Il tempo dei lupi (Le temps du loup)


12/06/2004. Regista: Michael Haneke. Sceneggiatura: Michael Haneke. Interpreti: Isabelle Huppert, Maurice Benichou, Lucas Biscombe, Patrice Chereau, Béatrice Dalle. 113 min. Francia. 2003. Adulti.

Il controverso regista austriaco Michael Haneke, autore di film così diversi come La pianista o Storie – Racconto incompleto di diversi viaggi (Code Inconnu), ci offre in quest’opera una visione apocalittica, di cui si avvale per analizzare a fondo il comportamento umano in situazioni estreme. Una famiglia, in fuga da un misterioso cataclisma, cerca di rifugiarsi nella propria casa di campagna, nel frattempo già occupata da un’altra famiglia. Dopo un violento conflitto, in cui muore il capofamiglia, moglie e figli intraprendono una fuga disperata fino ad imbattersi in un altro gruppo di rifugiati, senza però che la situazione migliori..

Anche se il film vuol lasciare una porta aperta alla speranza, espone una rassegna di miserie umane capaci di prostrare lo spettatore. Certamente ci sono personaggi e gesti dotati di umanità, ma sommersi in un’atmosfera asfissiante e sordida, maldestra imitazione di Aspettando Godot. Il titolo, Il tempo dei lupi, già utilizzato da Bergman, allude -nella tradizione germanica- al momento che precede la fine del mondo.

Buona la realizzazione e ben diretti gli attori. Il film risulta invece pesante per il suo iperrealismo e strumentale pessimismo. Si tratta di un tipico prodotto da festival cinematografico, oggetto di critiche intellettuali, ma molto lontano dalle motivazioni e dalle preferenze del grande pubblico. Malgrado l’ispirazione ad autori come Bergman e Tarkovsky, il film appare molto distante dalla sincerità e dall’efficacia di quei registi. Alquanto indigesto.

Juan Orellana. ACEPRENSA.

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