L'era glaciale 2. Il disgelo

22/4/2006. Regista: Carlos Saldanha. Sceneggiatura: Jon Vitti, Peter Gaulke, Gerry Swallow, Jim Hecht. Colonna sonora: John Powell. Animazione. 81 min. USA. 2006. Tutti. (V) .

Il gruppo di animali guidato da Manny, il mammut, Diego, la tigre siberiana, e Sid, il bradipo, incomincia a temere il peggio davanti alla minaccia del disgelo dei blocchi di giaccio che avvolgono la propria vallata, e agli attacchi di orribili animali che abitano le ora sempre più invadenti acque marine. Tutti iniziano una fuga disperata verso la parte più elevata della valle, dove si presume ci sia una nave approntata per la salvezza di tutti gli animali terrestri.

Come nel primo film della serie, gli sfondi sono molto schematici. Riecheggia poi una eccessiva somiglianza tematica con opere analoghe del tipo Dinosaurus, o della serie Alla ricerca della valle incantata. Inoltre, il copione risulta frammentato, privo di ritmo, incapace di raggiungere i livelli della Pixar. Comunque sia, i personaggi sono disegnati molto bene, con un’animazione migliorata rispetto al film precedente. Ciò rende possibile la visione di scene davvero riuscite e coinvolgenti. Per di più, le gag sono davvero spiritose -soprattutto quelle dello scoiattolo Scrat-, senza mai inquinare il messaggio positivo di questa fiaba sull’integrazione razziale, l’amicizia, l’amore e la solidarietà. Jerónimo José Martín. ACEPRENSA.

Pubblico: Tutti. Contenuti: V (ACEPRENSA)

Firewall

22/4/2006. Regista: Richard Loncraine. Sceneggiatura: Joe Forte. Interpreti: Harrison Ford, Paul Bettany, Virginia Madsen, Mary Lynn Rajskub, Robert Patrick. 120 min. USA. 2006. Giovani. (V)

L’inizio del film mostra come venga spiato Jack (Harrison Ford), capo della sicurezza informatica di una modesta banca. Presto scopriremo che Jack è ricattato da parte di una banda criminale: o aiuta a compiere furti, a danno della banca, o ne pagherà le tragiche conseguenze la sua famiglia.

Nuova versione di una storia dal cliché molto collaudato, vanta la sola novità rappresentata dall’elevato supporto tecnologico odierno. Non ha altre pretese che distrazione e intrattenimento. Il copione denuncia alcuni errori, anche se non troppi, non abbastanza vistosi -per fortuna- da comprometteere la visione del film. L’attore principale Harison Ford dimostra ormai, e fin troppo, i limiti della sua età, rispetto ai componenti della sua famiglia e al ruolo che svolge in quella situazione. Pur trattandosi dello stesso attore, non ci torviamo più davanti al Jack Ryan (Giochi di potere), con cui non ci si poteva permetterre di giocare impunemente. Fernando Gil-Delgado. ACEPRENSA..

Pubblico: Giovani. Contenuti: V (ACEPRENSA)

Se solo fosse vero (Just like heaven)

22/4/2006. Regista: Mark Waters. Sceneggiatura: Peter Tolan e Leslie Dixon. Interpreti: Reese Witherspoon, Mark Ruffalo, Donal Logue, Dina Waters, Ben Shenkman. 95 min. USA. 2005. Giovani-adulti. (SD)

A 41 anni compiuti, Mark Waters dirige il suo quinto film, uno di quei film godibili che fa piacere vedere ogni tanto. David, tipo solitario dal volto angosciato, affitta un luminoso appartamento, con vista sulla baia di San Francisco. Quando appare la proprietaria -dottoressa iperattiva e prepotente- tutto si fa più difficile. Ci sono ulteriori complicazioni, ma è meglio non svelare la trama.

Just Like Heaven è una commedia romantica, dal timbro un po’ sognante e fantasmagorico, tratta da un romanzo di Marc Levy. È interpretato da una simpatica ed espressiva Reese Withersponn, ben coadiuvata dall’efficace Ruffalo. Gli sceneggiatori, Tolan (Perfetti innamorati, Terapia e pallottole) e Dixon (Mrs. Doubtfire, Un sogno per domani), benché spesso risultino troppo convenzionali, talvolta frivoli, mettono sale e simpatia in una storia divertente e tenera. Ci sono diverse scene spiritose, con un buon gusto raro, rispetto alla maggior parte del cinema di consumo statunitense. Alberto Fijo. ACEPRENSA.

Pubblico: Giovani-Adulti. Contenuti: S, D (ACEPRENSA)

Firewall

22/4/2006. Regista: Richard Loncraine. Sceneggiatura: Joe Forte. Interpreti: Harrison Ford, Paul Bettany, Virginia Madsen, Mary Lynn Rajskub, Robert Patrick. 120 min. USA. 2006. Giovani. (V)

L’inizio del film mostra come venga spiato Jack (Harrison Ford), capo della sicurezza informatica di una modesta banca. Presto scopriremo che Jack è ricattato da parte di una banda criminale: o aiuta a compiere furti, a danno della banca, o ne pagherà le tragiche conseguenze la sua famiglia.

Nuova versione di una storia dal cliché molto collaudato, vanta la sola novità rappresentata dall’elevato supporto tecnologico odierno. Non ha altre pretese che distrazione e intrattenimento. Il copione denuncia alcuni errori, anche se non troppi, non abbastanza vistosi -per fortuna- da comprometteere la visione del film. L’attore principale Harison Ford dimostra ormai, e fin troppo, i limiti della sua età, rispetto ai componenti della sua famiglia e al ruolo che svolge in quella situazione. Pur trattandosi dello stesso attore, non ci torviamo più davanti al Jack Ryan (Giochi di potere), con cui non ci si poteva permetterre di giocare impunemente. Fernando Gil-Delgado. ACEPRENSA..

Pubblico: Giovani. Contenuti: V (ACEPRENSA)

SE SOLO FOSSE VERO (JUST LIKE HEAVEN)

22/4/2006. Regista: Mark Waters. Sceneggiatura: Peter Tolan e Leslie Dixon. Interpreti: Reese Witherspoon, Mark Ruffalo, Donal Logue, Dina Waters, Ben Shenkman. 95 min. USA. 2005. Giovani-adulti. (SD)

A 41 anni compiuti, Mark Waters dirige il suo quinto film, uno di quei film godibili che fa piacere vedere ogni tanto. David, tipo solitario dal volto angosciato, affitta un luminoso appartamento, con vista sulla baia di San Francisco. Quando appare la proprietaria -dottoressa iperattiva e prepotente- tutto si fa più difficile. Ci sono ulteriori complicazioni, ma è meglio non svelare la trama.

Just Like Heaven è una commedia romantica, dal timbro un po’ sognante e fantasmagorico, tratta da un romanzo di Marc Levy. È interpretato da una simpatica ed espressiva Reese Withersponn, ben coadiuvata dall’efficace Ruffalo. Gli sceneggiatori, Tolan (Perfetti innamorati, Terapia e pallottole) e Dixon (Mrs. Doubtfire, Un sogno per domani), benché spesso risultino troppo convenzionali, talvolta frivoli, mettono sale e simpatia in una storia divertente e tenera. Ci sono diverse scene spiritose, con un buon gusto raro, rispetto alla maggior parte del cinema di consumo statunitense. Alberto Fijo. ACEPRENSA.

Pubblico: Giovani-Adulti. Contenuti: S, D (ACEPRENSA)

La familia Omicidi

22/4/2006. Regista: Niall Johnson. Sceneggiatura: Richard Russo, Niall Johnson. Interpreti: Rowan Atkinson, Kristin Scott Thomas, Maggie Smith, Patrick Swayze, Emilia Fox. 103 min. Gran Bretagna. 2006. Adulti. (XSD)

Little Wallop è un minuscolo e delizioso paesino britannico. La gente va in chiesa, le donne organizzano le loro attività caritatevoli… tutto come Agata Christie lo descriveva cent’anni fa. E, come nei suoi gialli, il paese nasconde orribili segreti. Il comico Atkinson, che interpreta Walter Goodfellow, l’ingenuo e smemorato pastore anglicano di questo gregge, dà rilievo al suo personaggio molto meglio del goffo chierico, da lui impersonato, in Quattro matrimoni e un funerale. Vi appare come lo stesso uomo, buono, di personalità -malgrado i difetti-, che a suo tempo è riuscito a conquistare Gloria. Lo è ancora, ma adesso, assorbito da mille impegni, trascura la famiglia. Perciò, la moglie Gloria si stufa ed inizia a flirtare con l’attraente maestro di golf. La figlia Holly è venuta fuori come l’adolescente più disinibita del paese, mentre il figlio Petey è succube dei bulli della sua scuola. In tale situazione, sopraggiunge in parrocchia Grace, la nuova governante: e sembra quasi che le cose si possano sistemare da sole… Quasi.

Riuscita commedia noir, molto inglese, che affonda le sue radici nella migliore tradizione della rimpianta scrittrice di gialli e del classico La signora omicidi. Il film è semplice e corretto. Il regista e sceneggiatore fa quello che deve e ci si aspetta da lui, coadiuvato da un eccellente cast. Kristin Scott Thomas sorprende, dopo un lungo periodo di appannamento, dialogando con una sempre splendida Maggie Smith, qui in un ruolo insolito. Malgrado una certa delicatezza nel tono, in un paio di occasioni il film non riesce ad evitare grossolanità ed esibizioni intime esplicite. Fernando Gil-Delgado. ACEPRENSA.

Pubblico: Adulti. Contenuti: X, S, D (ACEPRENSA)

Il grande silenzio

22/4/2006. Regista: Philip Gröning. Sceneggiatura: Philip Gröning. 164 min. Germania-Svizzera. 2004. Tutti.

La Grande Chartreuse, il più antico monastero dei certosini, è situata fra le Alpi francesi non lontano da Grenoble. Il regista tedesco Philip Gröning ha atteso 18 anni per ottenere dal priore generale il permesso di entrare nel loro eremo con una macchina da presa. Gröning è rimasto con loro per circa sei mesi, riprendendo le loro attività quotidiane e il lento alternarsi delle stagioni nella vallata circostante. Non ha potuto portare con se alcuna troupe nè lampade per l'illuminazione: tutte le riprese sono state effettuate con la luce naturale e il suono è quello di scena, senza commenti fuori campo nè colonna sonora. Tutto il materiale raccolto è stato condensato in due ore e mezza di un film che non ha precedenti.

Lo spettatore viene invitato fin dalla prima inquadratura a scuotersi dal tipico atteggiamento di chi si siede in sala per limitarsi a diventare un passivo ricettore di suoni e luci. Con uno sforzo di concentrazione, a man mano che la luce dell'alba si diffonde, riusciamo a distinguere, fra la sgranatura di una pellicola ad alta luminosità, il profilo di un monaco inginocchiato che prega nella sua cella. Al centro c'è una piccola stufa, unica fonte di calore nel rigido inverno. Un altro monaco suona la campana: è il momento del canto gregoriano e tutti si radunano nella cappella. Ancora una volta è il buio quasi totale a prevalere: vediamo solo una candela accesa mentre il canto si sviluppa lento e solenne. Ormai lo spettatore ha capito: nulla gli verrà spiegato di quel che sta vedendo e si troverà impegnato in uno sforzo di interpretazione che lo renderà sensibile a qualunque bagliore o fruscio, sia esso lo spostamento di una sedia o lo stormire delle fronde.

Si è fatto ormai giorno e il fratello addetto alla dispensa apre una ad una le finestrelle delle celle per depositarvi il pranzo giornaliero. Un'altro ritira la biancheria da lavare e sopra ogni indumento è stato lasciato un bigliettino che inizia con la frase: "caro fratello, ho bisogno di..". Mentre i monaci restano nelle loro celle a pregare e a meditare, gli altri fratelli si dedicano alle faccende che rendono indipendente, anche se povera, la certosa: il lavoro nei campi, nelle cucine, il taglio della legna (con sega a mano) in tocchi rigorosamente uguali, il cucire nuove tonache (i bottoni vengono riciclati da tonache ormai vecchie) o semplicemente il taglio dei capelli perché le teste dei monaci debbono restare perfettamente rasate. Poi, la domenica, dopo la celebrazione eucaristica e la comunione, si ritrovano nel refettorio per il pranzo in comune mentre si ascoltano delle letture spirituali; infine la passeggiata all'aperto per ritemprare il fisico e per potersi conoscere chiacchierando fra loro nelle uniche quattro ore di non silenzio previste nella settimana.


La maggior parte degli spettatori resterà attonita e a disagio di fronte a qualcosa che non ha mai conosciuto: l'ordine dei certosini, fondato da san Bruno di Cologne nel 1084 è dedito al servizio di Dio con la preghiera e il silenzio permanente. Dalla fondazione fino ad oggi la vita dei monaci è rimasta immutata: nessuna modernità (radio, televisione, Internet, visitatori) interviene a disturbarli dalla loro meditazione né a porli a contatto con il mondo esterno. Qualcuno potrà sospettare che una vita così semplice e con pochi accadimenti possa risultare comoda e rilassata, sopratutto se la confrontiamo con la vita frenetica delle nostre città. . Niente di più diverso dal vero: i monaci dormono tre ore a cui seguono due o tre ore di preghiera e poi altre tre ore di sonno. Tutta la giornata è incorniciata fra una messa mattutina e una serale e le preghiere nel silenzio della propria cella nonché le varie faccende domestiche. Lo stesso regista, che ha vissuto assieme a loro per sei mesi, ha dichiarato: "non c'è di fatto tempo per se stessi: quando sentivo che finalmente potevo avere un po' di pace, un'altra campana iniziava a suonare e qualcos'altro doveva essere svolto".


La seconda riflessione che può scaturire dalla visione di questo film è che i monaci, con l' isolamento e con questa vita che si ripete uguale giorno dopo giorno da più di mille anni, vogliono cercare di annullare il tempo, vogliono percepire l'eternità. In realtà essi si protendono in avanti in una tensione continua volta alla ricerca di una sempre più intima comunione con Dio. Mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre; mi hai fatto forza e hai prevalso. (Ger . 20/7).: la frase del profeta viene ribadita più volte durante il film e se le preghiere sono sempre le stesse, il modo con cui vengono sentite sarà ogni giorno diverso perché la meditazione sarà diventata più profonda: la serenità della loro esistenza non deriva da una vita vuota di eventi drammatici ma dal loro abbandono fiducioso nella Provvidenza Divina.

Il regista ha usato i pochi strumenti del mestiere a lui concessi (la qualità delle immagini, con l'illuminazione naturale, è spesso appena sufficiente) per farci sentire proprio là, in mezzo ai monaci, nello stesso silenzio e nello stesso alternansi di preghiera e lavoro. Da questo punto di vista il successo è stato completo. Tuttavia la formula del cinema - verità estremo, se raggiunge alcuni obiettivi, ne manca altri.


Lo stesso sforzo di interpretazione con cui lo spettatore si deve impegnare nella visione rende evidente l'approccio fenomenologico che il regista ha voluto applicare: quello di un esploratore rispettoso di un universo sconosciuto. Forse quello che è mancato è stato il tentativo di interpretare la realtà monastica dal di dentro. Forse con un po' più di fiction (magari seguire un novizio dall'ingresso nel monastero fino alla sua integrazione, incluse le sue battaglie e i suoi dubbi) ci avrebbe fatto meglio comprendere le ragioni della coraggiosa scelta di questi mistici. Alla fine della proiezione è probabile che la maggior parte degli spettatori concluderà che questa vita non è per lui e si ritufferà gioiosamente nel caos del traffico cittadino, ma al contempo in tutti resterà il desiderio di ritagliarsi un momento di riflessione, di preghiera alla ricerca di un Colloquio che spesso ci è mancato. Franco Olearo. Per gentile concessione di FAMILYCINEMATV.

Valori/Disvalori: I ritmi di una vita rimasta immutata per quasi mille anni ci rendono tangibile la vocazione dei monaci nel cercare l'incontro con il Signore nella solitudine e nel silenzio

Si suggerisce la visione, per ragazzi non accompagnati, a partire da: Tutti

Giudizio tecnico: Ottimo documentario sulla vita all'interno di una Certosa. Manca il tentativo di comprendere le intime motivazioni della vocazione monastica

Nanny McPhee -Tata Matilda

8/4/2006. Regista: Kirk Jones. Sceneggiatura: Emma Thompson. Interpreti: Emma Thompson, Colin Firth, Angela Lansbury, Kelly Macdonald, Thomas Sangster. 97 min. GB, USA, Francia. 2005. Tutti.

Non è la prima volta che l’attrice britannica Emma Thompson attua la trasposizione per cinema di un’opera letteraria. Lo ha già realizzato in Ragione e sentimento, vincendo un Oscar per la miglior sceneggiatura non originale. Ed ora si è ripetuta in Tata Matilda, tratto da una serie di libri per bambini di Christianna Brand. Una misteriosa bambinaia (nel film ribattezzata col nome di Nanny McPhee) approda in casa di un giovane vedovo, per cercare di tener a bada i suoi sette pestiferi figli.
Come impatto visivo, questa versione di Mary Poppins è una delizia, per l’esuberanza di colori, di scenari da favola, per la cura dei costumi. Basti ricordare la stupefacente nevicata in pieno agosto, davvero ben girata. Nella colonna sonora emerge il talento di Patrick Doyle (Enrico V, Harry Potter e il calice di fuoco).

Tanto il copione, come la regia, rispettano lo spirito del racconto, e al contempo diffondono gradualmente il messaggio di fondo -che c’è, ed è anche interessante- in sequenze davvero divertenti (la trovata iniziale è splendida), con dialoghi geniali, in un elegante romanticismo che impregna tutto il film. Thompson e Lansbury si riaffermano magistrali attrici. Si vede che da una così riuscita lezione, hanno ben appreso anche i bambini del cast: sono sensazionali. Ana Sánchez de la Nieta. ACEPRENSA.

Pubblico: Tutti. Contenuti: - (ACEPRENSA)

Il suo nome è Tsotsi

8/4/2006. Regista: Gavin Hood. Sceneggiatura: Gavin Hood. Interpreti: Presley Chweneyagae, Zola Bonginkosi, Terry Pheto, Kenneth Nkosi. 94 min. GB, Sudafrica. 2005. Giovani-adulti. (VD)

Con l’Oscar al miglior film straniero sotto braccio, arriva il sudafricano Tsotsi, diretta da Gavin Hood. Aveva già avuto una nomination per il Globo D’oro, dopo aver vinto il premio del pubblico in festival così diversi come Toronto, Edimburgo o Los Angeles. Il film si basa sul romanzo omonimo di Athol Fugard, scritto nel 1960. Originariamente ambientato negli anni cinquanta, il film traspone al presente proprio quella storia.

In un quartiere povero, alla periferia di Johannesburg, Tsotsi è il nomignolo di un delinquente di 19 anni, che ha varcato ogni limite di brutalità. Orfano fin dalla prima infanzia, Tsotsi ha vissuto una vita di privazioni estreme, tanto fisiche che psicologiche. È il leader di una banda di assassini e ladri. Un giorno, rubando una macchina dopo aver sparato alla proprietaria, si accorge che nell’auto c’è qualcosa di davvero insolito: un bambino appena nato. Questa inattesa scoperta è l’inizio di una strada che porterà Tsotsi ad un destino del tutto a sorpresa.
Senza dubbio il film, abbastanza crudo, diretto, tagliente, non risparmia sequenze sulla disumanizzazione iniziale di Tsotsi. La messa in scena è quasi di genere noir, con fotografia crepuscolare e molta musica autoctona. Comunque sia, il film espone le tappe di un processo edificante, quello di una persona che circostanze impreviste portano a riscattare il suo lato migliore. Determinante sarà l’incontro con Miriam, donna generosa e accogliente, testimone di un cuore puro. Il film evita finali di tipo hollywoodiano, preferendo confinare i suoi personaggi ad una misura esistenziale più plausibile. In sintesi, un film tanto duro, quanto carico di promettenti speranze. Juan Orellana. ACEPRENSA.

Pubblico: Giovani-adulti. Contenuti: V, D (ACEPRENSA)

Inside man

8/4/2006. Regista: Spike Lee. Sceneggiatura: Russell Gewirtz. Interpreti: Denzel Washington, Jodie Foster, Christopher Plummer, Willem Dafoe, Chiwetel Ejiofor. 129 min. USA. 2006. Giovani. (V).

Certamente si tratta del film più commerciale del regista afroamericano Spike Lee. Rientra nel genere di film del “colpo perfetto”. Il copione di Russell Gewirtz descrive l’assalto ad una banca di Wall Street, con tanto di ostaggi. La novità assoluta consiste nel fatto che i ladri obbligano ognuna delle vittime, prese in ostaggio, a coprirsi con tutte e passamontagna identici a quelli usati dai membri della gang, per confondere la polizia e meglio fronteggiare sgradite sorprese. La suspense aumenta lasciando insoluti quali siano i veri propositi dei rapinatori, inserendo un presidente di banca molto preoccupato per il misterioso contenuto di una determinata cassetta di sicurezza; con tanto di poliziotti ben consapevoli che la vicenda sia tutt’altro che semplice da risolvere, nonché la presenza di una donna risoluta, abituata a pulire i panni sporchi dei potenti. Ecco gli ingredienti della trama che scorre, lasciandosi vedere con interesse, anche se risulta spesso troppo tirata per i capelli. Il principale apporto di Lee è la rabbia contenuta e la frustrazione dei personaggi, le paure e la sfiducia generata dopo l’11 settembre, svelata da minimi dettagli ben selezionati, in continuità con l’atmosfera di La 25ª ora, che faceva, del famoso attentato, il tema dominante. Meno abile si rivela il regista, invece, nelle sequenze di azione, dove opta a favore di un’atmosfera da claustrofobia, troppo angosciante. José María Aresté. ACEPRENSA.

Pubblico: Giovani. Contenuti: V (ACEPRENSA)

Indian - La grande sfida

8/4/2006. Regista: Roger Donaldson. Sceneggiatura: Roger Donaldson. Interpreti: Anthony Hopkins, Jessica Cauffiel, Saginaw Grant, Diane Ladd, Christopher Lawford. 127 min. Nuova Zelanda-USA. 2005. Giovani-adulti. (SD)

Tipico film in cui il protagonista riesce a realizzare il suo sogno. Un neozelandese anziano ed eccentrico, amante della velocità, da anni sta preparando una moto per partecipare al campionato che si svolge nei deserti di Salt Lake, negli Stati Uniti. Una angina pectoris è la spia improvvisa che gli rivela come gli resti ormai poco tempo da vivere, così che raggranella i soldi necessari per viaggiare fino all’altro capo del mondo. Il film canta le prodezze sportive del nostro, in un inno alle possibilità della terza età, quando si mantiene la mente giovane e, pertanto, aperta. L’australiano Roger Donaldson, regista e sceneggiatore, ci prospetta una galleria di personaggi variopinti che aiutano il protagonista nella sua avventura: il ragazzo della porta accanto, un travestito, una donna con la quale fa una scappatella, nonché gli stessi organizzatori della corsa che, sulle prime, lo accolgono con scetticismo; e poi con ammirazione. Film corretto, un tantino stucchevole: non richiede particolare impegno, rivelando uno sviluppo prevedibile. Anthony Hopkins si diverte moltissimo dando quel peculiare tono, proprio del suo personaggio, Ma non c’è molto da aggiungere, oltre al debole per le donne, in questo caso un po’ patetico. L’emozione è invece garantita nelle scene in cui il protagonista cerca di battere il record. José María Aresté. ACEPRENSA.

Pubblico: Giovani-adulti. Contenuti: S, D (ACEPRENSA)

Tristano e Isotta

8/4/2006. Regista: Kevin Reynolds. Sceneggiatura: Dean Georgaris. Interpreti: James Franco, Sophia Myles, Rufus Sewell, David O’Hara, Henry Cavill. 125 min. Germania, GB, USA. 2006. Adulti. (VX)

Tristano è al servizio di Lord Marke. Costui, un nobile per cui vale ancora il detto “buon sangue non mente”, pretende di unificare le tribù sassoni contro l’espansionismo del re irlandese Donnchach. Isotta è la figlia di re Donnchach, la quale entra in crisi quando suo padre pretende di imporle un matrimonio di convenienza. È una storia di amori impossibili, nelle Isole Britanniche all’indomani della dominazione romana. Gli interpreti sono molto, ma molto scarsi; la messa in scena, elementare; i costumi si direbbero frettolosamente acquisiti in qualche outlet di periferia. Comunque, malgrado la mediocre regia del texano Kevin Reynolds (Robin Hood, Rapa Nui, Waterworld, Montecristo) e del volgarizzato copione di Dean Georgaris, la storia originale rimane così portante da consentire al film di lasciarsi vedere. Questa coproduzione anglo-tedesca-statunitense è stata girata in Irlanda e Praga. Ridley Scott e il fratello Tony ne sono i produttori esecutivi. Il fiasco nei cinema USA è stato peraltro sensibile, non raggiungendo i 15 milioni di dollari. Alberto Fijo. ACEPRENSA.

Pubblico: Adulti. Contenuti: V, X. (ACEPRENSA)