Departures

31/3/2010. Regista: Yojiro Takita. Sceneggiatura: Kundo Koyama. Interpreti: Masahiro Motoki, Ryoko Hirosue, Tsutomu Yamazaki, Tetta Sugimoto. 130 min. Giappone. 2008. Giovani. (SD) Nelle sale il 9 aprile.

Il 1952 era l'anno in cui il regista giapponese Akira Kurosawa completava il suo capolavoro, Vivere (Ikiru), con la celebre veglia funebre del protagonista, durante la quale si chiudeva la sua emozionante storia di redenzione e di solidarietà. Ora il suo compatriota Yojiro Takita completa quella luminosa visione della vita e della morte in Departures, con cui ha vinto i premi più prestigiosi dell'Accademia del Cinema del Giappone e l’Oscar 2008 per il miglior film straniero.



La sceneggiatura segue le orme di Daigo Kobayashi, un giovane violoncellista di Tokio, che abbandona la musica quando si scioglie l’orchestra dove lavorava. Dopo averlo deciso insieme alla affettuosa moglie Mika, entrambi tornano alla piccola città natale di Daigo, Hirano, in Yamagata. Daigo legge un annuncio sul giornale, dove si offre un posto in un'impresa di “comiati”. Quando si reca all’incontro, non trova esattamente ciò che si aspettava: si tratta infatti di una piccola impresa funebre diretta da Sasaki, prossimo alla pensione, che è solito avvolgere le salme nel lenzuolo funebre con grande cura.

Come molti film giapponesi, Departures presenta, talvolta, sequenze brevi sorprendentemente comiche, che possono sconcertare lo spettatore occasionale. Si avvicina anche al grottesco, quando affronta la transessualità di uno dei cadaveri imbalsamati. Tuttavia, poco a poco, si impone il tono intimo, amabile e profondo che sempre ha caratterizzato i grandi maestri del cinema giapponese, caratteristico anche nel recente Still Walking, di Hirokazu Koreeda. Così, con pudore e delicatezza accattivanti, Takita svela aspetti insospettati della dignità umana, anche attraverso i corpi dei defunti, mostrando allo stesso tempo al grande minaccia implicita, nell’individualismo materialista ed edonista, all'unità della famiglia e al bene comune. Logicamente, in questo trama, emerge una visione trascendente dell'essere umano, chiaramente aperta a tutte le religioni, anche al cristianesimo, e dove -naturalmente- la vita non finisce con la morte.

Tutto ciò, Takita lo traduce in immagini attraverso una poetica messa in scena, serena e densa, moderna e classica al contempo, dove le emozioni arrivano alla lacrima e alla commozione interiore, grazie soprattutto alla veracità di tutti gli attori ed alla bellissima e magistrale colonna sonora di Jose Hisaishi, pari a quelle che compongono le meraviglie animate di Hayao Miyazaki. In sintesi, un altro degno film giapponese, rivelatore del risorgimento di una industria cinematografica di grande tradizione, che da troppi anni si limitava al settore dei cartoni animati. Jerónimo José Martín. ACEPRENSA.

Pubblico: Giovani. Contenuti: S, D (ACEPRENSA)

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