Cloverfield

16/2/2008. Regista: Matthew Reeves. Sceneggiatura: Drew Reeves. Interpreti: Michael Stahl-David, T.J. Miller, Jessica Lucas, Lizzy Caplan, Mike Vogel. 85 min. USA. 2008. Giovani. (VD)

Un giovane e brillante manager viene festeggiato nel suo appartamento di Manhattan, prima di trasferirsi in Giappone, dove sarà il nuovo vicepresidente di una società. Improvvisamente, dopo una scossa di terremoto, si spengono le luci. Quelli della festa salgono in terrazzo e di là vedono e ascoltano cose spaventose… Inizia la fuga…



La Bad Robot, società di produzione di J.J Abrams (uno dei più scaltri, nel panorama dell’industria audiovisiva USA), sostiene questo film che, con un budget di 25 milioni di dollari, nel corrente 2008 risulta finora in testa al ranking dei maggiori incassi, con 64 milioni di dollari. A detta performance ha contribuito l’esordio in una data ben scelta (il “ponte” per la festa di Martin Luther King), nonché una davvero abile campagna di promozione, iniziata con un trailer, filmato e diffuso nei mesi precedenti al lancio, in cui la testa della Statua della Liberta rotola per la Quinta Avenue.

Sembra che l’idea sia venuta ad Abrams (creatore di serie popolari) da una visita in Giappone, per promuovere una delle sue produzioni. Entrando con uno dei figli in un negozio, ha comprovato il successo dei prodotti che hanno a che vedere con il mostro Godzilla, creato nel 1956. Da qui si è messo in moto il film, scritto e diretto da due collaboratori abituali di Abrams, gente che ha ideato serial come Felicity, Angel, Alias e Lost. Emerge chiara, l’ispirazione tratta da precedenti pellicole, che vanno da 1997: Fuga da New York, al recente The Host.

Dal punto di vista tematico, Cloverfield non scopre nulla di nuovo, ma bisogna riconoscere che offre diversi spunti, assai notevoli. La storia di un mostro sanguinario che devasta la città è un déja vu: cosciente di questa realtà, la squadra di Abrams ha cercato un proprio modo di risultare originale.

L’opzione di maggior richiamo è quella che potremmo chiamare “estetica YouTube”. Il film simula una registrazione di un videoamatore (un paranoico amico del protagonista, affetto da sindrome da reporter “maniaco-ossessiva”, che filma la festa nell’appartamento e decide di offrire un saggio all’umanità, di una espressiva testimonianza della fuga del suo gruppo di amici). Con tutto ciò che implica un tale schema: ossia, una cinepresa che non si ferma un solo momento e lavora sempre molto aderente ai personaggi. È anche interessante e ingegnoso il modo di costruire il montaggio e l’illuminazione. Si tratta, insomma, di raccontare un fatto straordinario e che dà nell’occhio, secondo una prospettiva quotidiana e domestica. La verità è che il risultato raggiunge un certo livello, anche se paga dazio il fatto di limitarsi -in modo radicale- all’uso di questa unica e rudimentale prospettiva. I tifosi del terrore, di spaventi, di bestiacce e di urla, esternati in YouTube, lo gradiranno fino ad un certo punto. Quanti invece sono facili alle vertigini, avranno il mal di mare… Alberto Fijo. ACEPRENSA.

Pubblico: Giovani. Contenuti: V, D (ACEPRENSA)

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