Agora

24/4/2010. Regista: Alejandro Amenábar. Sceneggiatura: Mateo Gil. Interpreti: Rachel Weisz, Max Minghella, Oscar Isaac, Ashaf Barhom, Michael Lonsdale, Rupert Evans. 126 min. Adulti. (V)

Immaginate di dover spiegare con un film la realtà degli Stati Uniti a chi è digiuno di storia e di cultura. Ed ecco che per rappresentare la nazione a stelle e strisce, si filmano alcune scene di famiglie giapponesi, nell’intimità. Poi, appare un aereo con un pilota dalla faccia brutale, e fotografie di ragazze sul cruscotto. Infine, vediamo come l’aereo sgancia la bomba atomica sulla città e su quelle famiglie giapponesi. Una volta finito il film, viene detto allo spettatore ignorante: "Vedi, ecco: questa è l'America".



Hiroshima è un fatto. Nessuno ne dubita. Nessuno è felice di questo. Ma il giudizio sugli Stati Uniti che viene dedotto da questo film, non sarà parziale e riduttivo? La risposta è affermativa, anche se Hiroshima resta tragicamente vera. Ebbene ciò vale anche per l'ultimo film di Amenábar, Agora: un fondamento storico reale, molto trucco e un trattamento caricaturale della storia, per far giungere a conclusioni che si rivelano profondamente falsanti.

Amenábar dà comunque un'ennesima dimostrazione del suo valore di regista. Peccato che questa professionalità venga impiegata dal suo genio a sostegno di tesi quanto meno unilaterali. La cosa più interessante è che Agora non sembra essere un film girato nell'era digitale: tutta la scenografia appare reale. La direzione artistica è superba e Rachel Weisz fa, di Ipazia, un personaggio memorabile. Il film è solenne, meticoloso, con una colonna sonora spettacolosa ed un tono ammiccante, che cerca la complicità dello spettatore. C’è molto cinema in Agora, ed è molto fastidioso vedere come il copione rovina il film, man mano che si snoda. Questo sarebbe un film contro l'intolleranza?

Agora è presentato da Amenábar proprio come film contro l'intolleranza. Ma è necessario analizzare l'impostazione scelta dal regista per valutarne l'intenzione. Il contesto storico è dato dai tragici eventi perpetrati da cristiani e pagani in una sommossa, tra il IV e V secolo, ad Alessandria. Secondo lo storico della Chiesa Hubert Jedin, "l'evento più deplorevole nello scontro tra paganesimo e cristianesimo in Egitto è stato la morte della filosofa pagana Ipazia, orribilmente uccisa nel 415, dopo aver subito gravissime ingiurie, ad opera del fanatismo della folla"(1).

Amenábar calca la mano, decontestualizza, semplifica al massimo certi personaggi come San Cirillo o Ammonio Sacca. Questi fatti riprovevoli si situano, quindi, nel contesto del confronto tra due visioni del mondo, due culture: la pagana e la cristiana. Ed è qui che Amenábar vuol cogliere l'occasione per proporre la propria filosofia della storia: alla luce del paganesimo, contrappone il buio del cristianesimo. Se il paganesimo ha rappresentato il progresso, il cristianesimo è il regresso della cultura, della civiltà, della filosofia e della scienza.

Non è una metafora capricciosa: in Agora, i pagani sono vestiti di bianco (Ipazia), e i cristiani di grigio o di nero (Ammonio e Cirillo). A questo schema manicheo, Amenábar fa seguire -nel corso del film- un ulteriore giro di vite: in realtà, il male non è il cristianesimo, ma qualsiasi concezione teologica. Siano dèi pagani o il Dio cristiano ed ebreo: la religione oscura la ragione, disprezza la filosofia, rallenta la scienza ed il progresso. Di fronte allo scetticismo generato dal vedere tanta guerra di religione in un chilometro quadrato, Ipazia dichiara: "io credo nella filosofia". Il cristianesimo ne esce come il carnefice della cultura.

E qui sta la rilevanza di Agora che, sotto le apparenze del film storico, propone una visione molto negativa sul valore attuale delle religioni in generale e del cristianesimo in particolare. Per confutare questa affermazione basterebbe leggersi l'ottimo rigoroso e documentato saggio del sociologo statunitense Rodney Stark, in Italia apparso con il titolo La vittoria della ragione, (ed. Lindau, Torino 2005), dal significativo sottotitolo: “Come il cristianesimo ha prodotto libertà, progresso e ricchezza”. L'autore si dichiara non credente.

Tutto ciò, in Agora non s’intuisce, nemmeno lontanamente. I cristiani appaiono barbari, fanatici, misogini, violenti e molto visionari. E i due "buoni" i cristiani che pure vediamo, Sinesio e Davo, sono inquinati lungo il film dall'oscurantismo circostante.

Chi incarna le caratteristiche di un'antropologia cristiana -carità, benevolenza, serenità, tolleranza, incorruttibilità, castità, fratellanza universale, uguaglianza-, è la pagana Ipazia, personaggio che Amenábar trasforma in un affascinante ideale di virtù e in un modello esemplare di intelligenza ed umanità. Ipazia viene proposta come un esempio di santità laica, oggi così di moda.

Certamente ci sono molti episodi della storia della Chiesa dei quali un cristiano non è orgoglioso. Ma questo avverrà sempre, perché la Chiesa è formata da peccatori. Come la sposa del Cantico dei Cantici è “pulchra” e al contempo “nigra”. Anche i papi hanno talvolta chiesto perdono per errori del passato. La coscienza del male e del peccato è sempre stata così chiara, all'interno della Chiesa, da quando Cristo istituì fin dall'inizio il sacramento della penitenza e del perdono. Nessuna organizzazione, associazione o partito conta su di un’istituzione come la confessione, e perciò si dovrebbe almeno concludere che nessuno, quanto i cristiani, ha tanta coscienza del proprio peccato.

Più importante in Agora è il conflitto sotterraneo che induce ad una supposta incompatibilità tra ragione e fede, tra scienza e religione. Sarebbe sufficiente leggere qualcosa, per esempio, Fides et ratio, per capire che la fede non è nemica della scienza o il progresso, né tanto meno della ragione.

Resta comunque il magnifico tributo che Amenábar fornisce in questo film alla scienza antica, e soprattutto all'astronomia. Questo sì, è un omaggio alla ragione che qualsiasi spettatore cristiano godrà come proprio, anche se Amenábar sembra voler ottenere esattamente l'effetto contrario (2).

Per tutti questi motivi è impossibile per un cristiano sentirsi storicamente riconosciuto nella proposta cinematografica di Amenábar, molto apiattita su luoghi comuni, pregiudizi, schemi ideologici e leggende nere. Juan Orellana. ACEPRENSA.

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NOTE

(1) Hubert Jedin, Manual de Historia de la Iglesia, vol. II, Herder, Barcellona, 1990, p. 259.

(2) Non bisogna dimenticare che un personaggio della statura intellettuale di Sant'Agostino è contemporaneo di Ipazia. Anche il successivo passo da gigante in avanti dell'astronomia sarà opera di Niccolò Copernico, nel XV secolo, all'interno di una cultura di matrice cristiana. Coloro che credono che il progresso scientifico sia stata interrotto durante il "medioevo dei secoli bui" farebbero bene a conoscere meglio l'opera di Roberto Grossatesta, Alberto Magno, Ruggero Bacone, Giovanni Buridano, Nicola Oresme ...

Pubblico: Adulti. Contenuti: V (ACEPRENSA)

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