2046

4/12/2004. Regista: Wong Kar-Wai. Sceneggiatura: Wang Kar-Wai. Interpreti: Tony Leung. Gong Li, Kimura Takuya, Faye Wong, Zhang Ziyi, Carina Lau, Chang Chen, Wang Sum, Siu Ping Lam, Maggie Cheung. 120 m. China-Francia-Germania. 2004. Adulti.

Si tratta dell’ottavo film del prestigioso regista cinese Wong Kar-Wai (Shangai, 1958), alquanto atteso dopo il successo di In the Mood for Love. 2046 non delude, ma trattandosi di variazione su tema, rispetto al precedente film, non c’è più la sorpresa.

Kar-Wai sembrerà anche ripetersi, ma ora coglie una diversa prospettiva narrativa: quella del giornalista-scrittore cinico, incallito fruitore di belle donne e allergico al senso del dovere. La forza stilistica di Kar-Wai è semplicemente travolgente. È capace di fermare il tempo creando pregevoli brani poetici, con l’aiuto della sua cinepresa, in sintonia con i lenti ritmi del “bolero”: i più adeguati alla scansione contemplativa. Peraltro, 2046 non riesce a fugare i dubbi e l’inquadramento riduzionista di un regista che pure intende affrontare il profondo mistero dell’amore umano. Il film si avvale della collaborazione di uno straordinario cast, impreziosito dalla fotografia di Christopher Doyle.

Questa accattivante e tormentata storia, in spazi stretti, con porte e scale che si alternano su muri consumati da travolgenti passioni, dopo tanti approcci superficiali e qualche amore nobile, misterioso e sfortunato, lascia intravedere una conclusione positiva. Si può infatti rileggerne la fase finale in chiave di elogio della fedeltà, di questa fedeltà pura, capace di redimere la solitudine che genera l’egoismo fashion. Peccato che, per strada, si smarrisca la linearità del messaggio e si prescinda dal pudore -l’incantevole pudore orientale- che tanto contribuiva alla strana e magnetica bellezza del precedente film. Non è da scartare una svolta commerciale in Kar-Wai (del resto, si è verificata per Zhang Yimou con La Foresta dei Pugnali che Volano) per accalappiare spettatori di modesta immaginazione: quelli che esigono che la cinepresa entri in camera da letto, con la stessa meticolosa pedanteria di un notaio. Alberto Fijo. ACEPRENSA.

Nessun commento: