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12/7/2008. Regista: Nikita Mikhalkov. Sceneggiatura: Nikita Mikhalkov, Vladimir Moiseyenko, Aleksandr Novototsky. Interpreti: Nikita Mikhalkov, Sergei Makovetsky, Sergei Garmash, Aleksei Petrenko, Yuri Stoyanov, Valentin Gaft. 153 m. Russia 2007. Giovani. (VD)

Cinquant’anni fa, Sidney Lumet realizzò la regìa di un intenso e drammatico film giudiziario, sulle deliberazioni di una giuria, La parola ai giurati (12 Angry Men), partendo da un testo ideato da Reginald Rose. Il risultato, già allora rasentava la perfezione. Sembrava quasi un capriccio di un regista, dotato di scarsa fantasia e bisognoso di una solida trama, correre il rischio di allestirne una nuova versione, mezzo secolo dopo. Si è cimentato -con 12- il cineasta russo, Nikita Mikhalkov. Con l’aiuto di altri sceneggiatori, possiamo affermare che è risultato capace di conservare l’impalcatura della storia originale, situandola però nella Russia attuale, arricchendo così -i personaggi- di tante novità.



Una giuria, composta di dodici uomini, si ritira a deliberare sul caso di un giovane ceceno, accusato di aver ucciso il patrigno russo. Inizialmente, il gruppo non prende sul serio il processo: il desiderio comune è finire quanto prima, ciò che considerano un lavoro ingrato, capace solo di sottrare loro tempo prezioso. Tutti sono convinti della colpevolezza dell’accusato, ma in realtà nessuno si è soffermato a considerarne le prove a carico. Solo quando uno di loro osa rompere l’unanimità, riguadagnando quella dignità che sembrava perduta e osando a richiamare tutti sul fatto che stanno giudicando un essere umano, è solo allora, che ognuno si sente costretto ad approfondire un caso che coinvolge tutti, non solo l’imputato. Questo processo obbliga i giurati a guardarsi dentro, arrivando a toccare varie ferite dell’anima, non ancora cicatrizzate.

È sorprendente il risultato raggiunto da Mikhalkov. Ciò che, a prima vista, aveva tutta l’aria di un’operazione artificiosa -ambientare la trama in Russia-, risulta invece rivelare il volto di quella nazione. Si entra nel merito di come la Russia abbia assimilato il sistema democratico, si affrontano gli odi etnici e la corruzione russa, nonché le diseguaglianze sociali e la crisi della famiglia. E questo, con fine intelligenza e senza nulla di posticcio. Tutto al contrario, il film aiuta a penetrare il senso tragico del popolo russo, con una magnifica contrapposizione di personaggi, che trasferisce l’attenzione -dagli uni agli altri- con grande naturalezza, spesso in validi duelli recitativi, a due o tre interpreti. Anche se si può criticare l’eccessivo ricorso a passaggi ad effetto, non si intacca il valore sostanziale del film. Tutto il cast recita in modo superbo, configurando la credibilità di personaggi che vanno dal rozzo taxista, al chirurgo di umili origini, al “nuovo ricco” imprenditore televisivo o al tipo inquieto, seminatore di dubbi.

Mikhalkov non solo esibisce un alto senso drammatico, ritagliandosi un ruolo del tutto secondario -che soltanto nel finale riveste un certo rilievo-, ma riesce anche a realizzare un film ad alto impatto visivo, con una fotografia perfetta, un favoloso uso della cornice della ex-palestra scolastica, dove si riunisce la giuria. E avvalendosi pure, di un’ispirata colonna sonora. I flash-back sulle sequenze precedenti il crimine sono davvero rivelatori, evitando di esibire particolari truculenti, ma con momenti di forte intensità. Inoltre, immagini come quella del pallone di pallacanestro incastrato nel tabellone del canestro, del passerotto imprigionato, della tubatura a vista, o di una negletta immagine della Madonna, mettono -ben in luce- pregi e difetti dei russi. José María Aresté. ACEPRENSA.

Pubblico: Giovani. Contenuti: V, D (ACEPRENSA)

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