Gli abbracci spezzati

14/11/2009. Regista: Pedro Almodóvar. Sceneggiatura: Pedro Almodóvar. Interpreti: Lluís Homar, Penélope Cruz, Blanca Portillo, José Luis Gómez, Rubén Ochandiano, Tamar Novas. Spagna. 2009. Adulti. (XD)

Il diciassettesimo film di Pedro Almodóvar è anche il più costoso: dodici milioni di euro. Per girarlo, ha impiegato quindici settimane di riprese, tra Madrid e le Canarie. Malgrado questo dispendio di mezzi, non ci pare il suo miglior film, anche se resta pregevole.

La storia percorre due periodi diversi della vita di Mateo Blanco, regista di cinema: il presente attuale e gli anni Novanta. Adesso è un uomo cieco, che scrive sceneggiature sotto lo pseudonimo di Harry Caine; in passato, era un regista capace di girare una bella commedia, interpretata dall’amore della sua vita, l’attrice e prostituta occasionale Lena. Sempre accanto al protagonista c'è Judith, direttrice di produzione, nonché suo indispensabile angelo custode. Come antagonista, Ernesto Martel, un imprenditore che fa il produttore e che ama la stessa donna del regista: l’affascinante e fatale Lena. Intorno a questo conflitto di passioni, Almodóvar ha tessuto un insieme di disamori, gelosie, segreti, rancori, che sfociano in una tragedia non impermeabile alla speranza.

Almodóvar, abbandonando il tradizionale disinteresse per i personaggi maschili, affronta ora una storia che, proprio dai ruoli virili, trae gran parte della sua forza drammatica. Come sempre si verifica nei film del regista iberico, esistono diversi livelli di lettura o nuclei, intorno ai quali girano le trame. Uno di questi, forse il principale, è metalinguistico: il cinema, inteso come catarsi o redenzione. Il personaggio di Mateo, cieco e depresso per il tragico passato, trova nella creazione cinematografica -specialmente nella sala di montaggio- la possibilità di chiudere ferite ancora aperte, superando le precedenti sventure: “Anche se io non ci vedo, i film devono essere ben rifiniti”, dice il protagonista. Inoltre, Almodóvar allude a sé stesso, nella commedia spropositata che lo ha reso famoso e che appare nel finale, quando vediamo qual è il film, girato proprio da Mateo. Per molti spettatori questo costituirà, senza dubbio, il pregio migliore di Abbracci spezzati.
D’altra parte, Almodóvar torna a toccare la questione dell'assenza del padre. Il momento più duro del film è quando ci mostra il padre di Lena, malato di cancro terminale. Ma la ricerca inconclusa del padre, in Tutto su mia madre, culmina qui con successo, ricomponendo un vincolo tra padre e figlio, anche se manca sempre un riferimento di famiglia valido. Come al solito, i personaggi di Almodóvar sono celibi o divorziati, dai rapporti atipici (in questo caso, per esempio, Judit racconta di aver avuto un amante gay; Mateo va a letto con una donna, solo perché lo ha aiutato ad attraversare la strada; o il figlio di Martel, innamorato di quel Mateo che, tra l'altro, ha il doppio della sua età).

Il tema caro al regista, dell’amore e del desiderio, torna qui a ripresentarsi. Vi si declinano diversi tipi di amore: il possessivo, malaticcio e distruttivo, incarnato da Martel; l’amore della madre celibe -cioè, l’amore che si mantiene in un'intimità esclusiva, non condiviso-, da sempre l’amore preferito da Almodóvar; il più durevole, nel film rappresentato da Judith, e l’amore passionale, che unisce Mateo a Lena e che rappresenta l’oggetto del desiderio. Lena ricorda molti personaggi di film, alla stregua di quello incarnato dalla stessa Penélope Cruz in Lezioni di amore, o di tante donne che si dibattono tra l’amore ossessivo di un uomo potente e l’amore sincero di un perdente (Moulin Roge, Titanic, La niña dei tuoi sogni).

Un tema che non era stato mai troppo presente nel cinema di Almodóvar, accennato per la prima volta in Volver (Tornare) e che adesso prende forza, è quello della coscienza della colpa. Come per il Woody Allen arrivato alla maturità, compare nel cinema del regista iberico il peso del male, dominante nella coscienza del presente. Judith è schiacciata da un segreto colpevole, e in minor misura, anche il figlio di Martel. Ma gli offesi sanno perdonare e, in tal senso il tono del film, malgrado le sue tinte tragiche, non è negativo, né carico di rancore verso la vita. L’ultima parola c’è l’ha, in certo qual modo, la gioia di essere vivi e il superamento degli errori del passato.

La recitazione è buona. Sorprende un Lluis Homar, che sembra da sempre un “attore di Almodóvar”. Penelope recita molto bene ed è oggetto delle più raffinate attenzioni, da parte della fotografia, dei costumi e del maquillage. Sono davvero bravi anche Blanca Portillo e José Luis Gómez, così come i giovani Ruben Ochandiano e Tamar Novas.

Ciò malgrado, si resta davanti ad un film minore di Almodóvar, meno ricco nello sviluppo degli argomenti, più irregolare nel ritmo e nella forza della messa in scena, nonché molto più erratico nelle proposte, meno forti e nitide che nei precedenti. Da Gli abbracci spezzati emerge puntualmente la lucidità dell'autore, ma questo non basta a far fluire il film attraverso i canali di quel talento, che pure il regista iberico ha dimostrato talvolta di possedere. Juan Orellana. ACEPRENSA.


Pubblico: Adulti X, D (ACEPRENSA)

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