Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo

7/6/2008. Regista: Steven Spielberg. Sceneggiatura: David Koepp. Interpreti: Harrison Ford, Shia LaBeouf, Cate Blanchett, Karen Allen, Ray Winstone. 124 min. USA. 2008. Tutti.

Recentemente, nella recensione a un’edizione dvd de I predatori dell'arca perduta, ho scritto che questo film -distribuito nel 1981- resta uno dei migliori film di avventure della storia del cinema. Il copione di Lawrence Kasdan venne trasposto su grande schermo da Steven Spielberg, all’epoca regista trentacinquenne e già famoso per film come Lo squalo e Incontri ravvicinati del terzo tipo. Anche allora, Spielberg si avvaleva dell’inestimabile collaborazione tecnica di George Lucas. Per il personaggio dell’archeologo Indiana Jones, si scelse un attore di 39 anni, tale Harrison Ford. Questi, a sua volta, si era imposto alla pubblica notorietà nel 1977, per aver impersonato Han Solo, il simpatico contrabbandiere di Guerre stellari. Spielberg riuscì ad ottenere un equilibrio quasi perfetto, in un film dinamico e divertente, con sequenze di azioni molto intense e creative.



Ventisei anni dopo, Spielberg realizza il quarto film della saga. Gli altri due episodi intermedi risalgono al 1984 e al 1989. Il terzo, Indiana Jones e l’ultima crociata, ottenne un’accoglienza assai favorevole dal pubblico, specie per il decisivo contributo del simpatico personaggio del padre di Indiana Jones, interpretato dallo scozzese Sean Connery, magnificamente inserito in una trama ingegnosa, di vivace esotismo: trepidante e divertente.

Il risoluto archeologo/eroe ha cercato varie cose: in primo luogo l’Arca perduta di Israele, poi un tempio maledetto di adoratori della dea Kalì; quindi, il Santo Graal. In quest’ultimo episodio, eccolo alla ricerca di un teschio intagliato in cristallo di rocca, con strani poteri, che porterà un Indiana Jones- ormai cinquantenne (l’azione è ambientata nel 1957)-, fino ad una sperduta città peruviana.

Questa introduzione era necessaria a motivare le attese dello spettatore dei precedenti episodi, che andrà ora a vedere questo film, proprio per ritrovarsi con l’Indiana Jones che ben conosce. Sarà un felice nuovo incontro, perché il film è divertente e spettacolare, pur non risultando dotato dello stesso carisma avventuroso che caratterizza il primo ed il terzo episodio. Assomiglia più a allo stile del secondo, con cui condivide parecchi elementi tematici e stilistici.

Della realizzazione bisogna segnalare come resti fedele -molto fedele- allo stile consolidato della saga. Emerge l’elegante classicismo della fotografia del tre volte vincitore dell’Oscar, Janusz Kaminski; un fluido e preciso lavoro di Michael Khan, montatore abituale di Spielberg; la popolare e orecchiabile colonna sonora di Williams, con il suo tema di “carica” e le sue melodie adatte al clima di ambienti misteriosi; infine, il magnifico lavoro sul sonoro della geniale team della IL&M, che ha rivoluzionato l’audio cinematografico, sotto l’egida del coproduttore George Lucas.

Ho voluto rivedere alcuni particolari della ricercata -e molto strategica- fedeltà stilistica, perché risulta evidente come Spielberg non abbia imitato il socio Lucas, nel modo di prolungare la saga di Guerre stellari con una rottura formale e contenutistica. Spielberg, inoltre, usa gli effetti digitali -ma con misura-, in modo da continuare a diffondere la forza della scenografia e l’estenuante lavoro delle comparse, al solo scopo di immergere lo spettatore nell’avventura, nel rischio, nella verosimile azione inverosimile: a distanza ravvicinata.

Anche il copione pare fedele allo stile e al personaggio, ma fino ad un certo punto. Si cerca la continuità con lo spirito della saga, anche riuscendovi, ma quasi per inerzia, senza particolare splendore. La sceneggiatura di David Koepp (La guerra dei mondi, Spider Man, Jurassic Park, Panic room, Carlito’s way) è meno fluida delle precedenti, in gran parte perché meno divertente. Anche se ci sono momenti riusciti, non si può negare l’esistenza di passaggi un po’ farraginosi, con noiose spiegazioni e dialoghi scontati, quasi svogliati. È evidente, d’altra parte, che Spielberg fa troppe allusioni alle precedenti realizzazioni: c’è un insistente tributo alla saga, alla carriera di Spielberg, al cinema di avventura degli anni 30-40, dichiarata fonte d’ispirazione di Spielberg e Lucas al momento di inventarsi il personaggio di Indiana Jones.

Un 7 su 10, insomma, per un film meritevole, che riflette il suo glorioso passato ma forse con più routine del lecito. Anche la recitazione degli attori risulta un po’ sotto tono (specialmente quella di Karen Allen e di Cate Blanchett, senza una proiezione di sviluppo dei personaggi: colpa dello sceneggiatore). C’è una spettacolare sequenza di inseguimento -la scena migliore del film- che dura venti minuti: al 100%, in puro stile Indiana Jones. Si svolge “nella migliore tradizione della Cavalleria”, come direbbe il maestro Ford, per bocca dell’indimenticabile John Wayne che, insieme a quella forza della natura che fu Buster Keaton, rappresenta l’humus da cui sono poi emersi i migliori eroi creati dal cinema a stelle e strisce. Alberto Fijo. ACEPRENSA.

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