King Kong

14/1/2006. Regista: Peter Jackson. Sceneggiatura: Fran Walsh, Philippa Boyens e Peter Jackson, dal testo di Merian C. Cooper ed Edgar Wallace. Interpreti: Naomi Watts, Adrien Brody, Jack Black, Jamie Bell, Andy Serkis. 187 min. Nuova Zelanda, USA. 2005. 120 min. Giovani. (V)

Dopo aver realizzato in modo magistrale il difficile adattamento de Il Signore degli Anelli, il neozelandese Peter Jackson ha realizzato un vecchio sogno d’infanzia: raccontare la storia di King Kong, che nella versione del 1933 di Merian C. Cooper, fin da bambino, gli fece sorgere il desiderio di lavorare nel mondo del cinema. Il risultato è un film non solo notevole, ma anche ambizioso, perché cerca di ampliare la trama dell’originale. Perciò, nel copione di Jackson, Fran Walsh e Philippa Boyens, si curano fino al minimo dettaglio la ripresa dei quartieri di New York che fanno da cornice al racconto. Per esempio agli inizi, quando descrive i duri anni della Depressione, per poi ricostruire il magnifico ambiente creato con l’erezione dell’Empire State Building. Tra le due epoche si inserisce il viaggio per nave che porta il team cinematografico ad un’isola misteriosa, con avventurosi incontri con creature preistoriche e spaventosi indigeni.

C’è l’intento consapevole, in Jackson, di realizzare un gran film, dove spettacolarità e intimismo non si combattano tra loro: è ben presente l’influenza del Titanic di James Cameron. Una perfetta ricreazione di Times Square e di territori selvaggi si coniuga all’accuratezza riservata alla recita dei vari personaggi, anche nei ruoli secondari. Incoraggiato dalla buona tenuta dei suoi lunghi film tolkieniani, il regista punta ancora sul lungometraggio. C’è forse, in questo caso, un certo errore di calcolo, perché la semplice trama di avventura vecchio-stile, anche se di molto arricchita, non consente di dilatare l’estensione del film più di tanto, come invece avviene in questo caso. Il film avrebbe tratto vantaggio se fosse stato più conciso, abbreviando specialmente la sezione “Giurassica”. Comunque, c’è tanta passione nella regia che il risultato resta lo stesso brillante.

Naomi Wats confeziona bene il personaggio femminile, un’attrice di vaudeville, e la speciale sequenza dove il regista esalta le sue capacità scenografiche: il rapporto tra “la bella” e “la bestia”(King Kong). Adrien Brody esprime bene il suo ruolo di autore teatrale, costretto a scrivere sceneggiati per il cinema, coraggiosamente, suo malgrado. E Jack Black ci contagia il suo primitivo entusiasmo, un misto dell’Orson Welles giovanile e di John Hammond in Jurassic Park. Il gigantesco gorilla risulta sorprendentemente espressivo, lavoro encomiabile del team di effetti speciali e dell’attore Andy Serkis, riferimento perfetto al momento di conferire ai gesti della scimmia, qualcosa di molto simile all’umanità. José María Aresté. ACEPRENSA.

Pubblico: Giovani. Contenuti: V (ACEPRENSA)

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