Nine

13/2/2010. Regista: Rob Marshall. Sceneggiatura: Michael Tolkin, Anthony Minghella. Interpreti: Daniel Day-Lewis, Marion Cotillard, Nicole Kidman, Penélope Cruz, Kate Hudson, Judi Dench, Sophia Loren, Fergie. 118 min. USA, Italia. 2009. Adulti. (XSD)

La storia -o il mito- è noto. Il nono film di Federico Fellini rimase soltanto 8 e mezzo, a causa del blocco creativo del celebre regista italiano. E ciò che racconta questo capolavoro che è 8 ½ è esattamente la storia -abbastanza autobiografica- di un direttore che si deve confrontare con il peggiore degli incubi: non essere in grado di girare il film che tutti, soprattutto le donne che lo circondano, si aspettano che porti a termine. Il film di Fellini venne poi trasposto anche in un musical, Nine, e ciò che stiamo commentando è proprio la versione cinematografica fattane da Rob Marshall. Il regista di Chicago oltre ad ereditare una buona storia, meta-cinema allo stato puro, ha un casting di lusso: a partire da Sophia Loren, non manca quasi nessuno.


Fellini 8 ½ era -ed è- un film complesso, a volte scomodo, di quelli che permettono molte interpretazioni, e non può essere riassunto in un paio di paragrafi. Gli autori hanno fatto una lettura musicale del film e sono riusciti, talvolta, a renderlo in stile molto felliniano. Questo sì, sono coscienti che questi sono tempi duri per il pensiero, e perciò hanno alleggerito il denso contenuto filosofico dell'originale, lasciando alcune dense riflessioni sul mondo del cinema e il lavoro del regista, rispettando il carattere italiano del film. Ed essere italiano è essere latino, allegro, viveur, macho, spirituale e carnale, elegante, caotico e cattolico. Tutto questo c’è in Nine. Disordine, evasioni, fantasie, infedeltà e rimorsi, desideri di virtù e tentazioni di lussuria, la bellezza -perché Roma è bellissima- e la gioia, la speranza e una finale che non si trovava in Fellini, ma è bene che ci sia e perfino molto italiano. Si potrebbe dire che, contrariamente al paganesimo di Avatar -freddo e senza anima- o il protestantesimo di Haneke -rigoroso e triste-, Nine presenta un cattolicesimo imperfetto, contraddittorio, ma molto più pieno di speranza e allegria.

In definitiva, ciò che Nine racconta, tra la fantasia e l'immaginazione di un regista cinematografico stanco del suo egoismo, è un dramma romantico italiano con lavorazione da cinema classico. Il problema è che si tratta anche di un musical, ed è qui che il film vacilla. L'atemporalità della storia, l'eleganza degli ambienti e l'ingegnosità del tema sono travolti da un music hall francese che non si riesce a capire totalmente. L'ispirazione della maggior parte della coreografia si volge alle Folies-Bergères -come ci ricorda una splendida Judi Dench-. Ma si tratta di Folies Bergères assai scadenti. Basti pensare a Moulin Rouge, musical di ambiente simile, per dire che i balli di Nine sono elementari: passi semplici, tre o quattro movimenti provocanti e molta lingerie con le paillettes e poco più. Le parole delle canzoni variano: alcune aiutano la storia, altre sembrano scritte per un concorso di battute oscene. Fortunatamente, l'orchestra è molto buona, ci sono cantanti più che validi -la stessa Kidman (altri un po’ meno)- e il montaggio, anche se a volte è da videoclip, regge.

Comunque, alla fine, coloro che riescono a dare unità ad un film molto irregolare, hanno un nome: Daniel Day-Lewis e Marion Cotillard, due attori meravigliosi che raggiungono il limite dell'impossibile: riuscire nell'impresa di non far rimpiangere Mastroianni, e molto meno Anouk Aimée, e al contempo evitare che il musical di Marshall si trasformi in un cabaret da tre soldi. In un film così fisico, eccessivo, così da periferia, Day-Lewis e Cotillard recitano con gli occhi, con il gesto di una mano, con un'eleganza che li eleva ad una categoria superiore al resto del cast. Se qualcuno avesse ancora qualche dubbio che la Cotillard sia una grande attrice, la metta a confronto con le altre, oppure osservi la trasformazione nel suo contenere il dolore nell'ultimo numero, il lacerante Take It All. Troppo per una sola attrice.

Fellini titolò così il suo film, perché pensava che fosse solo riuscito a metà. Nine, invece, sono due film in uno: un notevole dramma classico ed un accettabile spettacolo di varieté francese. Ana Sánchez de la Nieta. ACEPRENSA.

Pubblico: Adulti. Contenuti: X, S, D (ACEPRENSA)

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