Appaloosa

17/1/2009. Regista: Ed Harris. Sceneggiatura: Ed Harris, Robert Knott. Interpreti: Ed Harris, Viggo Mortensen, Renée Zellweger, Jeremy Irons, Timothy Spall, Ariadna Gil. 114 min. USA. 2008. Giovani. (VSD)

Di fronte a un film come Appaloosa uno può entrare nell’eterno dibattito se il western è un genere morto o no. All’evidenza che, sia pur col contagocce, si continuano a fare buoni film del west (Open Range, L’assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford, Quel treno per Yuma, sono soltanto alcuni tra gli esempi recenti), ci sarà chi controbatterà, a ragione veduta, che la qualità di questi film non corrisponde ai risultati economici. In somma, davanti a una storia come Appaloosa uno può trincerarsi dietro lezioni di teoria cinematografica, ma può anche dimenticarsele e divertirsi con un piccolo gioiello che, senza eccessive pretese, mi sembra uno dei migliori film degli ultimi mesi.



A 57 anni, Ed Harris si mette di nuovo dietro la cinepresa –lo fece con Pollock- per girare un film che non pretende di essere originale. Al contrario, si vanta di copiare i classici; o meglio, “il classico”, perché Appaloosa si riferisce direttamente al cinema di John Ford, l’uomo “che faceva western”.

Harris dimostra –come dimostrò Ford in Ombre Rosse o L’uomo che uccise Liberty Valance, riferimento obbligato- che, per girare un buon western, sono sufficiente tre o quattro personaggi ben costruiti, dei dialoghi scritti bene e un paio d’inseguimenti e duelli correttamente girati.

Con questi strumenti utilizzati per fare i migliori western, Harris costruisce Appaloosa partendo da un romanzo di Robert B. Parker: la storia di una solida amicizia tra due rudi cowboy, della loro inimicizia con il cattivo del posto (Irons) e di una donna che si frappone (Zellweger). Questa narrazione apparentemente semplice è arricchita dalle recite meravigliose che tirano fuori il massimo da personaggi per sé molto ricchi. Ci sono dialoghi deliziosi (e in alcuni momenti molto divertenti) e un ritmo tranquillo, che scorre lievemente e non stanca mai.

Appaloosa non ha nessun limite? Certo, ci sarà chi sente la mancanza di un montaggio con più effetti, chi si aspetterà più lotte, chi si sentirà deluso della deliberata semplicità dell’impostazione o chi penserà che in un western, i cattivi devono essere più cattivi, e i buoni più buoni (forse è l’unica concessione alla modernità che fa questo classico western). Ma sono sempre difetti minori che non impediscono che Appaloosa, senza essere un capolavoro, ci faccia intuire perché ai nostri nonni piacevano tanto i film del West. Ana Sánchez de la Nieta. ACEPRENSA.

Pubblico: Giovani. V, S, D (ACEPRENSA)

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