Il siero della vanità

19/05/2004.Regista:Alex Infascelli. Sceneggiatura:Antonio Manzini Interpreti: Margherita Buy (Lucia), Barbara Bobulova (Azzurra), Francesca Neri (Sonia), Valerio Mastandrea (Franco). 92'.Italia. 2003. Adulti

Lucia e Franco, agenti di polizia, indagano su un caso misterioso. Uno dopo l’altro, tutti i personaggi intervenuti in una particolare puntata del famoso talk show condotto da Sonia Norton, scompaiono. Una buona idea sfruttata male. Alex Infascelli (Almost Blue) e Antonio Manzini non riescono a tradurre in un thriller efficace il soggetto firmato da Niccolò Ammaniti (da un bel romanzo del quale è stato invece ben tratto Io non ho paura). Regista e sceneggiatore indugiano infatti su dettagli e motivi secondari perdendo il filo del racconto. La trama investigativa – che in una storia su un’indagine poliziesca dovrebbe avere una certa rilevanza – è inconsistente. La suspense – che ci si aspetterebbe in un thriller – non incalza. La regia si concede manierismi analoghi a quelli che ingolfavano la narrazione anche in Almost blue. Ambientazioni sudicie, luci livide, atmosfere torbide: è avvertibile il tentativo di ricalcare lo stile di David Fincher (Seven, Fight club) di cui Infascelli è stato assistente alla regia per la realizzazione di alcuni video musicali.

Soprattutto, agli autori sembra sfuggire il tema stesso del film che stanno realizzando. Il siero della vanità (titolo depistante) verte sul dramma di persone che cercano una seconda opportunità. È il dramma di tutte le meteore televisive, che hanno brillato per un momento su un teleschermo, ma che non sono riuscite a trasformarsi in stelle fisse. Ma, nel film, è anche il dramma di poliziotti a cui è capitato di sbagliare e che hanno bisogno di ritrovare la fiducia in se stessi e in ciò che fanno. E, in generale, è il dramma di ogni uomo, che inevitabilmente commette degli errori e aspira ad avere l’opportunità di non ripeterli. Si trattava di un tema intrigante e profondo e il soggetto di Ammaniti avrebbe permesso di svilupparlo in modo interessante e originale. Ma regista e sceneggiatore si sono fatti prendere la mano dalla facile satira sociologica del malcostume televisivo, dal compiacimento negli stilemi del genere serial killer e sono andati fuori tema.

Ad aggravare i problemi è inoltre la mancanza di pietas nello sguardo degli autori sul mondo dei “famosi per quindici minuti”. C’è uno strisciante disprezzo per la Miss Italia che non ha sfondato, per la cantante di una sola canzone, per lo psicologo da talk show, per il comico dai travestimenti grotteschi, per l’illusionista che non è riuscito a diventare Houdini. E il disprezzo, oltre a non essere un proficuo atteggiamento critico, è un sentimento letale per una storia quando il narratore lo nutre nei confronti dei suoi personaggi. Elementi problematici per la visione: numerose battute volgari, numerose scene violente, alcune scene sensuali. Francesco Arlanch (la recensione è tratta dal libro "Film di valore" di prossima pubblicazione presso le edizioni ARES, a cura di A. Fumagalli e L. Cotta Ramosino).

Valori/Disvalori Traspare il disprezzo verso chi ha cercato di far fortuna alla televisione ed ha fallito

Si suggerisce la visione a partire da: Adulti. Numerose battute volgari, scene violente, alcune scene sensuali.

Giudizio técnico: **. Una buona idea (dal soggetto di Niccolò Ammanniti) sfruttata male dal regista e dallo sceneggiatore. Per gentile concessione di www.familycinematv.it.

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