Harry Potter e i doni della morte - parte II

23/7/2011. Regista: David Yates. Sceneggiatura: Steve Kloves. Interpreti: Daniel Radcliffe, Emma Watson, Rupert Grint, Ralph Fiennes, Helena Bonham Carter. 130 min. GB, USA. 2011. Giovani. (V)

Eccoci alla fine di questa lunga saga di otto film, dove il giovane mago Harry Potter e i suoi amici Ron e Hermione hanno affrontato il male, incarnato da Voldemort. In quest'ultimo episodio vediamo chi vince e come. Qui le trame romantiche incontrano il loro epilogo, i personaggi ambigui rivelano il loro vero volto, e il passato torna ad offrirci letture inedite.



Come suggerisce il titolo, questo film è la seconda parte dell'ultimo libro, che in modo fin tropo sfrontato è stato girato solo per raddoppiare film e incassi. Se nel primo film la storia stentava, il ritmo era lento, vuoto, così da determinarne il fallimento, quest'ultimo, invece, è molto meglio. Specialmente nel finale, lascia tutti soddisfatti, come degna conclusione della serie. Ci racconta di come Harry e i suoi amici devono trovare gli horcrux che, una volta distrutti, determineranno la fine del potere di Voldemort.

Come si può immaginare, data l'età raggiunta dai protagonisti, questo non è più un film per bambini: la violenza si intensifica, il bilancio delle vittime è senza precedenti nella saga, i baci non sono più sulle guance. Il tutto, avvolto in una fotografia scura fino all'angoscia, e in un'atmosfera crepuscolare e fatiscente. Un epilogo, situato diciannove anni dopo da un respiro luminoso e infantile a questo film di guerra estrema tra il bene e il male.

In realtà, lo spettacolo, dal punto di vista estetico non apporta niente che non sia stato già sfruttato a iosa nei sette film precedenti. Gli effetti, atmosfere e riverberi digitali, che ci hanno stupito e affascinato -nelle prime consegne- non producono più l'emozione di allora, e neanche il 3D stereoscopico è in grado di proporre novità e interesse degni di nota. Ma il copione funziona, senza essere particolarmente brillante, e gli attori cooperano nel riuscito sforzo di spremere fino all'ultimo personaggi quasi esauriti.

I temi proposti dal film sono i soliti, ma trasposti fino al gran finale: il valore della lealtà nell'amicizia, il sacrificio per gli altri, la fedeltà al bene e alla verità... Ma forse la scena più interessante, che più si avvicina ad un'antropologia cristiana, è quando Harry, che tiene la bacchetta più potente del mondo tale da renderlo definitivamente invincibile, sceglie di rimanere vulnerabile: vale a dire, umano. La tentazione di un potere quasi divino, quella subita da Adamo in Paradiso, sembra qui riproporsi ad Harry. E la soluzione, identica a quella de Il Signore degli Anelli, parte dalla certezza che non è bene che l'uomo abbia poteri sovrumani. Bisogna dare all'uomo ciò che è dell'uomo; e a Dio ciò che è di Dio.

In breve, un buon film senza essere niente di speciale, molto divertente, con un emozionante finale; che propone valori universalmente condivisibili ed un'antropologia in cui il male da combattere non è solo fuori di noi, ma dentro ciascuno. Juan Orellana. ACEPRENSA.

Pubblico: Giovani. Contenuti: V (ACEPRENSA)

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