Io robot

16/10/2004. Regista: Alex Proyas. Sceneggiatura: Jeff Vintar, Hillary Seitz, Akiva Goldsman. Interpreti: Will Smith, Bridget Moynahan, Alan Tudyk, James Cromwell, Bruce Greenwood. 115 min. USA 2004. Nei cinema in Italia dal 22 ottobre. Giovani.

Forse a causa dell’esasperato scientismo, i racconti futuristi del russo-americano Isaac Asimov, trasposti per cinema, sono stati pochi e hanno ottenuto scarso successo. Basti ricordare L’uomo bicentenario (1999), di Chris Columbus. Ma eccoci di fronte ad un’inversione di tendenza con Io, robot, versione assai libera della collana di racconti dallo stesso titolo, impreziositi dalla sceneggiatura originale di Jeff Vintar.

Nella Chicago del 2035 i robot realizzano con normalità molti compiti domestici, in base alle tre leggi della robotica che impediscono loro di attaccare gli umani. Ma alla vigilia del lancio massiccio di un nuovo e sofisticato robot, muore il Dr. Alfred Lanning, massimo esperto mondiale di robotica.

Tutti credono che Lanning si sia suicidato, tranne Del Spooner, testardo poliziotto di colore, che il Dr. Lanning aveva dotato di un braccio bionico, in seguito ad incidente. Spooner, che odia i robot, accusa della morte del Dr. Lanning uno dei suoi androidi, Sonny, prototipo intelligentissimo che sfugge in modo spettacolare alla caccia della polizia. Aiuterà Spooner la Dottoressa Calvin, psicologa esperta in intelligenza artificiale.

In primo luogo, bisogna elogiare l’eccellente direzione artistica di Patrick Tatopoulos e la vibrante regia dell’australiano di origine egiziana Alex Proyas (Il Corvo, Dark City), per la suggestiva messa in scena. Soprattutto, appaiono sbalorditivi gli effetti speciali, da antologia, della Digital Domain, società creata da James Cameron per Titanic. Grazie ad essi, il film offre numerose impressionanti sequenze e, in primis, un personaggio digitale memorabile, il robot Sonny. La sua gestualità e capacità drammatica -in virtù del lavoro dell’attore Alan Tudyk- si possono paragonare al magistrale Gollum de Il Signore degli anelli.

Da parte sua, Will Smith limita le abituali gags allo stretto necessario, per dar respiro all’azione e al dramma. In tal senso, il film fa passare in secondo piano la scarsa originalità del copione, grazie ad appropriate riflessioni sulle implicazioni morali dell’intelligenza artificiale, criticando l’economicismo senz’anima e la mitizzazione della scienza. Ne risulta un film interessante e inquietante, alla stregua di A. I. Intelligenza Artificiale e Minority Report, di Spielberg. Unico neo, un paio di sciocche concessioni erotiche. Jerónimo José Martín. ACEPRENSA.

Pubblico: Giovanni. Contenuti: V, X--, D. Qualità tecniche: *** (MUNDO CRISTIANO)

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