore della comunicazione, dell’amicizia e della superiorità dell'intelligenza sulla forza.

Inoltre, tecnicamente molto bello, è stato concepito in 3D. Proprio questo formato valorizza non soltanto l’avventura aerea e gli straordinari draghi, notevolmente rifiniti, ma anche conferisce all'intera pianificazione ed ai semplici paesaggi una singolare bellezza. Fernando Gil-Delgado. ACEPRENSA.

Pubblico: Tutti. Contenuti: ---- (ACEPRENSA)

Departures

31/3/2010. Regista: Yojiro Takita. Sceneggiatura: Kundo Koyama. Interpreti: Masahiro Motoki, Ryoko Hirosue, Tsutomu Yamazaki, Tetta Sugimoto. 130 min. Giappone. 2008. Giovani. (SD) Nelle sale il 9 aprile.

Il 1952 era l'anno in cui il regista giapponese Akira Kurosawa completava il suo capolavoro, Vivere (Ikiru), con la celebre veglia funebre del protagonista, durante la quale si chiudeva la sua emozionante storia di redenzione e di solidarietà. Ora il suo compatriota Yojiro Takita completa quella luminosa visione della vita e della morte in Departures, con cui ha vinto i premi più prestigiosi dell'Accademia del Cinema del Giappone e l’Oscar 2008 per il miglior film straniero.



La sceneggiatura segue le orme di Daigo Kobayashi, un giovane violoncellista di Tokio, che abbandona la musica quando si scioglie l’orchestra dove lavorava. Dopo averlo deciso insieme alla affettuosa moglie Mika, entrambi tornano alla piccola città natale di Daigo, Hirano, in Yamagata. Daigo legge un annuncio sul giornale, dove si offre un posto in un'impresa di “comiati”. Quando si reca all’incontro, non trova esattamente ciò che si aspettava: si tratta infatti di una piccola impresa funebre diretta da Sasaki, prossimo alla pensione, che è solito avvolgere le salme nel lenzuolo funebre con grande cura.

Come molti film giapponesi, Departures presenta, talvolta, sequenze brevi sorprendentemente comiche, che possono sconcertare lo spettatore occasionale. Si avvicina anche al grottesco, quando affronta la transessualità di uno dei cadaveri imbalsamati. Tuttavia, poco a poco, si impone il tono intimo, amabile e profondo che sempre ha caratterizzato i grandi maestri del cinema giapponese, caratteristico anche nel recente Still Walking, di Hirokazu Koreeda. Così, con pudore e delicatezza accattivanti, Takita svela aspetti insospettati della dignità umana, anche attraverso i corpi dei defunti, mostrando allo stesso tempo al grande minaccia implicita, nell’individualismo materialista ed edonista, all'unità della famiglia e al bene comune. Logicamente, in questo trama, emerge una visione trascendente dell'essere umano, chiaramente aperta a tutte le religioni, anche al cristianesimo, e dove -naturalmente- la vita non finisce con la morte.

Tutto ciò, Takita lo traduce in immagini attraverso una poetica messa in scena, serena e densa, moderna e classica al contempo, dove le emozioni arrivano alla lacrima e alla commozione interiore, grazie soprattutto alla veracità di tutti gli attori ed alla bellissima e magistrale colonna sonora di Jose Hisaishi, pari a quelle che compongono le meraviglie animate di Hayao Miyazaki. In sintesi, un altro degno film giapponese, rivelatore del risorgimento di una industria cinematografica di grande tradizione, che da troppi anni si limitava al settore dei cartoni animati. Jerónimo José Martín. ACEPRENSA.

Pubblico: Giovani. Contenuti: S, D (ACEPRENSA)