La casa sul lago del tempo

22/7/2006. Regista: Alejandro Agresti. Sceneggiatura: David Auburn. Interpreti: Keanu Reeves, Sandra Bullock, Dylan Walsh, Shohreh Aghdashloo, Christopher Plummer. 105 min. USA. 2006. Giovani (S).

Alex Wyler è un giovane architetto che si trascina dietro un difficile rapporto con il padre, genio dell’architettura che ha sacrificato la famiglia per raggiungere il successo nel lavoro. Kate Forster è una dottoressa che si è appena istallata in un moderno appartamento di lusso, dove abita da sola. Alex e Kate hanno condiviso, da vicini, un’originale casa costruita in mezzo ad un lago. Per questo si scambiano alcune lettere e presto sorge la simpatia… e lo sconcerto, quando scoprono che la loro storia non è in contemporanea, ma ognuno la vive a due anni di distanza dall’altro.

Il regista argentino Alejandro Agresti è stato incaricato di trasformare un modesto film coreano del 2000 –Siworae (Il Mare) di Lee Hyun-seung- in uno dei prodotti più attesi dell’anno, pubblicizzato come il ritrovamento di Keanu Reeves e Sandra Bullock, dopo il successo di Speed, risalente a dodici anni fa. Oltre l’evidente attrattiva della coppia protagonista, pienamente inserita in una ultraromantica storia di amore impossibile, Agresti vanta -a suo favore- un’interessante narrazione sulla carta, rivestita in una confezione di lusso: la fotografia, che risulta spettacolare sia quando riprende la città di Chicago, che la casa sul lago. A questo livello -un bel film, con buoni attori, tono elegantissimo e finale con doppio colpo di scena e applauso del pubblico, stufo di andare al cinema per avvilirsi-, il film di Agresti funziona.

Il problema è che, se uno guarda un po’ dietro la facciata, il film non è ben costruito. La trama è un po’ labile ed il lavoro di sceneggiatura un po’ carente: si sostiene su un rapporto di due persone che condividono solo alcuni piani -per di più, bisogna ricordarsi che lui vive due anni prima di lei-, in modo che un lieve errore nel copione può produrne la totale demolizione. Se ciò non avviene in questa pellicola, è solo perché gli attori e la regia salvano il film, pur essendoci momenti in cui sembra prossimo il crollo. L’inizio è lentissimo; il trattamento del tempo così fiacco, che non conviene neppure perder tempo a cercare il modo di non perdersi.

D’altra parte si sente che Agresti lavora su materiale altrui: non è sua l’idea, né la sceneggiatura. Si è trovato un film coreano già girato, che non ha osato rivisitare sul lato del realismo incantato. Lo ha lasciato così com’era. Ed è un peccato, perché una storia inverosimile non si può filmare come si trattasse di un telefilm. Anche il copione se l’è ritrovato bello e scritto. E nel libretto di David Auburn (Proof, La prova) si avverte la mancanza di alcune qualità dello sceneggiatore argentino: l’agilità dei dialoghi -sostituiti qui, dalle lettere-, la bravura nel costruire alcune situazioni, la profondità dei personaggi… Sì percepisce la mano di Agresti giusto nel tono: questo tono tristemente speranzoso, qui più speranzoso che triste, che sempre parla di seconde opportunità. Come Persuasione (di Jane Austin), il libro preferito di Kate. Ana Sánchez de la Nieta. ACEPRENSA.

Pubblico: Giovani. Contenuti: S (ACEPRENSA)

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