La guerra dei mondi

09/07/2005. Regia: Steven Spielberg. Sceneggiatura: David Koepp e Josh Friedman, dall’opera di H.G. Wells. Interpreti: Tom Cruise, Justin Chatwin, Dakota Fanning, Tim Robbins, Miranda Otto, David Alan Basche, James DuMont, Yul Vazquez, Daniel Franzese. 116 min. USA. 2005. (V). Giovani.

Un film “usa e getta”, un film minore. Steven Spielberg presenta una mega-superproduzione, basata sull’opera omonima di fantascienza di H.G. Wells, adattata da David Koepp e Josh Friedman ad un contesto contemporaneo, con una certa licenza interpretativa. La premessa di fondo è quasi un luogo comune della fantascienza: l’imminente invasione di un esercito di extraterrestri, per qualche ignoto motivo.

Sviluppando tale idea, M. Night Shyamalan aveva già composto, in Signs, una trama inquietante sulla necessità della fede e sui peggiori timori che insidiano e paralizzano la società attuale. Spielberg indugia unicamente sui bellicosi extraterrestri (niente a che vedere con le visite amichevoli di E. T. e Incontri ravvicinati del terzo tipo) e su di una famiglia ridotta in difficoltà, sebbene per motivi legati a tradizionali problemi di ménage quotidiano.

Come avviene nei film di Spielberg, la storia parte da un contesto di dissoluzione famigliare. Ray Ferrier è un genitore divorziato, donnaiolo e poco responsabile, incapace di guadagnarsi l’affetto e la stima dei figli nei periodi nei quali si fa carico di loro. Ma durante un week-end in loro compagnia, si verifica l’inattesa invasione degli extraterresti e Ray si vede obbligato ad uscire del suo guscio, senza allontanarsene troppo. Imparerà ad occuparsi delle persone amate più vicine, i figli, e di poche altre cose essenziali.

Sebbene Spielberg ci abbia abituato ad essere esigenti con lui, non bisogna cercare il pelo nell’uovo degli extraterrestri. Il suo film è mero intrattenimento, sulla linea di Jurassic Park, stesso sceneggiatore. Si vede con piacere, sia dal punto di vista visivo, che per gli effetti speciali. Il regista propone scene meravigliose, di rara perfezione. E indovina la creazione di suspense nella prima parte del film, avvalendosi di tempeste magnetiche con gran sfoggio di tecnologia. Finisce così per tendere al genere cinematografico periferico del catastrofismo, piuttosto che all’autentico cinema di fantascienza. The Day after Tomorrow ne costituisce il riferimento più vicino nel tempo. Insomma, gli eventi narrativi si dipanano su sentieri largamente battuti, fino ad un finale decisamente insipido. Gli attori principali, Tom Cruise e la ragazzina Dakota Fanning, si limitano ad animare personaggi stereotipati. José María Areste. ACEPRENSA.

Pubblico: Giovani. Contenuti: V. (ACEPRENSA)

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