Lettere da Iwo Jima

3/3/2007. Regista: Clint Eastwood. Sceneggiatura: Iris Yamashita. Interpreti: Ken Watanabe, Kazunari Ninomiya, Tsuyoshi Ihara, Ryo Kase, Shidou Nakamura. USA. 2006. 141 min. Giovani-adulti. (V)

Clint Eastwood iniziò a girare Lettere da Iwo Jima subito dopo Flags of our fathers (Rassegna Cinema n. 57), ormai pronto per la produzione. Si tratta della visione della stessa battaglia, ma dal punto di vista giapponese. In realtà, fa parte di un unico progetto sulla guerra, sulla natura umana e sull’eroismo, temi ricorrenti nel cinema di questo autore.

Il film inizia con l’arrivo del generale Kuribayashi sull’isola, per dirigerne la difesa. Kuribayashi è un uomo moderno, formato negli Stati Uniti, paese che conosce e rispetta. Al suo arrivo, organizza la difesa in modo nuovo ed efficace, riuscendo a trasformare l’isola in un formidabile fortino. I cinque giorni previsti per la conquista, secondo il comando americano, si trasformarono in una feroce battaglia di quaranta giorni e decine di migliaia di morti. Kuribayashi appare inoltre disapprovare vecchie pratiche abituali dell’esercito imperiale, come abusi, maltrattamenti, sprezzo dei civili, suicidio d’onore; naturalmente, molti dei suoi ufficiali e sottufficiali della vecchia scuola gli sono ostili. Tra i semplici combattenti dell’esercito nipponico si trova Saigo, panettiere nella vita civile, il cui unico desiderio è di conoscere la figlia che gli è nata e non ha ancora visto.

Lettere è un gran film. Riesce superiore al gemello, perché più centrato. Infatti, si tratta di una storia con un chiaro fine: quello di mostrare chi erano qugli uomini, che lottarono nei tunnel e nelle grotte dell'isola. Con l’aiuto di alcuni flash back, Eastwood traccia le personalità del barone Nishi, campione olimpionico, del generale Kuribayashi e anche di alcuni soldati.

L’ambiente è opprimente. Un continuo rumore d’artiglieria e crepitio di mitragliatrici si sente instancabilmente attraverso i tunnel, dall’inizio dei combattimenti. Gli orrori si succedono con inesorabile fatalità. Il ricorso a colori sbiaditi contribuisce a conferire veracità al film, ad aumentare la sensazione contagiosa di prostrazione. Il film sembra girato in bianco e nero, mentre il colore è dato da fiamme e sangue.

Girato in giapponese, mostra il fronte nipponico della battaglia. Tuttavia non è tanto il punto di visita dei giapponesi ad emergere, bensì quello personale di Eastwood che descrive l’avversario con umanità. Il regista, sempre con tendenza al pessimismo, riesce nel suo doppio film a mostrare altrettanto bene l’orrore della guerra e la normalità che caratterizza le persone dei combattenti, da una parte e dall’altra: capaci di atti eroici e di meschinità. E Li ritrae tutti, gli uni e gli altri, manipolati al servizio d’interessi altrui. Questo ci fa rammentare che la guerra è terribile: soprattutto per gli sconfitti. Fernando Gil-Delgado. ACEPRENSA.

Pubblico: Giovani-adulti. Contenuti: V (ACEPRENSA)

Intrigo a Berlino

3/3/2007. Regista: Steven Soderbergh. Sceneggiatura: Paul Attanasio. Interpreti: George Clooney, Cate Blanchett, Tobey Maguire, Beau Bridges, Ravil Isyanov. 105 min. USA. 2006. Adulti. (VXD)

Berlino, 1945. La città è in rovine. Ovunque si vedono divise americane e russe. In Europa, la guerra è finita, ma prosegue nel Pacifico. Siamo alla vigilia della conferenza di Postdam, che deciderà il futuro del mondo; la polizia è in piena caccia ai criminali di guerra nazisti. Jake Geismar (Gorge Clooney), cronista di guerra dell’esercito degli Stati Uniti, arriva a Berlino per render conto della conferenza. Scopriremo presto che si tratta di un ebreo che ha vissuto a Berlino prima della guerra e che sogna di rincontrare la ex-segretaria, con la quale aveva avuto una storia d’amore. Senza proporselo, il corrotto autista lo aiuterà a incontrarla e lo spingerà ad una ricerca che preoccupa tedeschi, americani e russi, al contempo.

L’adattamento di un romanzo ambientato nella Berlino del 1945 permette a Steven Soderbergh di alludere a celebri precedenti del cinema noir in genere; in particolare, a Jacques Tourneur (Berlin Express) e Billy Wilder (A Foreing Affair). Inoltre, realizza qualche esperimento innovativo, riuscendo ad abbinare immagini d’archivio a immagini nuove di zecca, ma girate in bianco e nero, con cineprese d’epoca. Il risultato è interessante; perfino bello, ma lascia insoddisfatti.

Non si tratta soltanto del fatto che linguaggio o scene di sesso si espongono con maggiore crudezza rispetto ai film del ‘45, bensì al fatto che Soderbergh è riuscito a riprodurre con precisione l’involucro di quei film, senza catturarne la profondità; si direbbe che la preoccupazione di rispettare tutto il sistema di produzione, fotografia e arredamenti, lo ha totalmente assorbito, facendogli trascurare lo sviluppo della storia.

Lo spettatore può seguire il film con interesse, ammirando il realismo d’epoca, ricordando forse vecchi film dove si vedevano esattamente le stesse cose e, al contempo, seguire le peripezie di Clooney, di Cate Blanchett (molto preoccupata, forse, di evocare la Dietrich), e di altri attori. Ma quasi con nonchalance.

Soderbergh ha dovuto scoprire, per sua disgrazia, che il film non ne guadagna dal tono più spinto del discorso politico, rispetto a quello dell’immediato dopoguerra. Inoltre, malgrado il rigore storico dei commenti, questo cinismo ha troppo spesso un sapore contemporaneo. Ciononostante, il film è comunque interessante: un omaggio agli appassionati di film noir classico. Fernando Gil-Delgado. ACEPRENSA.

Pubblico: Adulti. Contenuti: V, X, D. (ACEPRENSA)

L'Amore non va in vacanza

3/3/2007. Regista: Nancy Meyers. Sceneggiatura: Nancy Meyers. Interpreti: Cameron Diaz, Kate Winslet, Jude Law, Jack Black, Eli Wallach. 135 min. USA. 2006. Giovani-adulti (SD)

Iris, è una giornalista londinese che ha avuto una delusione d’amore. Amanda, una californiana proprietaria di un’agenzia di pubblicità che lavora troppo ed ha appena rotto col fidanzato. Davanti alla prospettiva di vivere il Natale da sole, per recuperare un po’ di buon senso -dopo i respettivi insuccessi sentimentali-, decidono di prendersi una vacanza il più lontano possibile dalla residenza abituale. E ciò, mediante uno scambio di abitazioni tra la dimora di Amanda (a Los Angeles) e la casetta di Iris (vicino a Londra).

Il quarto film di Nancy Meyers - Genitori in trappola, What women want, Tutto può succedere-, è una lezione di amore secondo lo stile della commedia romantica classica. Lezione, perché segue fedelmente le regole del genere, rifacendosi spesso alle commedie degli anni trenta e quaranta. Infine perché, in una storia secondaria, include Arthur (Eli Wallach), affascinante novantenne che fu sceneggiatore nell’epoca dorata di Hollywood, che cosente di argomentare con proprietà, sul tema.

L’amore non va in vacanza segue lo schema universale di un ragazzo che conosce una ragazza -in questo caso è il contrario-, con personaggi maschili che -all’inizio- sembrano inadeguati, ma che sollecitano la curiosità dello spettatore, indotto a conoscerli meglio. Meyers è abile quando si tratta di conferire un tono generale di irresistibile romanticismo. Sostiene di aver scritto il copione a misura dei quattro protagonisti. I punti più deboli sono una messa in scena efficace, ma priva di fascino, la mancanza d’immaginazione nelle risposte, alcune storie secondarie che non funzionano -come gli spots pubblicitari ideati da Amanda- e i minuti in cui l’attore Jack Black recita se stesso, perdendo colpi. Come nei precedenti film, Meyers imita il classico. In fondo, loda il matrimonio e la famiglia, ma aggiunge alcuni tocchi di modernità: sensualità, impostazioni edonistiche, dialoghi grossolani, senza un minimo riferimento religioso, almeno in un film natalizio… Comunque, meglio di altre commedie recenti che pretendono di passare per romantiche. Fernando Gil-Delgado. ACEPRENSA.

Pubblico: Giovani-adulti. Contenuti: S, D (ACEPRENSA)

Scrivimi una canzone (Music and Lyrics)

3/3/2007. Regista: Marc Lawrence. Sceneggiatura: Marc Lawrence. Interpreti: Hugh Grant, Drew Barrymore, Brad Garrett, Kristen Johnston. 104 min. USA. 2007. Giovani.

Alex Fletcher, cantante pop degli anni '80, è stato un mito per le adolescenti di allora. Oggi, più di vent'anni dopo, Alex si accontenta di qualche modesta rappresentazione per far contente quelle ragazze che ora sono diventate mamme. Arriva finalmente la grande occasione: Cora, la cantante del momento, gli ha commissionato una canzone ma Alex ha solo una settimana di tempo per comporla. Sophie, una ragazza venuta nel suo appartamento per innaffiare le piante mostra di avere un dote innata per scrivere testi di canzoni: le speranze non sono perdute.

Il film è ricco di spunti interessanti. L'ambientazione nel mondo della musica leggera mostra l'esistenza di un'industria da milioni di dollari dove validi professionisti lavorano sodo per far contento il loro pubblico (e le loro tasche). Le sequenze in cui Alex e Sophie, intorno al pianoforte prima e al mixer dopo cercano la melodia e le parole migliori per ideare una nuova canzone, sono un bel quadro di esperienza creativa e della difficoltà di trovare l'ispirazione giusta.

Ben tratteggiato inoltre l''incontro di due persone, ognuna disillusa dalla vita per motivi diversi: lui tradito professionalmente dal suo partner, lei reduce da un fallimento amoroso. Iniziano ad intendersi prima professionalmente, poi poco a poco entrano uno nella vita dell'altro, fino a diventare reciprocamente indispensabili proprio perché uno è diventato per l'altra la motivazione della propria rinascita.

Una commedia classica e senza sorprese da parte di uno sceneggiatore ( ricordiamo Miss FBI - Infiltrata speciale e Two Weeks Notice con Sandra Bullock) che ha deciso di cimentarsi nella regia (ma il testo resta ancora la componente prevalente). Sicuramente gradevole a vedersi per le battute sparate al punto giusto e la ricostruzione di un preciso ambiente professionale. Arguta la battuta di Sophie sul confronto la musica e la vita: "La musica è il colpo di fulmine, l'attrazione sessuale. Le parole sono tutto quello che viene dopo, come sei veramente".

Il film si appoggia molto sul fascino tuttora notevole di Hugh Grant : l'attore sfodera il suo collaudato stile fatto di gradevole presenza, flemmatica compostezza e battute buttate lì con ironia. Si ride con simpatica partecipazione: occorre solo notare che lo sceneggiatore si pone sempre qualche centimetro sopra i personaggi e la motivazione della nascita del loro amore è mascherata da un eccesso di compostezza, forse proprio a causa di quel atteggiamento da eterno scapolo impenitente che trasmette l'attore inglese. La loro notte d'amore a metà film sembra più un atto dovuto dopo tante ore passate nella stessa stanza a lavorare che il frutto di un grande fuoco che si è acceso. Franco Olearo. Per gentile concesione di Familycinematv.it.

Valori/Disvalori: Un uomo e una donna si aiutano a vicenda per superare le frustrazioni che provengono da passate esperienze

Si suggerisce ai genitori la visione a partire da: Adolescenti. Alcuni dialoghi con riferimenti sessuali; accenni di un incontro amoroso

Giudizio tecnico: *** . Buon ritmo da commedia brillante; la regia si pone al docile servizio della sceneggiatura