Osama

17/07/2004. Regista: Siddiq Barmak. Sceneggiatura: Siddiq Barmak. Interpreti: Marina Golbhari, Arif Herati, Zubaida Sahar, Gol Rahman Ghorbandi, Mohamad Haref Harati, Mohamad Nader Khadjeh. 82 min. Afganistan. 2003. Giovani.

Nell’Afghanistan dei talebani e dei burka, il film ritrae una famiglia composta di sole donne (gli uomini sono caduti in guerra): la nonna, la madre e una bambina, in una situazione tremendamente precaria. Fanno quello che possono per tirare avanti, ma oltre le molte penurie c’è il fatto di rientrare nella condizione femminile, in un paese dove la donna non ha diritti. Se non bastasse, in quanto donne non possono uscire per strada da sole: quando si tratti di lunghi percorsi, devono essere sempre accompagnate da un uomo. Una volta si può anche chiedere questo favore ad un parente, ma poi…? Cosa escogitare per potersi muovere con più continuità, in libertà, così da guadagnarsi il pane? L’unica idea è travestire la bambina da ragazzo, perché serva da scorta. La cosa funziona bene all’inizio. Ma quando Osama (il nome maschile inventato per la piccola travestita) è chiamato ad assistere alla scuola islamica e a partecipare ad attività vietate alla donna, s’innesca una spirale sempre più pericolosa.

Come molti film iraniani (non certamente particolareggiato come quelli di Abbas Kiarostami) questo film afgano primeggia in semplicità, per esposizione narrativa. Siddiq Barmak, che ha potuto girarlo nel suo paese in relativa libertà, dopo la caduta del regime dei talebani, si sforza, con successo, di descrivere un dramma famigliare, scatenato in seno ad una società, dove impera il fanatismo. Ancor più pressante, quando la discriminazione si eserciti nel nome di Allah. Il regista e sceneggiatore descrive bene l’inevitabile prematuro trapasso dell’innocenza infantile, cui si vede costretta la bambina, una volta obbligata a muoversi secondo parametri che le sono incomprensibili: le recriminazioni della famiglia perché non sa adeguarsi alle regole del gioco, la frequenza a scuola tra le beffe dei compagni che la dscrirminano, avvertendone la differenza, la spiazzano. In quest’atmosfera ostile troverà la comprensione di un compagno, inizialmente a lei ostile, che saprà rendersi conto della sofferenza di Osama. La scena dell’arrampicamento sull’albero e quella delle abluzioni, sono assai eloquenti. Gli attori, non professionisti, si muovono con gran naturalezza.

Quasi nullo lo spazio per l’ottimismo, il film di Barmak ha ricevuto la menzione speciale Camera d’Oro a Cannes e premi in Spagna. Sa certamente inquadrare emozioni semplici e taluni comportamenti generosi, ma in un’atmosfera cupa e asfissiante. Ne esce fuori il volto meno attraente dell’Islam per quasi l’intera durata del film, concluso da un deprimente finale, per fortuna breve, in cui si domanda allo spettatore se sia meglio morire o sopravvivere da murati vivi, come in una tomba. Jose María Aresté. ACEPRENSA.

Pubblico: giovani-adulti. Contenuti specifici: V, S. Qualità tecnica: ****(MUNDO CRISTIANO)

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