Noi due sconosciuti

21/6/08. Regista: Susanne Bier. Sceneggiatura: Allan Loeb. Interpreti: Halle Berry, Benicio Del Toro, David Duchovny, Alexis Llewellyn, Micah Berry, John Carroll Lynch, Alison Lohman, Robin Weigert, Paula Newsome, Omar Benson Miller. 118 m. USA, Gran Bretagna. 2007. Giovani-adulti (S, D)

La regista danese Susanne Bier (Non desiderare la donna d’altri, Dopo il matrimonio) intraprende l’avventura americana, ricorrendo alla sceneggiatura di Allan Loeb. La tematica resta sostanzialmente fedele al proprio genere cinematografico. Vi dominano tipi umani, misurati dai loro problemi quotidiani, che -se duri e difficili da sopportare-, emergono in un taglio ancora più netto e delineato.

La narrazione inizia in stile decostruttivista, alternando le scene della vita famigliare dei Burke -la coppia di Brian e Audrey e i due bambini, Harper e Dory-, alla solida amicizia di Brian con Jerry -tossicodipendente che cerca di superare questa sua debolezza, davvero grato che il suo amico di una vita continui a mantener viva la sua lealtà-, nonché ai preparativi funebri, dovuti alla tragica e inattesa morte di Brian. La buona sceneggiatura, che segue poi canoni più classici, disegna bene i personaggi, presentando in modo convincente l’inferno che vive Jerry, dovuto al suo vizio; nonché le gelosie di Audrey, quando scopre aspetti profondi della vita del marito, più noti all’amico del marito che a lei.

Il lavoro di Halle Berry e Benicio del Toro rende inevitabile l’allusione ai sofferenti protagonisti dei film precedenti: Monster’s Ball e 21 grammi, premiati con due Oscar, e rivelano certamente punti in comune. Anche se di variabili della vita, in questa “valle di lacrime”, non se ne vedono tante: amore, sacrificio, dolore, morte, speranza, redenzione, lotta…. A queste rinvia Bier, con sensibilità e finezza, pur dovendo concludere troppo spesso -per esigenze di copione- sull’unico tasto di saper accettare quel che c’è di buono negli altri e in sé stessi. La regista lavora con una camera a mano nervosa, metafora della fragilità dell’esistenza. Mostra comunque una certa delicatezza, nel tratteggiare la vita coniugale, o alludere indirettamente all’aiuto divino nella preghiera durante le riunioni di tossicodipendenti che Jerry evita di recitare, anche se porta una croce appesa al collo. José María Aresté. ACEPRENSA.

Pubblico: Giovani-adulti. Contenuti: S, D (ACEPRENSA)

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