Nativity

16/12/2006. Regista: Catherine Hardwicke. Sceneggiatura: Mike Rich. Interpreti: Keisha Castle-Hughes, Oscar Isaac, Hiam Abbass. 101 min. USA. 2006. Giovani.

Dopo il successo del film The Passion si è riscoperto che una storia tratta dai Vangeli favorisce un buon cinema e buoni incassi. Il film di Mel Gibson, anche se ha avuto incassi impressionanti, era cinema d’autore tout court: un film ben pensato e preparato a lungo.

Nativity è un altro tipo di film, un film commerciale di buon livello tecnico, ma senza speciali pretese. Racconta la nascita di Gesù in modo abbastanza convenzionale, centrandosi sul personaggio della Madonna, interpretata dall’attrice australiana di 16 anni Keisha Castle-Hughes, candidata all’Oscar quale protagonista di Whale Rider (La ragazza delle balene), film che interpretò a 12 anni.

Per un cristiano, la nascita di Gesù è un mistero che contiene un tesoro inesauribile di riferimenti soprannaturali. Ciò vale anche per la regista californiana che ha girato -con professionalità- il copione scritto da Mike Rich (Scoprendo Forrester, Mi chiamano Radio). Questo sceneggiatore -cristiano evangelico-, per documentarsi e trascrivere il film, è ricorso alla consulenza dell’organizzazione protestante National Religious Broadcasters ed alla popolare predicatrice evangelica Anne Graham Lotz; ma anche ad un sacerdote cattolico, professore di Teologia all’università di Portland. I due produttori, professionisti di grande esperienza nel cinema (questo dicembre presentano Eragon per la Fox), hanno alle spalle un lungo tirocinio alle dipendenze delle grandi case produttrici, prima di decidere di mettersi in proprio. Uno è evangelico e l’altro, cattolico.

La regista Catherine Hardwicke aveva finora tradotto sullo schermo storie di giovani alle prese con conflitti piuttosto pesanti (Thirteen, Lords of Dogtown). Lei stessa ha detto che Nativity è pur sempre un film che ha per oggetto una adolescente, alle prese con seri problemi. Il talento della regista non è in discussione, ma c’era da chiedersi se poteva risultare all’altezza di un simile progetto. Hardwicke proviene da avi presbiteriani, ma confessa di non essere credente. Ciononostante, ha immediatamente acccettato il progetto. Il film è stato girato tra Matera e il NordAfrica.

La Madonna, personaggio centrale della storia, appare ritratta come ragazza timida e introversa, dal volto timoroso e teso, nella prima ora del film. È strano che una ragazza, apparentemente molto ben voluta e apprezzata a Nazareth, non risponda piu ai saluti e risulti, ora, quasi scontrosa. Certo, è mia opinione che si tratti di un modo alquanto discutibile, probabilmente erroneo, di presentare così -nel copione- il ruolo rappresentato dalla bella e fotogenica Keisha Castle-Hughes.

Probabilmente si è cercato di conferire singolarità al personaggio di Maria, nell’intento di renderlo più interessante, più drammatico. Fatto frequente nel cinema, ma che si scontra con una verità teologica: Dio agisce basandosi nella natura, e la natura di Maria è certo molto singolare, ma perché immacolata: senza peccato. Il ritratto di Giuseppe è più interessante, più normale. In entrambi, Maria e Giuseppe, non appare nulla -anche se c’è qualche traccia- del personale rapporto con Dio, della loro fiducia in Lui. Maria è molto di più dell’eletta, come dice l’angelo in una speciale versione dell’Annunciazione. È la piena di grazia, una creatura che Dio ama a tal punto da decidere che il proprio Figlio sia anche Figlio di lei. Perciò la trasforma nella creatura umana più eminente della storia della salvezza.

Il film, solo con grande difficoltà, rende ragione di tale ruolo: non è facile esprimerlo. Ma cerca di farlo, con molto rispetto e con una delicatezza tale, da evitare una qualsiasi impostazione deformante della verità di fede sulla Vergine Maria.

Per un cattolico che conosca bene le Scritture, alla luce della tradizione e del magistero, ci sono scene che lasciano piuttosto perplessi, anche se non c’è nessuna che metta in dubbio un solo aspetto essenziale della fede. I Re Magi ed Erode sono molto ben delineati, probabilmente i personaggi che le trame esaltano con più maestria.

Se paragoniamo questo film alla storia parallela narrata nel Gesù di Nazareth di Franco Zefirelli, l’opera del regista italiano (copione di Anthony Burgess) è molto superiore da ogni punto di vista anche se, concepita come serial tv per poi essere trasposta al cinema, finisce per offrire un ritmo narrativo troppo discontinuo. Paragonato ai film televisivi della Lux Vide, Nativity ha una messa in scena migliore, ma risulta inferiore ai copioni della Lux.

Nativity è un film di buon livello. Lo si vede con piacere, pur non arrivando -in nessun momento- ad entusiasmare. Invece, per spettatori con scarsa conoscenza del cristianesimo, il film risulta un utile invito a indagarne le fonti. Alberto Fijo. ACEPRENSA.

Pubblico: Giovani. (ACEPRENSA)

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