Transamerica

25/3/2006. Regista: Duncan Tucker. Sceneggiatura: Duncan Tucker. Interpreti: Felicity Huffman, Kevin Zegers, Fionnula Flanagan, Elizabeth Peña, Graham Greene. 103 min. USA. 2005. Adulti. (XD)

Bree, prima Stanley, per motivi psicopatologici è pronto a sottoporsi all’intervento con cui spera di trasformarsi in donna: un transessuale. Prima di ottenere il permesso, per cambio di sesso, scopre di avere un figlio, Toby, ragazzo pieno di problemi, che si dibatte tra droga e prostituzione.

Duncan Tucker firma un’opera cinematografica interessante e ben girata, affrontando un tema complesso, con un’impostazione cosí aperta, da consentire una grande varietà di letture. Il giovane regista si mostra abile, nel non polarizzare il copione sull’ambiguità sessuale di Bree -stupendamente rappresentato da Felicity Huffman, vincitrice di un Golden Globe per la recitazione- ma sul rapporto tra padre e figlio. È pure riuscito, anche se un po’ falsato, il modo di mettere a fuoco i problemi psicosessuali, nel film. Nel caso di Bree, infatti, l’argomento del sesso viene ridotto ad aspetti fisici e psicologici, quasi fosse -più o meno- un problema esteriore, che si può risolvere con alcuni progressi tecnici della medicina. Tucker non entra in questioni più ardue, anche se c’è qualche scena -come l’incontro degli amici/amiche di Bree- dove s’intuisce che la galassia dei transessuali non è proprio un paradiso.

La parte più sordida tocca al personaggio di Toby, un giovane che, per drammatiche circostanze, tra l’altro la mancanza di un padre, sa relazionarsi agli altri solo attraverso il sesso: è un uomo oggetto. Tanto Bree, come Toby, sono personaggi profondamente infelici: soffrono e fanno soffrire. Tutti e due hanno bisogno di mettere a posto un elemento qualificante della loro vita, un tassello che è unito alla natura, alla realtà delle cose, idoneo a combaciare con altri tasselli importanti che si chiamano: responsabilità, amore, generosità. Si tratta, dunque, di un elemento fondamentale, la cui precisa collocazione non dipende da un semplice intervento chirurgico.

Duncan Tucker dimostra ancora una certa dose di furba ambiguità -imbrogliando di nuovo- nel lasciare inconcluso il film, non svelando le conseguenze dell’intervento. C’è un momento eloquente, nel quale Bree confessa. “Non posso essere la madre di Toby”. Ma se si trasforma in donna, sarà un padre con corpo di madre?

Ci sarà certo qualcuno che, profittando dal tono comico di alcune scene –specialmente quelle che fanno vedere lo sconcerto causato nella famiglia di Bree- si rivelerà pronto a trasformare Transamerica in un semplicistico inno a favore della transessualità. Non credo che il proposito di Tucker sia stato quello di girare un film dal messaggio ideologico impegnato, ma l’ambiguità con cui tratta alcuni conflitti agevola il compito di chi è già pronto a strumentalizzare, in tal senso, questa pellicola. Ana Sánchez de la Nieta. ACEPRENSA.

Pubblico: Adulti. Contenuti: X, D (ACEPRENSA)

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