I love Radio Rock

27/6/2009. Regista: Richard Curtis. Sceneggiatura: Richard Curtis. Interpreti: Philip Seymour Hoffman, Rhys Ifans, Kenneth Branagh, Bill Nighy, Nick Frost. 129 min. Gran Bretagna, Germania. 2009. Adulti. (XD)

L’inglese Richard Curtis, 53 anni, dirige il suo secondo film dopo Love actually (2003). Curtis dimostra una notevole crescita -come sceneggiatore- dai primi anni ottanta, quando ha iniziato a scrivere per serial tv. Poi ha fatto i copioni di Quattro matrimoni e un funerale, Notting Hill, Bean, nonché l’adattamento della serie Bridget Jones.



I love Radio Rock, dà un saggio dello stile ben noto della narrativa di Curtis, anche se c’è una differenza evidente: non compaiono trame romantiche, assenza non da poco, visto che Curtis ha sempre mostrato notevole talento nel trattarle (si pensi ad alcune scene davvero riuscite -quelle dell'episodio Colin Firth- dell'assai irregolare Love actually).

L’aneddoto storico (un'emittente pirata che sfornava musica moderna, con disc-jokey che fanno a gara tra loro per sottrarsi ascoltatori, con variegato repertorio di tic trasgressivi o psichedelici) è promettente; ma il film, oltre a falsificare e schematizzare troppo ciò che veramente è successo, non sa trarre fuori il meglio della trama, in gran parte perché abusa troppo della caricatura, della gag diretta e un po' greve, così che i personaggi finiscono per diventare stucchevoli, provocando distacco dallo spettatore. Abbondanti sono i riferimenti alle cose meno riuscite di altre storie di Curtis. Mancano invece le note migliori, quelle che così bene sapeva inventarsi questo noto autore comico.

Forse il problema principale di I love Radio Rock è che non provoca l’ilarità promessa da una commedia banditesca, scapigliata e cinica. D’altra parte, quando cerca di diventare emotiva e nostalgica, crea fastidio la banale, sommessa nonché edulcorata assunzione del trito cocktail di sesso, droga e rock and roll.

La musica è solo appena piacevole, né ha tutto il peso che dovrebbe meritarsi. Perciò, parlare di un percorso musicale attraverso le canzoni degli anni sessanta significa illudere e deludere il pubblico. 129 minuti, sono davvero troppi, specialmente per la rigidità monocorde di una sceneggiatura di scarso spessore, con la sensazione d’istrionismo che trasmette un cast poco ispirato, capeggiato da Ifans e Hoffman. Alberto Fijo. ACEPRENSA.

Pubblico: Adulti. Contenuti: X, D (ACEPRENSA)

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