Vita di Pi


22/12/2012. Regista: Ang Lee. Sceneggiatura: David Magee, basato sul romanzo di Yann Martel. Interpreti: Irrfan Khan, Tabu, Suraj Sharma, Adil Hussain, Gérard Depardieu, Rafe Spall. 127 min. Cina, USA. 2012. Giovani. (V)



Dopo che altri registi hanno provato e fallito, Ang Lee (Mangiare, bere, uomo, donna, Ragione e sentimento) ha portato sullo schermo La vita di Pi, romanzo originale dal canadese Yann Martel, vincitore del Booker Prize 2002 e che ha venduto più di sette milioni di copie in tutto il mondo. Anche se Lee semplifica il ricco sfondo religioso e filosofico del libro, realizza un film affascinante, con momenti di grande bellezza.

Pi Patel è un adolescente vivace che vive in Pondincherry nel 1970 (India del Sud), dove la sua famiglia gestisce uno zoo. Il padre di Pi è un agnostico, la madre è indù e il ragazzo, affascinato da Dio e le religioni, finisce per praticare il cattolicesimo, l'induismo e l'islam.

Un giorno, la famiglia emigra in Canada, portando con loro gli animali più esotici in un enorme nave mercantile giapponese. Ma la nave si rovescia e solo restano in una scialuppa di salvataggio Pi e quattro animali. Le conoscenze zoologiche permettono a Pi di sopravvivere in malo modo. Perso nell'Oceano Pacifico, quasi senza cibo né acqua, Pi imposta un rapporto singolare con una tigre del Bengala, che gli consente di conservare la speranza che Dio farà un miracolo e li salverà.

Per l’abbagliante messa in scena di Ang Lee, le sensazionali prestazioni del giovane indiano attore non professionista Suraj Sharma, la variegata raffigurazione ritrattista e spirituale iniziale, il naufragio ed l’eccellente animazione digitale degli animali, Vita di Pi merita un posto d'onore nel cinema contemporaneo. Inoltre, il film presenta una profonda riflessione su Dio, la religione e la fede, con particolare attenzione alla divina provvidenza e il senso della sofferenza.

Infatti, nonostante un po’ di sincretismo e l’inquietante finale aperto della storia, Yann Martel –che si dichiara cattolico praticante- difende in essa la razionalità della fede cristiana. "Non c’è un motivo perché la scienza e la religione debbano entrare in collisione -ha osservato-, li vedo più come complementari che contraddittorie." E da questa base, indaga la grandezza e la miseria della natura umana ferita dal peccato, ma guarita dalla grazia, la presenza di Dio nel mondo e la necessità della fede per non cadere nella disperazione nichilista. Jerónimo José Martín. ACEPRENSA.

Pubblico: Giovani. Contenuti: V (ACEPRENSA)

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