Secondo film della neozelandese Niki Caro, costituisce una delle più gradite sorprese della stagione. Si tratta di un piccolo gioiello che ha vinto diversi premi, come quelli del pubblico in Sundance e in Spagna, al festival di San Sebastian. Inoltre, Keisha Castle-Hughes, la giovane protagonista, ha concorso all’Oscar come migliore attrice, a soli tredici anni.
Un popolo maori della costa della Nuova Zelanda lotta per mantenere la propria identità. Koro, il vecchio capo, aspetta l’arrivo di un nuovo leader, a immagine del leggendario Paikea, fondatore della stirpe. Avrebbe potuto esserlo il primo figlio di Porourangi, primogenito di Koro, ma moglie e figlio muoiono al momento del parto, cui sopravvive solo la sorella gemella. Straziato dal dolore, Porourangi emigra e in un atto di ribellione, chiama proprio Paikea la bambina, ovvero le trasmette la leadership, derogando alla tradizione che ammette solo la linea maschile. Dodici anni più tardi, per i maori le cose peggiorano: Koro, sempre in cerca di un leader, anche se vuole un gran bene alla nipote, ne ignora le qualità, gli sforzi e la convinzione di poter aiutare il suo popolo.
Scegliendo questo tema, era molto facile cadere nei luoghi comuni di un falso femminismo, o maltrattare, con opinioni “politicamente corrette”, le vecchie tradizione maori. Anche se fosse solo per aver superato queste tentazioni, bisogna far tanto di cappello davanti al lavoro di Niki Caro. Ma il film vale ancora di più. Non solo narra una storia di gente reale in un mondo reale e contemporaneo, al ritmo della vita quotidiana, ma pone inoltre a confronto, in modo geniale, una bambina -
Pubblico: giovani. Contenuti specifici: V-, D-, F .Qualità tecnica: *** (MUNDO CRISTIANO)
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