Il flauto magico

IL FLAUTO MAGICO

14/7/2007. Regista: Kenneth Branagh. Sceneggiatura: Stephen Fry, Kenneth Branagh. Interpreti: Joseph Kaiser, Amy Carson, Benjamin Jay Davis, Silvia Moi, Rene Pape, Lyubov Petrova. 135 min. GB, Francia. 2006. Giovani.

La famosa opera massonica di Mozart racconta una storia semplice: il principe Pamino deve riscattare la principessa Pamina -figlia della Regina della Notte-, che Sarastro mantiene imprigionata. Viene accompagnato da un eccentrico uccellatore, chiamato Papageno. Liberare la principessa non sarà così difficile come sembrava. Il bello viene dopo, quando, innamoratosi, Pamino deve superare numerose prove, per meritare la mano di Pamina. Papageno rivela un destino analogo. Il flauto magico è stata una delle opere liriche più popolari e più rappresentata della storia, di cui resta il bellissimo adattamento cinematografico di Ingmar Bergman.

Branagh non è Bergman, ma vanta una lunga carriera di versioni cinematografiche di Shakespeare, che dimostrano una rara abilità nel trasferire la prospettiva teatrale al grande schermo, per cercare immagini o canzoni adeguate ai dialoghi. Branagh ha ambientato Il flauto magico in un’atmosfera che ricorda la Prima Guerra Mondiale: un mondo di trincee, agli inizi del XX secolo, con colori di stampe d’epoca e sequenze estratte da Orizzonti di gloria; ma anche un mondo onirico e irreale, perché si tratta dell’opera di Mozart, magnificamente cantata (in inglese), che Branagh inquadra in una scenografia molto ricca, dotata di fantasia, di accurata pianificazione, nonché di effetti speciali generati al computer. Il contenuto ideologico si riduce qui ad un libello antibellicista.

Il risultato è notevole e, come tutto quel che fa Branagh, ammette valutazioni a vario livello, tenendo comunque conto, che non ci troviamo davanti ad una narrazione nuova, bensì ad una celeberrima opera. Alcuni critici hanno dato risalto alla validità della trasposizione su grande schermo, altri alla musica, altri alla resa dei personaggi. Per chi non conosce l’opera di Mozart, l’impressione sarà diversa: il fatto di doversi imbattere in due lunghe ore di opera lirica, per qualche settore del pubblico di neofiti, seppur con la migliore volontà, può risultare davvero troppo.

La prima ora si regge a meraviglia: l’ouverture è una straordinaria sequenza di sei minuti, che va dal cielo al dettaglio di una mano in una trincea. La presentazione di ogni personaggio è un poema: in particolare, la Regina della Notte. Il secondo atto si fa più difficile, perché Branagh ha già di fatto mostrato il suo mazzo di carte e il gioco non appare più sorprendente. C’è chi può sentirsi stanco di lirica, o saturo d’immagini; e chi avverte la mancanza di un intervallo che nell’opera, a differenza del film, è sempre previsto.

In ogni caso, appare un lavoro notevole, realizzato in modo splendido. Forse la recitazione risulta meno spontanea, non solo rispetto all’originale, ma anche se confrontata con la versione cinematografica di Bergman; opera comunque preziosa, pienamente fruibile, realizzata da un’amante della musica. Fernando Gil-Delgado. ACEPRENSA.

Pubblico: Giovani. Contenuti: -- (ACEPRENSA)

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